Del resto, raccontano che, a Thames House, la prima a raccogliere la lezione del giovedì di sangue, sia stata proprio la signora delle spie inglesi. Eliza Manningham Buller, direttore generale dell'MI5, la seconda donna nella storia del servizio a salire, nell'ottobre del 2002, il gradino più alto della carriera.

Una ex insegnante, che all'inizio degli anni '90 ha guidato l'unità speciale incaricata di spezzare l'offensiva di sangue dell'Ira per poi passare al comando della divisione operazioni.

Una signora - dicono - dai modi decisi e ora pronta a ridisegnare l'intera rete di sorveglianza del servizio.

Nelle prossime settimane l'MI5 si prepara infatti a tornare lì dove aveva chiuso i suoi centri di ascolto dopo gli anni del thatcherismo, quando il nemico interno non aveva connotati religiosi, ma politici. Almeno trecento agenti lasceranno Londra per essere assegnati alle città di Glasgow, Manchester, Liverpool, Leeds e Birmingham, riconvertiti in un progetto di spionaggio preventivo non più sui quartieri operai, ma sulle comunità musulmane che oggi li abitano. "Neighbourhood watch", lo chiamano.

"Osservatorio di quartiere", con un eufemismo linguistico che rende più morbida nella pronuncia un'operazione di cui si conosce l'inizio (oggi), ma non il termine e di cui l'MI5 non dissimula l'invasività. I funzionari assegnati alle "provincie" avranno incarichi che non dureranno meno di tre anni e - sul modello delle attività antiterrorismo sviluppate negli anni del conflitto con l'Ira - saranno incaricati di annodare nuove reti di informatori lì dove il servizio si è dimostrato cieco. Senza badare a spese.

I dati forniti dalla Tesoreria Unica per l'Intelligence britannica (SIA) documentano che, per stare all'anno in corso, il governo laburista ha già pompato nelle casse dell'intero apparato di intelligence oltre un miliardo e mezzo di sterline. Cifra che salirà ancora, perché gli organici dell'intelligence sono destinati a crescere in maniera esponenziale di qui ai prossimi due anni e mezzo. Il solo MI5 passerà entro il gennaio del 2008 a tremila agenti, aumentando di circa un terzo i suoi organici (che oggi superano di poco i 2200 uomini). E il "bando dei 70" per cui oggi 30 mila inglesi fanno la fila alla Thames House si ripeterà nei mesi a venire.

"Lo stipendio è buono, come anche le integrazioni pensionistiche e i benefit. Che vanno da 25 giorni di ferie l'anno, ai buoni pasto, agli ingressi gratuiti nelle strutture sportive del MI5", osservano all'House Office, con il tono di chi vende il prodotto su un mercato non necessariamente sensibile alla retorica della vita da spia. Ventiduemila sterline l'anno per un linguista neoassunto. Che arrivano fino a 26 mila se, anziché stare dietro una scrivania, si finisce dopo 75 giorni di corso su un marciapiede a pedinare una faccia da arabo o con una cuffia in testa in una "balena" (un furgone) per lo spionaggio elettronico.

"Naturalmente - aggiungono - parliamo di stipendi base, perché a questi si sommano i bonus annuali legati al rendimento".

Non sono passate neppure due settimane dalla strage dei metrò e lasciando la Thames House si ha la sensazione di un deja-vu, capace di riportare indietro ai giorni successivi all'11 settembre 2001, quando altri colossi dello spionaggio, come la Cia e l'Fbi, si scoprirono con i piedi d'argilla. Oggi, come allora, si cerca come l'aria chi, tanto per cominciare, parli la "lingua" del nemico (urdu, pashtun, arabo, maghrebino, turco, curdo) e ne conosca i suoi dialetti. Ma, a differenza di allora, oggi si cerca chi, come il nemico, abbia in tasca un passaporto inglese. A ben vedere, la vera lezione del 7 di luglio.

(20 luglio 2005


http://www.repubblica.it/2005/g/sezioni/esteri/londrametro8/nuovespie/nuovespie.html



Londra - I servizi cercano nuove spie
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L'MI5 vuole reclutare 70 nuovi agenti entro fine luglio
da usare per sorveglianza e infiltrazione
"Donne e figlie di immigrati"
i servizi cercano nuove spie

di CARLO BONINI


LONDRA - Oltre il Lambeth Bridge, nel falansterio in stile neoclassico che chiamano Thames House, la casa sul Tamigi, l'MI5, il servizio segreto interno del governo di sua Maestà, cerca settanta spie da assumere entro il prossimo 29 luglio.

"Cinquanta tra analisti e linguisti; venti operativi per attività di sorveglianza sul terreno e infiltrazione", informa gentile una funzionaria dell'Home office. Che aggiunge: "Ci servono più donne di quante già non ne abbiamo. Ci servono più cittadini britannici nati da immigrati di prima generazione in grado di leggere per tempo la minaccia lì dove ha dimostrato di nascere". E l'Inghilterra - è un fatto - si è messa in fila. Perché, ad oggi, oltre trentamila aspiranti spie - "ma il dato che le sto dando è ancora provvisorio e lo è per difetto", osserva ancora la funzionaria all'Home Office - hanno scaricato e riempito il bando di concorso in tre lingue (inglese, arabo, urdu) che l'MI5 ha "postato" sul web (http://www. mi5careers. co. uk/pages/homepage. asp) e distribuito nelle migliori università del Regno Unito, come negli uffici delle pubbliche amministrazioni.

Non c'è dubbio che il numero a quattro zeri di cui l'MI5 mena comprensibilmente vanto fotografa un altro aspetto della risposta "resiliente" di un Paese al suo nemico. Ma, soprattutto, segnala il rapido aggiustamento di una intelligence che viene oggi chiamata a dare conto di quanto ammesso nei giorni successivi alla strage del 7 luglio: non aver né visto, né intuito, che la minaccia incubava tra le mura domestiche. Dunque, che il nemico aveva la faccia qualunque dell'home grown, del ragazzo della porta accanto, nato e cresciuto nelle periferie di Leeds, come nelle provincie del nord e del nord-est del Paese, anonimo grazie alle maglie larghe di una sorveglianza domestica che troppo spesso ha ritagliato i confini della sicurezza nazionale intorno al raccordo autostradale che chiude la grande area metropolitana di Londra.



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