I PROCESSI EVOLUTIVI
IL PROCESSO DI CRESCITA E DI SOCIALIZZAZIONE Dall’individuazione all’appartenenza
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IL PROCESSO DI CRESCITA E DI SOCIALIZZAZIONE
Dall’individuazione all’appartenenza


di LAURA TUSSI


I continua apicali e gli status sociologici


L’autonomia normativa è un aspetto importante del concetto di crescita. Le tappe del ciclo di vita sono costruzioni sociali. L’infanzia, la preadolescenza, l’adolescenza e la vecchiaia, ovvero le età della vita, sono costruzioni sociali in quanto alle tipologie e filosofie del processo sociale evolutivo dell’individuo corrispondono delle prassi educative. I modelli consistono in filosofie di costruzione delle diverse tappe o età, o stadi della vita attraverso delle prassi, il cui utilizzo comporta diversi problemi, quali la costruzione dell’identità, l’autonomia normativa, il rispetto delle regole. Questi problemi coinvolgono il bisogno dell’individuo di sentirsi un Io e appartenente a qualcuno:
 Bisogno di identificazione
 Bisogno di appartenenza
Regole che implicano un particolare comportamento, in cui l’individuazione differisce dall’appartenenza. L’infanzia si costruisce secondo vari processi in modo sociale, individuale, gruppale. Il processo di crescita comprende dei continua quali l’infanzia, l’adolescenza e la giovinezza, ossia età e tappe sociali con uno status sociologico. Un tempo le fasi di crescita erano segnate da riti di passaggio, come la generatività. Il processo di crescita non ha fine, è definito da tappe spazio-temporali, non solo scandite dal tempo, ma anche dagli spazi che si occupano (scuola, lavoro, famiglia).


Gli studi sui processi evolutivi


Gli interventi sociali esterni quali lo stabilire la maturità a 18 anni, le attribuzioni di ruolo, secondo Parsons corrispondono ad aspettative specifiche relative ai ruoli attribuiti. Sussistono interferenze che riguardano l’individuo, perché la società interferisce sull’individuo, in quanto in essa si costruiscono le idee, le tappe, i ruoli attribuibili alle fasi dell’adolescenza, dell’infanzia e della giovinezza. La psicologia dello sviluppo è influenzata dalla costruzione di tappe corrispondenti ad uno sviluppo biologico e culturale. Piaget sostiene che senza lo sviluppo biologico non si crea evoluzione culturale, in quanto la plasticità è co-costruzione di cultura e di crescita, in cui le età, ossia le tappe o fasi esistenziali, o momenti vitali, scandiscono il ciclo di vita che comprende il concetto di generazione e di generatività (cfr. Cavalli). Prima di un’analisi sociologica, precedente all’industrializzazione, secondo Durkheim, si parlava di bambino pre-sociologico. Nel 1600 Hobbes considerava il bambino cattivo, per cui occorreva intervenire con la prassi della coercizione, con imposizione e punizione. Nel 1700 Rousseau considera il bambino buono e innocente. Nella società cattiva dell’Emilio, il bambino è messo in un posto senza interferenze negative sociali, così da evidenziare la sua intrinseca bontà. Locke e Rousseau parlano di bambino immanente e di contratto sociale, che comporta condizionamenti sociali, da cui nasce lo studio della società nell’Illuminismo, per cui si considera la trasgressione attraverso fattori criminogenetici, ossia influenzati dalla criminologia. L’idea di uomo è costruttiva, determinata da fattori biologici, per cui la persona che trasgredisce le regole è influenzata dai condizionamenti sociali. Nel 1972 Piaget introduce il concetto di natura già valutato dalla razionalità illuminista, ma ancora non collocato nel processo di crescita. Secondo Piaget le fasi della natura sono uguali per tutti, tranne gli errori che in esse possono subentrare. Nel 1900 Freud analizza il bambino inconscio, ossia le dinamiche interiori che mettono in interazione l’istintività inconscia con una regolazione determinata dalla società al fine di costruire l’Io, un’istanza psichica interrelazionale. Freud porta l’attenzione in riferimento al ciclo di vita non relativo al futuro, ma inerente il passato del soggetto da cui dipende la sua struttura psichica. Fino a Freud il modello di analisi era sempre stato prospettato nel futuro, mentre Freud lo volge al passato. L’educazione si differenzia dalla socializzazione. Con l’intenzionalità e la spontaneità nelle interazioni si realizza la socializzazione con rapporto simmetrico, mentre nell’educazione la relazione è asimmetrica, ed è importante che l’azione non sia intenzionale altrimenti cade nell’ambito educativo. L’educazione può essere anche collettiva, invece la socializzazione è sempre collettiva ed entrambe avvengono sempre contemporaneamente, in quanto l'educazione è un sottosistema della socializzazione, ossia tutto ciò che è intenzionale con rapporto asimmetrico. Nonostante il bambino presociologico (Rousseau, Locke) stava acquisendo spazio, diventando buono e innocente perché contestualizzato in un buon ambiente, la sociologia fino agli anni ’80 del ‘900 descrive il bambino come mancanza e da non trattare con punizioni, in quanto l’infanzia è un mondo diverso dall’età adulta, perché rientra in un gruppo minoritario e si deve adattare, secondo il processo di assimilazione delle culture altre, rispetto alla cultura d’accoglienza. Negli anni ’60 e ’80 il bambino non è cattivo e non va circuito o incasellato nella sua cattiveria, ma gli manca qualcosa: il bambino è una mancanza. Secondo l’influenza scientifica di Freud, il bambino risulta irrazionale e istintivo e circondato comunque da legami sociali. In questo periodo la sociologia non si interessa dell’infanzia, ma si occupa di istruzione, educazione ed istituzionalizzazione scolastica da cui è esclusa la prima infanzia. R.Conte concepisce la società ipernormativa con molteplici regole che però non si mantengono e non si rispettano. La risposta a tutto questo consiste nella produzione di altre regole senza capire veramente la regola importante. Dunque il disagio conferma che il processo educativo non sempre riesce nei suoi obiettivi ed intenti. Il tema delle regole è un problema in quanto si richiedono norme con senso di giustizia, con aspetto di giustizia, coerenza e uguaglianza. Il processo a cui si giunge per obiettivi di giustezza, coerenza e uguaglianza, sussiste all’interno di una reciprocità in cui incontriamo la regola. La regola deve avere una ragionevolezza, un motivo, una giustizia utile e funzionale. La regola deve essere condivisa e la condivisione è un processo simile alla coerenza, in una dimensione individuale e sociale regolativa in cui subentra l'interiorizzazione della norma quale imposizione per sé e nel completo individualismo, oppure deve essere interiorizzata come socialità. La punizione se non avviene in concomitanza tra insegnante e genitore non è efficace perché non risulta la coerenza educativa quale risposta alla trasgressione che deve far parte di un mondo non solo scolastico, ma extrascolastico. La punizione può funzionare se si nutre stima nei confronti del soggetto che punisce. Occorre trovare beneficio condiviso e utilità nella regola, secondo un’ottica sociale che allarga l’utilità e il beneficio della regola agli altri. L’ampliamento dall’affermazione “io devo rispettare la regola” ad una dimensione collettiva e sociale è utile per tutti, serve a tutti. La trasmissione dell’utilità della regola agisce dall’individuale al sociale. L’autostima del soggetto nell’imporre la punizione e la regola, si rafforza e scaturisce nel successo dell’intervento educativo, mentre decade con il fallimento dell’azione educativa quando la punizione non ricade su un soggetto con una certa autostima, ma su un allievo menefreghista.
L’insieme di regole e norme costituisce il tessuto normativo e l’autonomia normativa, per cui è importante capire che l’insieme di regole e norme che l’adulto trasmette è il tessuto normativo caratterizzato da robustezza e flessibilità. E’ robusto perché deve avere riferimenti stabili, legati a un valore di fondo, un legame con valori fondamentali che non bisogna parcellizzare perché si sgretolano. La flessibilità è data dalla capacità di modificare le regole e l’ampliamento degli spazi d’azione, per cui il tessuto normativo risulta interattivo, modificabile, negoziabile, in quanto è l’insieme di vari tessuti normativi che l’individuo apprende nel corso della crescita. Il tessuto normativo possiede due caratteristiche: l’interlegalità e l’internormatività. Un individuo costruisce il tessuto normativo secondo una serie di input provenienti da ambiti, spazi, ambienti, mondi differenti per cui l’individuo risulta l’insieme di tutti i differenti tessuti. Il tessuto normativo è flessibile e robusto in quanto struttura regolativa che la società può dare e che l’individuo si costruisce con strumenti impliciti ed espliciti che prevedono una decodifica. Dagli strumenti atti a scegliere quali regole applicare tramite la capacità di scelta, si determina l’autonomia normativa, ossia la capacità di scelta di quali norme siano adatte a creare un’identità individuale e una reputazione. Le norme dei contesti sono differenziate, anche i macrotessuti sono internormativi. La caratteristica specifica di ogni tessuto sociale che costruisce la normatività acquisendo regole e norme da ambienti e tessuti sociali differenti è definita internormatività (per esempio, la scuola modifica il suo tessuto sociale in base a input esterni normativamente dettati). La dimensione conflittuale scaturisce da norme a volte contradittorie, per cui talvolta l’individuo in sé accoglie una dimensione conflittuale della società, e così occorrono strumenti per uscire dal conflitto.


Il rispetto della norma e l’agire sociale


La scuola non è un  tessuto normativo con regole uguali per tutti e tramite l’individualizzazione si da l’autonomia normativa secondo il trattamento e la disciplina nella regola uguale per tutti, in base all’ordine regolativo. Con l’apertura della scuola media unica (Durkheim, Parsons), questo processo fallisce quando la scuola non porta a termine il successo formativo dell’alunno. Subentrano alchimie di sentimenti nel gruppo classe, in un’empatia di affinità elettive in cui l’alunno è l’incontro di più ordini regolativi è attivo apprende tutte le norme non in maniera indistinta, ma è progettuale, in una dimensione progettuale quale abilità che aumenta con l’età, in quanto ogni soggetto ha un progetto su di sé, per esempio essere integrati o trasgressivi, voler cambiare l’ordine esistente o conservarlo. Di fronte a un soggetto che trasgredisce le regole si sta costruendo un’identità, una reputazione e un progetto di vita che non nasce in adolescenza, ma inizia da quando si è molto giovani anche se non proprio consapevoli. L’individuo è razionale non in senso funzionale, ma in senso assiologico, ossia è razionale in rapporto a costi/benefici, dove i benefici riguardano l’individuo nell’intento di costruire un’identità propria. Il problema del rispetto delle regole è più complesso per chi ha scelto reputazione e identità negative, per cui occorre lavorare sull’autostima, ossia sulla percezione dell’essere capaci di…siamo uguali, diamo uguaglianza quando permettiamo agli altri di essere capaci di, o sentirsi capaci di: questa è autostima, riscontrabile ne “Il senso del razionale” della sociologa Naussbaum. Ci si chiede perché un individuo trasgredisce le norme e perché le rispetta. Forse per senso di appartenenza e per accomodamento, per paura della punizione che può essere individuale o sociale. Una regola è anche ciò che rappresenta colui che la trasmette, nell’aspetto relazionale e simbolico della norma. Se un individuo non mette in pratica una regola con un insegnante, ma la mette in pratica con un altro, consegna un’eredità importante perché stima il datore della regola e non la norma in se stessa.
Si ottiene l’apprezzamento per la regola stessa, nella relazione, interazione e modalità di trasmissione del soggetto con il datore della regola. La libertà e il vincolo non comportano appartenenza, identificazione e individuazione. Se il comportamento è l’esito della dinamica tra libertà e vincolo si ottiene la costruzione di significato e di responsabilità. Il rispetto delle norme è un agire sociale per l’individuo, in quanto interagire con altri implica il mettere in atto il vincolo e la libertà, ossia l’agire sociale di senso e responsabilità quando l’interazione tra questi due componenti è costante. Il senso è collegato alla libertà, ma non tutto è libero perché non è responsabile. Il comportamento individuale se vincolato è anche responsabile: la responsabilità è data dalla scelta di essere spostati sul vincolo o sulla libertà. Il senso è l’asse del processo di individuazione con cui si applica una libertà di scelta.       
       
L’autonomia normativa come coesistenza di tessuti normativi


La conoscenza della regola co-costruita fa in modo che l’altro costruisca la percezione dell’esistenza della regola stessa, conducendo ad un eventuale conflitto normativo, con cui avviene l’appropriazione della regola, i blocchi dati dal conflitto, aiutano ad andare avanti, per cui il problema è il rapporto che abbiamo con il conflitto. La distinzione tra la regola assoluta, co-costruita, costitutiva e regolativa è che non tutte le regole sono negoziabili, ma si offre ai soggetti di negoziare le regole che non impediscono il valore. Secondo Weber non tutte le regole sono costitutive, ma anche regolative, ossia il soggetto comprende la percezione della regola. Il nostro tessuto sociale è forte riguardo le regole costitutive, invece è flessibile sulle regolative. Oggi la società constata che l’imposizione non è necessaria e il rapporto con l’autorità è cambiato. La società attuale è complessa con l’Io multiplo dai diversi ruoli che determinano l’interlegalità e l’internormatività. Un tempo in base all’idea integrazionista i processi normativi avvenivano per trasmissione, mentre negli anni 70 si fa avanti il processo costruzionista. Nel 1958 Weber sostiene che quando si sceglie una regola bisogna seguirla e riconfermarla. L’agire sociale, ossia la possibilità di sperimentare il rispetto delle regole o la trasgressione, diventa autonomia normativa quando in riferimento al sistema assoluto coesistono diversi tessuti normativi.  


 

Laura Tussi email: tussi.laura@tiscalinet.it   

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