Il Cairo, conclusa tragicamente la protesta di 3.500 rifugiati All'alba gli agenti hanno assalito la tendopoli: trenta i feriti

Egitto, la polizia carica i profughi Morti almeno ventitre sudanesi Tra le vittime degli incidenti anche una bambina di quattro anni
 La carica della polizia
IL CAIRO - Si è conclusa in tragedia la protesta di circa 3.500 profughi sudanesi che da tre mesi erano accampati in una piazzetta del quartiere residenziale di Mohandessin, al Cairo, nei cui pressi sorgono gli uffici dell'Unhcr, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, per rivendicare l'autorizzazione a espatriare. All'alba migliaia di agenti delle forze speciali anti-sommossa della polizia egiziana, armati di manganelli, mazze e scudi in plexiglass, hanno caricato la folla di disperati, tra cui moltissimi bambini, nell'intento di scacciarli. Una trentina le persone rimaste ferite negli scontri. Fonti ufficiali prima parlavano di dieci profughi morti, tra cui anche una bambina di 4 anni. Ma prima la Bbc poi altre fonti ufficiali e testimoni contestano le stime ufficiali e parlano di almeno 23 vittime, riferendo delle testimonianze dei dimostranti e degli infermeri accorsi sul luogo degli scontri.
La carica è stata decisa dopo ore di assedio e inutili tentativi di costringere i sudanesi a salire su pullman per essere trasferiti altrove. All'alba l'assalto finale. Quattromila agenti hanno dapprima circondato la tendopoli dove i profughi vivevano in condizioni sub-umane, dormendo all'addiaccio, protetti dal freddo notturno solo da stracci, pezzi di cartone, teli in plastica. Poi sono passati all'azione. Sul luogo dell'offensiva sono rimaste pozze di sangue e corpi esanimi. Alcuni profughi sarebbero stati condotti nella zona della Torah gestita dalla polizia paramilitare, circa 20 chilometri a sud della capitale.
"Ci uccidono", urlava durante gli scontri uno dei rifugiati. Un altro gli faceva eco: "La maggior parte di noi in Egitto sono stati sottoposti a violenze. Non vogliamo più restare qui! Le nostre richieste sono legittime, protestare è l'unico diritto che abbiamo!" Dal canto suo l'agenzia Onu si è impegnata a fornire più assistenza ai sudanesi, ma ha anche avvertito di non essere in grado di organizzare sistemazioni altrove per tutti.
La protesta è iniziata quando l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha sospeso gli aiuti a coloro che avevano chiesto lo status di rifugiato e non erano riusciti ad ottenerlo. L'agenzia Onu ha spiegato che nel garantire lo status di rifugiato deve dare la priorità alle persone che devono effettivamente sfuggire alle persecuzioni in patria e che non è in grado di risolvere i problemi legati alle discriminazioni e alle difficoltà economiche in Egitto, dove il tasso di dicoccupazione è molto alto.
Secondo l'agenzia Onu molti di coloro che chiedono lo status di rifugiato sfuggono a una condizione di povertà piuttosto che a persecuzioni politiche e in quanto tali non possono qualificarsi come rifugiati. Una versione contestata da molti degli immigrati, secondo i quali rientrare in Sudan - malgrado l'accordo di pace che ha posto fine a 21 anni di guerra civile - non è sicuro.
(30 dicembre 2005)
http://www.repubblica.it/2005/l/sezioni/esteri/egittoprofughi/egittoprofughi/egittoprofughi.html
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