Ramadan dove: ROMA - la moschea più grande d'Europa
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ROMA - Alla scoperta della moschea più grande d'Europa


di Francesca Pacifici



La moschea di Roma

 


ROMA - Una mattina qualunque alla moschea di Roma, sede del Centro islamico culturale d’Italia. Samir, sudanese, lavora come impiegato al Centro islamico e fa da guida. La moschea è lontana dalle abitazioni, poco distante dal quartiere dei Parioli, alle pendici del Monte Antenne.
Il frastuono di questi giorni difficili sembra lontano dalla quiete che si respira, e solo un grande silenzio accoglie chi si avvicina al luogo di culto musulmano più grande d’Europa. Il verde dei boschi intorno, il colore chiaro dei mattoni, il bianco del travertino che riveste l’edificio, e il grigio della cupola di piombo: questi i colori, questi i rumori.
Superato il cancello, uno spazio enorme accoglie chi entra. Le palme offrono un po’ di ombra nell’area assolata, e poi una scalinata conduce a un lungo corridoio di colonne a calice in cui la luce del sole che penetra dai fori del muro di travertino disegna figure sul pavimento. Si arriva presso un atrio coperto, e una porta lascia intuire tutta la sacralità del luogo di preghiera. Ma non ci si può sbagliare: per le donne arriva il momento di coprirsi il capo, e per tutti di lasciare le scarpe fuori. Si entra nel cuore della moschea.


 


La struttura della moschea
Il colore dei mosaici marocchini della grande sala di preghiera toglie il fiato. Il blu si diffonde nella sala, e da fuori non entra molta luce. La condizione è ideale per il raccoglimento, per la spiritualità. Superato l’ingresso, ai lati, due grandi scalinate conducono a due soppalchi: come nelle antiche basiliche cristiane, nelle moschee le donne pregano in spazi separati (matronei). Nessuna immagine, nessun dipinto nella sala: l’Islam proibisce la riproduzione di immagini sacre, ma sui muri in alto scritte calligrafiche in arabo rappresentano parole del Corano e disegnano una sorta di greca.
I fedeli musulmani in preghiera si dispongono sempre rivolti verso la Mecca. In una moschea la direzione della Mecca (qibla) è rappresentata dal mihrab, una nicchia considerata sacra dai fedeli musulmani. Accanto al mihrab si erige il pulpito (minbar) di legno su cui sale l’imam a pronunciare il suo sermone (khutba). Nella moschea di Roma è dalla sala di preghiera che si accede ai bagni per le abluzioni: due bagni separati, per le donne e per gli uomini. Tuttavia, dice con ironia Samir, «Roma è piena di fontane e ognuno può lavarsi dove meglio crede».
Esiste però anche un’altra sala di preghiera. Più piccola, ma sempre molto bella, adornata con mosaici provenienti dalla Turchia e aperta tutti i giorni, al contrario della sala grande che accoglie i fedeli solo per la preghiera del venerdì e delle grandi occasioni di festa. Al Centro islamico la chiamano la moschea piccola, ed è anche il luogo dove si raccoglie in preghiera l’imam da solo. Una grande biblioteca, una sala conferenze, uffici e locali per i corsi di arabo si trovano infine al piano terra del Centro islamico di Monte Antenne.


     


Un luogo di preghiera, uno spazio per incontrarsi
Il venerdì la moschea si riempie. Lo spazio può accogliere duemila e anche tremila persone, se si calcola l’atrio coperto fuori dalla sala di preghiera. I musulmani residenti a Roma, quelli che possono liberarsi dagli impegni di lavoro, arrivano a partire dalla mattina alle 10. Non sono solo arabi i musulmani che si ritrovano in preghiera, ma pakistani, bengalesi, africani. E italiani. Sono tanti gli italiani convertiti all’Islam che pregano in moschea e, come dice Samir, a volte molti di loro conoscono l’arabo e il Corano meglio degli arabi stessi. Occasionalmente anche i turisti in visita a Roma arrivano a Monte Antenne per il loro momento di preghiera, e molti di loro sono europei convertiti all’Islam. Dopo qualche chiacchiera fuori, dove ogni venerdì c’è anche un coloratissimo mercato, i fedeli entrano in moschea, si dispongono in ordine all’interno della grande sala, e cominciano a pregare aspettando che arrivi l’imam. Verso le 13.30 l’imam sale sul pulpito e pronuncia il suo discorso settimanale. Il tempo del sermone varia dalla mezz’ora ai quarantacinque minuti, dopodichè l’imam scende dal minbar, si dispone davanti ai fedeli e guida i movimenti della preghiera. Recita alcuni versetti del Corano, e così si conclude il rito della preghiera del venerdì musulmano. Dopo il momento spirituale i musulmani si fermano fuori al mercato: le bancarelle offrono l’occasione per gustare i sapori delle loro terre e per acquistare gli ingredienti utili per la loro cucina tradizionale. Nel primo pomeriggio i mercanti cominciano ad andare via e la festa del venerdì si avvia alla sua conclusione. I musulmani tornano a disperdersi così nei vari angoli di Roma.
Durante le feste islamiche come il Ramadan o il Pellegrinaggio la moschea accoglie tanti, tanti musulmani in più e gli appuntamenti variano: nel periodo di Ramadan ad esempio le preghiere giornaliere diventano sei, anziché cinque. I fedeli si recano a pregare non solo il venerdì, ma anche gli altri giorni e pregano fino a tardi la sera, anche fino alle 23.

 

La figura dell’imam
L’imam della moschea di Roma, Hamad Sheiwita, è egiziano. Proviene dall’Università di Al-Azhar del Cairo, principale punto di riferimento dell’Islam sunnita. Conosce molto bene il Corano e le fonti della religione musulmana, è stato infatti scelto proprio in base al suo percorso culturale. Parla perfettamente l’arabo e l’inglese, e pronuncia il suo sermone del venerdì prima in lingua araba, poi lo traduce in inglese e infine il discorso viene tradotto anche in italiano. È un momento importante per i fedeli, per questo l’imam lo prepara con grande cura. Affronta ogni settimana temi diversi: il matrimonio, i principi dell’Islam, come fare a convivere con le regole dell’Italia. E poi anche temi legati all’attualità, agli avvenimenti che accadono nel mondo, ma le sue riflessioni si limitano alla sfera religiosa. L’imam Sheiwita vive con la sua famiglia in un appartamento all’interno della moschea, ma la sua vita religiosa non ha nulla a che vedere con quella dei sacerdoti cristiani. L’imam ha infatti un contratto di lavoro stipulato per svolgere la sua funzione e non conduce una vita diversa dagli altri musulmani: esce la sera con la famiglia, va a fare la spesa, vive normalmente. La funzione dell’imam nel mondo musulmano varia da paese a paese, ma nell’esperienza migratoria egli diventa molto spesso anche un importante punto di riferimento per la vita di tutti i giorni. I musulmani che hanno bisogno di un consiglio o di un aiuto possono chiedere di parlare con l’imam della moschea, che riceve i fedeli tutte le mattine dal lunedì al giovedì. Hamad Sheiwita svolge a Roma anche un compito molto importante: si occupa delle conversioni degli italiani che si avvicinano all’Islam. Valuta e ascolta le ragioni dei futuri musulmani e decide dunque di accoglierli presso la comunità islamica.


La moschea più grande d’Europa
Progettata dall’architetto italiano Paolo Portoghesi e inaugurata il 21 giugno 1995, la moschea di Roma è l’istituto di culto islamico più grande d’Europa. L’idea di costruirla ebbe origine nel lontano 1966. In Italia i fedeli musulmani erano ancora una esigua minoranza e non furono le loro esigenze religiose a stimolare il pensiero di una moschea. Fu un’idea di Re Feisal dell’Arabia Saudita, che quell’anno si trovava in visita a Roma: durante la sua permanenza nella capitale italiana chiese di essere accompagnato a pregare, ma per le sue esigenze spirituali Roma non aveva una risposta. Da quel momento il governo saudita si impegnò con l’Italia e stanziò dei fondi per la costruzione di una moschea. Nel 1969 nacque il Centro culturale islamico d’Italia, sei anni dopo Papa Paolo VI espresse il suo consenso al progetto e cominciò così la storia della moschea di Roma. Fu una progettazione difficile, che avrebbe dovuto adattare l’edificio nascente alla tradizione architettonica italiana e soprattutto che non avrebbe mai dovuto superare per sontuosità i luoghi di culto della Roma cristiana. L’altezza del minareto fu infatti un problema: per nulla al mondo avrebbe potuto superare l’altezza della cupola di san Pietro.
Il minareto della moschea di Roma è l’unico al mondo a non avere altoparlanti, da quella torre nessuna voce invita i fedeli alla preghiera. Nessun richiamo, ma le persone sanno quando andare. Anche chi non è musulmano, perché la moschea di Roma è aperta a tutti coloro che arrivano qui. C’è chi frequenta il mercato del venerdì per comprare le specialità culinarie in vendita, c’è chi si iscrive ai corsi di lingua e cultura araba organizzati dal Centro islamico. E c’è semplicemente chi va in moschea per la curiosità di conoscere un luogo e una religione di cui tanto si parla e di cui si ha anche un po’ paura ormai. Non è così per tre signore italiane che arrivano mentre la nostra visita giunge al termine: «Mi scusi – chiedono a Samir con dei foulard in mano – possiamo visitare la moschea?». Samir, sorride, e risponde gentile: «Certamente, signore». Ricomincia il giro, ma non sembra stanco. È solo contento di spiegare come si svolge la vita normale dentro una moschea.


http://www.ilpassaporto.kataweb.it/dettaglio.jsp?id=36919&s=4


Immagini da:
http://www.sufi.it/images/moschee/Roma/moschea_Roma.htm


Altre immagini su:
http://www.moskeen.dk/indhold/arkitektur/galleri/galleri.php?verdensdel=europa



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