Gli Usa e il «nemico universale» di William Pfaff

Alla fine di marzo due seri organi della stampa internazionale, il Financial Times di Londra e il parigino Le Monde, hanno scritto che il Dipartimento di Stato Usa ha creato un «Ufficio di Ricostruzione e Stabilizzazione» con il compito di organizzare gli interventi nei Paesi invasi dagli Stati Uniti per portarvi la democrazia oppure nel quadro della guerra al terrorismo. Attualmente nella lista d’attesa del suddetto ufficio figurano venticinque Paesi. Per il momento compito dell’ufficio è la sorveglianza dei venticinque Paesi che Washington ritiene talmente instabili da giustificare potenzialmente un intervento militare americano. La lista verrà aggiornata ogni sei mesi. A questi fortunati Paesi verrà garantito il trattamento “post-operatorio” che due anni fa è mancato in misura disastrosa in Iraq e che ancora oggi è alla base del fatto che latitano in Iraq la corrente elettrica, l’acqua pulita, le fognature e gli altri servizi e infrastrutture pubblici che invece esistevano al tempo di Saddam Hussein. Questo ufficio del Dipartimento di Stato è incaricato di «guidare, coordinare e istituzionalizzare le capacità civili del governo americano di prevedere situazioni post-belliche e di stabilizzare e ricostruire società nella fase successiva ad un conflitto armato». Nel marzo del 2005 il direttore dell’ufficio avrebbe chiesto la creazione di una “forza di reazione rapida” composta da 100 specialisti pronti ad accorrere nella prossima nazione invasa che dovesse avere bisogno di un intervento di ricostruzione successivo al conflitto. Potrebbe sembrare che gli Stati Uniti abbiano imparato la sia pur inquietante lezione. Ma le cose non stanno così. È ormai noto che nel 2003 il Dipartimento di Stato aveva già preparato una grossa mole di studi sulle infrastrutture e sui piani di ricostruzione dell’Iraq, studi che si sarebbero resi necessari dopo l’invasione. Tuttavia nessuno li ha mai degnati di uno sguardo. La responsabilità ricadeva sulla spalle del ministero della Difesa e i piani del Dipartimento di Stato furono ignorati o scartati dai collaboratori di Donald Rumsfeld sicuri come erano che i grati iracheni si sarebbero rialzati da soli e avrebbero da soli rimesso in piedi il Paese. Secondo la ben nota previsione di Wolfowitz, l’industria petrolifera “liberata” dell’Iraq avrebbe ben presto pagato con i suoi profitti i costi dell’invasione e della ricostruzione. Invece gli iracheni hanno saccheggiato il loro Paese mentre gli americani stavano a guardare danneggiando ulteriormente le già fragili infrastrutture con le razzie e i furti. Le vittoriose truppe americane, stanche di farsi sparare addosso, hanno contribuito ulteriormente alla distruzione senza alcun apparente motivo (solo perché non era stato loro ordinato di non farlo) e hanno fatto la loro parte nei saccheggi. Gli iracheni se ne sono stati ad aspettare il glorioso regalo americano di una bella vita che, come gli era stato assicurato, faceva parte delle salmerie della Terza Divisione di Fanteria e del Corpo di Spedizione dei Marines. Ora il Dipartimento di Stato promette che la prossima volta che gli Stati Uniti riterranno necessario intervenire militarmente in uno Stato canaglia o in una nazione in crisi o in un Paese che dà ospitalità ai terroristi, tutto ciò non si ripeterà. Va anche segnalato che il New York Times ha parlato di un documento di pianificazione del Dipartimento della Homeland Security (Sicurezza interna, ndt) chiamato «National Planning Scenarios» (Scenari di pianificazione interna, ndt). Questi scenari descrivono attacchi agli Stati Uniti che includono esplosioni nucleari, attacchi con gas sarin, epidemie di polmonite, attacchi con cloro allo stato gassoso e persino diffusione dell’afta epizootica tra l’incolpevole bestiame americano. L’elenco – dice un portavoce – non intende essere esaustivo, ma indica solo quelle minacce «considerate più probabili o devastanti». Il documento è stato preparato per rispondere alle critiche del Congresso secondo cui il Dipartimento stava sprecando denaro non concentrandosi su «obiettivi maggiormente a rischio». Il nuovo segretario alla Homeland Defense, Michael Chertoff, dice che intende «muoversi aggressivamente» per affrontare queste minacce. Il documento, dice il apporto, «contribuirà a decidere in che modo verranno distribuiti in futuro miliardi di dollari federali». Chi dovrebbe realizzare questi attacchi contro gli Stati Uniti? Il documento non cita Al Qaeda, i terroristi islamici, gli Stati canaglia, l’asse del male, i cattivi, coloro che odiano la libertà, quanti sono gelosi dell’America e tutti gli altri spettri evocati negli ultimi anni nei discorsi dei funzionari dell’amministrazione Bush. Gli scenari parlano semplicemente di «Avversario Universale». È l’Avversario Universale che ci perseguita furtivamente, che popola i nostri incubi e ispira oggi le paure del governo americano. Ma avremmo dovuto sapere che: «siate assennati e vigilanti» – disse l’apostolo Pietro – «perché il nostro avversario, il diavolo, gira attorno a noi come un leone ruggente cercando quelli che può divorare». Il Dipartimento della Homeland Security sarà pronto; e il Dipartimento di Stato ricostruirà e stabilizzerà tutto quello – e tutti quelli – che rimarranno.
© Tribune Media Services Traduzione di Carlo Antonio Biscotto http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=EDITO&TOPIC_TIPO=E&TOPIC_ID=42070
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