INGHILTERRA
Londonistan, storia di un accordo saltato

Londra ha dato rifugio a diversi esponenti del radicalismo islamico in base
a un patto di non belligeranza. Ma dopo l'11 settembre in America tutto è
cambiato
S. LI.
«Chiunque nega che il terrorismo è parte del'islam è un miscredente».
L'affermazione senza mezzi termini è dell'inossidabile Omar Bakri Muhammed,
sulfureo leader dell'organizzazione al Muhajiroun («gli emigranti»). Quello
che stupisce non è il tenore della frase - Bakri ha detto ben di peggio - ma
il luogo in cui essa è stata pronunciata: Londra, all'inizio del 2001. Per
tutti gli anni `90 la capitale britannica è stata il centro di ritrovo delle
figure più controverse del radicalismo islamico: oltre al siriano Bakri,
diversi sono i militanti virulenti che qui liberamente si incontrano e
altrettanto liberamente parlano dell'esigenza di sposare la causa di Osama
bin Laden e «lanciare una crociata contro gli ebrei e i crociati». Il
quartiere di Finsbury Park - a nord di Londra - è il ritrovo di tutti questi
figuri, tanto che viene ribattezzato dalle cronache - soprattutto francesi -
«Londonistan», per la presenza di decine di ex arabi-afghani, militanti
jihadisti che negli anni `90 si erano andati a fare le ossa nei campi di
addestramento di al Qaeda in Afghanistan.
Come mai personaggi di questo tipo - che altrove erano ricercati - avevano
invece totale libertà di esprimersi oltre-Manica? Gli analisti hanno sempre
parlato di un tacito accordo tra il governo britannico e gli esponenti di
punta del «Londonistan». Tale accordo prevedeva una forma di non
belligeranza, basata su un semplice patto: «Voi predicate quello che volete,
ma vi impegnate a non fare nulla in Gran Bretagna».
E l'accordo ha retto a lungo: per tutti gli anni `90 il Regno unito è
rimasto un santuario in attaccabile e non è mai stato definito dar el harb
(«terra della guerra»). Di conseguenza, i britannici non sono mai finiti nel
mirino dei sermoni infuocati dei militanti. E' a Londra che vive per nove
anni Zacarias Messaoui, il franco-marocchino che doveva partecipare all'11
settembre ma si è fatto arrestare prima negli Usa per violazione delle leggi
sull'immigrazione. E' da qui che parte Richard Reid, il famoso shoe-bomber,
che è salito su volo American Airlines Parigi-Miami con una carica di
esplosivo nelle scarpe.
Tutto comincia a cambiare dopo l'11 settembre 2001. L'accordo tra il governo
e gli islamisti finisce sepolto dalle macerie del World Trade Center e Blair
ratifica d'urgenza una legislazione anti-terrorismo, che prende di mira
proprio gli esponenti più in vista del radicalismo islamico. Secondo le
leggi speciali, qualunque «sospetto terrorista» di origine straniera può
essere detenuto senza accusa e senza processo in carcere. Molti di loro -
fra cui per ultimo il controverso predicatore Abu Hamza al Masri - finiscono
in prigione, insieme a centinaia di semplici musulmani che passeranno anche
anni dietro le sbarre prima di essere liberati senza alcun processo né
indennizzo.
E' a questo punto che tra gli islamisti radicali e il governo inglese
scoppia la guerra aperta. La Gran Bretagna viene accusata da diversi di
questi predicatori per la sua compartecipazione alle politiche statunitensi
in Iraq; il governo di Blair viene indicato come un target. Un esempio per
tutti: quando viene resa nota la notizia, nel novembre 2001, della morte in
Afghanistan di due giovani musulmani britannici di Luton, periferia di
Londra, in un'intervista pubblicata dal Daily Mail, il portavoce di Al
Mouhajiroun, Abdul Haq, ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Almeno 100
giovani musulmani britannici sono già partiti per battersi a fianco dei
talebani»; «per gli islamici della Gran Bretagna la lotta continuerà fino a
quando la bandiera dell'Islam non sventolerà su Downing street».
Molti analisti sostenevano che il Regno unito si è fatto crescere una serpe
in seno, un po' come gli americani che hanno finanziato i jihadisti di bin
Laden in funzione anti-sovietica. Poco si sa per il momento degli
attentatori, ma non è da escludere che su di loro una certa influenza i
predicatori al vetriolo del Londonistan in effetti ce l'abbiano avuta.
il manifesto - 13 Luglio 2005