Un referendum che ci riguarda da vicino
di Giovanni Sarubbi

"Chi semina vento raccoglie tempesta", dice un vecchio proverbio che applicato al commercio delle armi potrebbe senz’altro essere riformulato con "Chi vende armi diffonde la morte e la guerra".
Hanno senz’altro ragione quindi tutti quei brasiliani che si stanno battendo per vincere il referendum per l’abolizione del commercio delle armi in Brasile che si terrà il prossimo 23 ottobre.
Benissimo ha fatto il Governo Lula ad impegnarsi su un obiettivo di civiltà. Ogni 13 minuti in Brasile muore qualcuno ucciso da un’arma da fuoco, 108 morti e 53 feriti al giorno. Nel solo 2003 circa quarantamila brasiliani sono stati uccisi da armi leggere. Ancora più drammatico il dato che riguarda l’intero mondo con un morto ogni minuto, 525.600 omicidi in un anno. E questo senza considerare i morti delle cinquanta guerre attualmente in corso in tutto il mondo. Guerre che interessano soprattutto le zone dove più forte e violento é lo sfruttamento delle risorse da parte delle società multinazionali occidentali, che le creano e le sostengono per continuare a mantenere il proprio dominio mettendo poveri contro poveri. E sono omicidi sia quelli che si commettono durante un raptus di follia, sia quelli che si commettono in grande stile durante le guerre. E se i responsabili diretti degli omicidi sono coloro che li commettono, chi produce, progetta e vende armi é anch’esso corresponsabile degli omicidi che con quelle armi vengono commessi.
Abolire la produzione delle armi ed impedirne la vendita é quindi il terreno privilegiato di impegno di chiunque voglia essere "costruttore di pace".
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Il sogno di un mondo senz’armi e senza gli omicidi che con le armi si fanno, é vecchio quanto il mondo. Ed é un sogno che appartiene al popolo che soffre, al popolo che é angariato dalla schiavitù di chi crede di avere il potere assoluto sia sugli esseri viventi che sull’intero universo. Il profeta Isaia proclama questo sogno già all’inizio del suo libro: "ed essi trasformeranno le loro spade in vomeri d’aratro, e le loro lance, in falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra, e non impareranno più la guerra" (Is 2, 4).
E’ il sogno che abbiamo inserito sul nostro sito www.ildialogo.org come idea guida di tutto ciò che facciamo. Sempre Isaia proporrà al popolo ebreo schiavo a Babilonia la pratica della nonviolenza per uscire dalla situazione nella quale si trovava, e lo fa ricorrendo all’immagine del "servo sofferente", quello che "Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. Proclamerà il diritto con fermezza; non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra" (Is 42, 2-4). Servo sofferente che non é una sola persona ma tutto il popolo che comprende di dover prendere sulle proprie spalle il proprio destino se vuole avere una discendenza.
Ed i popoli che scelgono la strada del disarmo e della nonviolenza sono quelli che, come dice sempre Isaia, avranno "una discendenza e vivranno a lungo". E non c’é bisogno di avere una grande cultura per comprendere che dalla morte e dalla sua diffusione non potrà venire nulla di buono per l’umanità e per quei popoli che la morte diffondono. "L’uomo di pace avrà una discendenza", dice il salmo 37.
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Ma il referendum che si farà in Brasile, ci riguarda come italiani non soltanto da un punto di vista astratto, di adesione ad un sogno. L’Italia, infatti, é il secondo paese produttore di armi leggere al mondo. E’ più che probabile che molti dei morti ammazzati del Brasile siano stati uccisi da armi o proiettili fabbricati in qualcuna delle fabbriche italiane o di fabbriche italiane di armi che hanno la loro sede in Brasile. E’ probabile che quelle armi e quelle munizioni siano state prodotte da persone a cui é stato insegnato per tutta la vita che produrre armi non comporta alcuna responsabilità diretta nell’uso che di quelle armi poi verrà fatto.
Molte volte mi sono sentito rispondere dai delegati sindacali, anche di sinistra, di fabbriche che avevano al loro interno produzioni militari insieme a quelle civili che era impossibile la riconversione e che, in definitiva, bisognava tutelare il lavoro e "la pagnotta" degli operai che non stavano facendo altro che portare a casa uno stipendio per dare da mangiare alla propria famiglia. E queste affermazioni sono la base di tutte le tragedie che hanno attraversato tutti i secoli della storia umana perché pongono le basi per la negazione della vita.
Il referendum brasiliano ci dice dunque che in Italia dovremo affrontare seriamente la questione della produzione di armi. C’é bisogno che anche in Italia ci sia un salto di qualità nella richiesta di disarmo generalizzato e di riconversione delle industrie belliche e armiere in industrie di pace. Ed in questo impegno per il disarmo il referendum brasiliano ci dice non solo che una strada diversa é possibile, ma che quel referendum é parte integrante del nostro impegno.
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Ed é ancora più importante che quel referendum vinca anche rispetto a quello che abbiamo visto succedere a New Orleans dopo l’uragano Katrina: quando le armi di tutti i tipi diventano la base di tutti i rapporti sociali, come succede negli Usa, muore l’umanità, si produce una società violenta ed incapace di solidarietà anche in situazioni drammatiche come quelle che derivano da un disastro ambientale come un uragano, uno tsunami, un terremoto, e si dimostra inequivocabilmente che le armi corrispondono ad insicurezza, e quante più armi ci sono in circolazione in un paese maggiore é la sua insicurezza.
Vinca dunque il sì in Brasile anche per dare un esempio al mondo e a chi di questo mondo ritiene di essere il padrone.
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