Se l'emergenza si chiama fame - Moises Naim
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Se l'emergenza si chiama fame


Di cibo ce n'è in abbondanza. Ma con i prezzi che ha ormai raggiunto non è alla portata di tutti


moises naim




Quale fenomeno globale si è presentato all'improvviso, ha danneggiato i consumatori, ha aggravato lo stato di indigenza dei poveri, ha attraversato il pianeta a velocità fulminea seguendo un itinerario singolare e destabilizzando il governo, l'economia e la politica dei Paesi coinvolti? 1. Le crisi finanziarie; 2. L'epidemia del virus Hiv-Aids; 3. L'aviaria; 4. L'aumento dei prezzi dei generi alimentari; 5. Tutti questi fattori.

La risposta giusta, naturalmente è l'ultima. Le crisi finanziarie in Russia, Asia o America latina negli anni '90 o, in tempi più recenti, negli Stati Uniti, hanno colto di sorpresa esperti e governi, incapaci di reagire allo scompiglio provocato dalle crisi. La stessa cosa era accaduta nelle prime fasi della pandemia di Aids: gli esperti e i governi in egual misura erano del tutto inconsapevoli dell'allora poco nota micidiale probabilità dell'Aids di provocare la morte di milioni di persone. Oppure, semplicemente, la negavano. Soltanto quando il virus ha iniziato a diffondersi e le sue conseguenze sono diventate impossibili da ignorare, i singoli governi e le istituzioni internazionali hanno cercato precipitosamente una soluzione. Oggi si sono fatti molti progressi, ma il problema sussiste e tuttora provoca milioni di vittime.

Alcuni anni fa Toronto, la metropoli canadese, ha subito un pesante shock economico e politico. Si sono accertati numerosi casi di febbre aviaria e il fatto di essere un hub per i passeggeri in transito dall'Asia ha indotto gli epidemiologi a concludere che la città correva il rischio di essere travolta da un'esplosione di aviaria, una rara malattia che, se non è diagnosticata tempestivamente e curata efficacemente, conduce a una rapida fine. L'economia di Toronto si è sempre basata molto sul flusso di turisti, viaggiatori e soprattutto partecipanti a convegni internazionali: così, dopo che si è diffusa la notizia, tutti i meeting e i congressi più importanti sono stati spostati in altre città e i viaggiatori in massa si sono tenuti lontani da Toronto.

 

Pertanto, un problema che sulle prime era connesso strettamente a questioni di salute pubblica e si era presentato in una remota provincia della Cina dove galline, anatre, oche e pollame in genere erano allevati in condizioni di assoluta assenza di norme igieniche, ha provocato un'emergenza economica di tutto rilievo in una città dell'emisfero opposto del pianeta, con la quale per altro intratteneva pochi rapporti. Alla fine, si è posto rimedio alla crisi e le sue uniche conseguenze sono state avvertite proprio a Toronto e in alcune città asiatiche dalle quali i turisti hanno preferito tenersi alla larga e gli investitori rimandare i loro affari.

Adesso siamo in presenza di una crisi alimentare per taluni aspetti molto simile alle crisi finanziarie ripetutesi negli anni '90. Anche questa si è presentata furtivamente, cogliendo tutti di sorpresa. Mentre fino a pochi mesi fa i prezzi delle merci e specialmente dei generi alimentari aumentavano gradualmente, di una crisi alimentare ancora non si era mai parlato. Al pari delle crisi finanziarie, quella alimentare colpisce di più i poveri: quelli che vivono al limite della sopravvivenza a Haiti, in Niger o in Bangladesh. A subirne i contraccolpi, però, sono anche le milioni di persone entrate di recente nelle fila della middle-class in Cina, India, Messico o Turchia. Ora che devono spendere la maggior parte dei loro introiti per sfamarsi, lo status da loro acquisito di recente è a rischio.

La crisi alimentare presenta anche alcune caratteristiche ancor più deleterie. Primo: è più globale di qualsiasi altra crisi globale presentatasi fino a questo momento. Tutti subiscono le conseguenze dell'aumento dei generi alimentari, dagli italiani ai nigeriani, dai cinesi agli americani. Se in passato altre crisi hanno attraversato il pianeta, esercitando un impatto su molti paesi o interi continenti, di fatto poche sono state veramente universali quanto l'attuale crisi alimentare. Secondo: nonostante ci siano alcune effettive sacche di massima emergenza, per risolvere le quali secondo il Programma alimentare delle Nazioni Unite è necessaria un'immediata iniezione di 750 milioni di dollari per garantire aiuti a chi altrimenti morirebbe di fame, gli aspetti legati agli aiuti umanitari di questa crisi non sono i più importanti.

Il problema non è solo evitare che alcune comunità africane muoiano di fame per la penuria di generi alimentari: molto più difficile e importante è comprendere che cosa è possibile fare per le famiglie degli slum alle periferie delle città di Mumbai, San Paolo o Lagos, i cui redditi non bastano più a sfamare tutti. Il cibo c'è e ce n'è in abbondanza, ma con i prezzi che ha ormai raggiunto non è alla portata di tutti.

Nessuna delle crisi internazionali vissute finora è altrettanto globale quanto l'attuale crisi alimentare, né maggiormente pericolosa.

traduzione di Anna Bissanti

(05 giugno 2008)

 


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