L'UE: E' UN PROBLEMA COMUNE, SERVE UNA RISPOSTA POLITICA
BRUXELLES- E' un problema europeo, non è certo passeggero ed esige una risposta comune, di natura politica, a livello dell'Ue.
Al nono giorno di guerriglia nella periferia di Parigi, un'Europa che inizialmente sembrava avere sottovalutato le vicende francesi prova a dare una prima 'lettura' del panorama di devastazione, non solo materiale, andato in scena nella regione dell'Ile de France.
E lo fa innanzitutto con le parole del vicepresidente della Commissione Ue, Franco Frattini, titolare del portafoglio Libertà, sicurezza e giustizia. Da Bologna, dove oggi gli è stato consegnato il premio 'Europa 2005' - l'anno scorso era andato a Romano Prodi - Frattini ammette di non aver previsto "la gravità dei fatti francesi", ma tiene a rimarcare come "non si possa rispondere con misure di emergenza. Questa non è un'emergenza, è una situazione che ci accompagnerà per decenni".
Manifestazioni di violenza come queste, ha proseguito il commissario Ue, "impongono una risposta europea. Tutti capiscono che di fronte a grandi sfide come quella dell'integrazione, dell'immigrazione e del terrorismo, gli Stati membri non possono fare da soli, ecco perché ci vuole l'Europa. Credo - ha aggiunto - che si debba lavorare moltissimo con una strategia politica". Il vicepresidente della Commissione europea ha quindi chiesto "più integrazione, non certo assimilazione, ma rispetto della legge sopra ogni cosa".
Venendo ai singoli paesi, se Prodi ritiene che anche in Italia il problema sia destinato a scoppiare - "abbiamo le peggiori periferie d'Europa, non crediamo di essere così diversi da Parigi, è solo questione di tempo", ha dichiarato - dalla Germania giungono invece toni meno allarmati. Parlando alla radio tedesca, la responsabile governativa alle politiche di integrazione, Marie Luise Beck, ha spiegato che "qui abbiamo avuto più successo nell'integrare le famiglie degli immigrati, in Germania non vi sono persone così disperate come in Francia". Nonostante la presenza di 2,5 milioni di turchi e di moltissimi immigrati di altre nazionalità, grazie a una politica della 'mano tesa', in Germania non esiste il fenomeno delle banlieue.
Anche l'eurodeputato Daniel Cohn-Bendit, leader dei Verdi, è dell'avviso che la situazione tedesca sia sotto controllo, ma non per questo rinuncia a criticare i modelli di integrazione sviluppati nei principali paesi europei, dall'Inghilterra all'Olanda, passando da Francia e Belgio. "I tentativi di integrazione sono falliti laddove la percentuale di immigrati è più elevata", ha dichiarato a Der Spiegel, rimarcando che il problema comune è rappresentato "dall'esclusione sistematica dei figli degli immigrati dai sistemi scolastici nazionali".
Dalla Spagna il quotidiano liberale 'La Vanguardia' manda invece un segnale di avvertimento, sottolineando che quanto accaduto in Francia - il paese che insieme all'Olanda ha bocciato la Costituzione europea - può essere "il preludio a un inverno europeo", mentre Abc (foglio più conservatore) punta il dito contro "il malato in fiamme", parlando di "male strutturale della società francese".
Anche dalla Gran Bretagna non si lesinano 'appunti' alla Francia sull'immigrazione. 'L'autunno di Parigì, si intitola infatti un editoriale del Times che pone l'accento sulle differenze tra la situazione degli immigranti nei due paesi. In Francia, osserva il quotidiano britannico, l'attaccamento alla 'francesita' ' ha reso la vita difficile alle minoranze etniche, le quali in teoria hanno gli stessi diritti dei francesi, ma nei fatti vengono discriminate. Sarebbe quindi ''fuorviante", conclude il Times, fare paragoni con l'Inghilterra, poiché Parigi "ha poco della tolleranza di Londra".
http://www.ansa.it/main/notizie/fdg/200511052020219532/200511052020219532.html
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