Scuole in Friuli V.G.: rischio di ''ghetti'' per gli stranieri
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Scuole: rischio di "ghetti" per gli stranieri
  
 

Nelle scuole friulane la sfida dell'integrazione si infrange contro la barriera della burocrazia. Per vincerla le parole d'ordine sono due: semplificare e innovare. A partire dal nuovo "fronte caldo" dell'inserimento degli alunni stranieri: le scuole superiori, che, assieme alle medie, nei prossimi anni, con l'aumento dei ricongiungimenti familiari e la stabilizzazione dell'immigrazione "storica", sono destinate a cambiare "pelle" in modo sempre più evidente.


Lo dicono i numeri e le analisi della ricerca condotta, nell'ambito del progetto Equal promosso dalla Provincia (che ha anche varato tre vademecum per facilitare l'inserimento scolastico e universitario degli immigrati), da Bruno Tellia dell'Ateneo di Udine, che sarà presentata lunedì.


 IL BOOM.I numeri parlano chiaro: nelle superiori della provincia di Udine il numero di alunni immigrati arriva a quota 635 (di cui 355 femmine), oltre sei volte quello di dieci anni fa. Ed è proprio qui che bisogna lavorare di più per favorire il loro inserimento, a cominciare dall'iscrizione nella classe giusta e dallo sfoltimento dei mille lacciuoli burocratici. Anche perché è alle superiori che il gap culturale e linguistico incide di più: secondo l'Eurispes, il divario fra tassi di promozione di allievi stranieri ed italiani è del -12,56\%, il quadruplo di quello delle elementari. In prima linea, a confrontarsi con l'integrazione, i tecnici e i professionali, i più gettonati dai giovani stranieri: nella "mappa" stilata dai ricercatori la hit delle scuole multietniche vede in cima lo Stringher di Udine (con 184 alunni stranieri, l'11\% del totale, di cui ben 47 dell'area balcanica). Fra i cinque tecnici e professionali del capoluogo friulano, raccoglie oltre la metà degli iscritti stranieri (il 56,6\%, seguito dal 27,2\% del Ceconi). Ed è proprio lo Stringher, infatti, ad aver lanciato il progetto Audè, assieme al Ceconi, per favorire il successo formativo degli studenti immigrati.


L'ESEMPIO. Il primo problema arriva al momento dell'iscrizione. Se le buone prassi degli istituti friulani raccolte dall'Ateneo sono legate soprattutto alle iniziative "dentro" le aule, l'interesse secondo i ricercatori deve partire dal passo precedente, che sta "fuori" dalla scuola. Il modello da seguire? Quello di Padova, dove, con il progetto "Caccialfuturo", l'accesso alla scuola passa per un lungo iter di colloqui orientativi e informazioni con i genitori che hanno prenotato il ricongiungimento familiare, ben prima che loro figlio arrivi in Italia.


GHETTI. Il rischio è che, senza un'adeguata programmazione, nelle classi si creino dei "ghetti". Perché, denunciano i ricercatori, «una delle perplessità che maggiormente vengono sollevate dai docenti riguarda il numero massimo di alunni stranieri inseribili per classe. Si lamenta che la resistenza di alcuni insegnanti all'accoglienza dei nuovi arrivati nel proprio gruppo di studenti provoca la concentrazione di alunni stranieri in poche classi». Eppure la norma lo dice chiaro: bisogna evitare di costruire sezioni-ghetto. «Un secondo disagio segnalato è la scarsa disponibilità di alcuni colleghi a realizzare percorsi di sostegno per gli alunni immigrati». La soluzione? Per i ricercatori passa attraverso l'attivazione di un progetto d'accoglienza per gli stranieri da inserire nel Pof.


RASSEGNA STAMPA
FONTE:
www.cgilscuola.it



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