La festa dei gitani in Camargue
 (Galleria fotografica)
di Marco Barbonaglia
27 maggio 2008
Sotto un cielo plumbeo, oscurato da una fitta coltre di nuvole grigie, la processione avanza lenta, verso il mare increspato dal Mistral. Un esercito di onde color asfalto si prepara ad accogliere il fiume umano, guidato da un drappello di cavalli bianchi, che pare uscito da un un dipinto medioevale. Il pellegrinaggio dei Gitani di Saintes Maries de la Mer, piccolo villaggio della Camargue, nel sud della Francia, è uno spettacolo difficile da descrivere a chi non lo ha mai visto.
Una folla, all'interno della quale si confondo prelati, zingari e turisti, musicisti e cavalieri, accompagna il viaggio della statua di Santa Sara, dall'antica chiesa fino al mare. Il vento, intanto, continua a soffiare impietoso. La massa colorata di uomini e donne, però, non accenna a fernarsi. I più temerari, d'un tratto, entrano in acqua seguendo i candidi destrieri che avanzano in mezzo ai flutti, montati dai "Gardians" camarguesi. I cavalli si impennano, tra la schiuma delle onde, mentre Sara La Nera compie, al contrario, un pezzo della strada che la portò fin qui. La leggenda vuole, infatti, che le Sante Marie (Maria Jacobè e Maria Salomè, accompagnate da Lazzaro, Maria Maddalena e altri), vittime di persecuzioni in Palestina, dopo essere state arrestate, venissero abbandonate a bordo di un naviglio privo di vela e remi. Quindi, guidate dalla provvidenza, sbarcarono in terra provenzale. Mentre gli altri presero strade diverse, però, le due donne si fermarono sul litorale della Camargue. Per quanto riguarda Sara, invece, la storia non è del tutto chiara. Non si sa se la donna fosse una schiava liberata arrivata con loro o una provenzale che le accolse sul posto. La tradizione, comunque,si ripete ogni anno, il 24 di maggio. Perfino Bob Dylan, dopo avervi partecipato nel 1974, dedicò all'evento una canzone, intitolata One more Cup of Cofee ( Valley Below).
La prima delle tre giornate inizia sempre con la festosa invasione di Gitani, Rom, Kalè, Sinti, Manouches. Uno spettacolo unico, splendido e vitale, che vale di per sè una gita a Saintes Maries de laMer. Sotto la chiesa-fortezza, il cui campanile romanico si erge per 15 metri, visibile a 10 chilometri di distanza nella paludosa pianura circostante, a piccoli gurppi, gli uomini incominciano a suonare. Accarezzano i loro strumenti, all'apparenza sgangherati, e, come per magia, nascono melodie che ricordano il flamenco o i ritmi balcanici. Suoni che riportano ai deserti nord-africani oppure alle pianure dell'europa centrale. Le loro donne intanto, poco lontano, vendono medagliette porta fortuna.
Poi, in lunghe file, tutti scendono nella cripta della chiesa a rendere omaggio a Santa Sara, protettrice dei Gitani. Uno dopo l'altro, si avvicinano alla statua e la sfiorano con le mani. Da qui, nel primo pomeriggio, parte la lunga processione fatta di cavalieri, donne che vestono costumi tradizionali con le lunghe gonne a balze, abitanti del paese e curiosi da tutto il mondo, che avanza fino al mare per la benedizione della acque. Il giorno seguente, saranno le due Sante, invece, a percorrere le stesse strade, dirette verso i flutti, tra preghiere, canti e gioiose invocazione. Per tutta la notte che separa i due pèlegrinages, invece, la città, come in un film di Kusturica, è popolata da zingari che suonano, bevono, ballano e fanno festa ad ogni angolo di strada. Momento profano di un evento che, all'aspetto religioso, unisce quello della festa in un equilibrio possibile, forse, solo per il misterioso mondo degli zingari. Non si tratta di un quadretto folkloristico, costruito ad uso e consumo dei turisti, ma di una tradizione autentica, espressione della straordinaria cultura di questo popolo vagabondo. A crocchi, i notambuli si raccolgono intorno ai Gitani per danzare e cantare, sotto le mura della chiesa e agli angoli delle strette vie del centro per i festeggiamenti che si protraggono quasi fino all'alba. Quello che può sembrare strano oggi, con l'aria che tira da noi, è che il pellegrinaggio, principale raduno per gli zingari in Europa, esista grazie ad un nobile dalle origini italiane. Fu Folco Baroncelli,infatti, nato nel 1869 ad Aix- en- Provence, marchese di nascita e "manadier" (mandriano) per scelta, ma soprattutto strenuo difensore dei diritti delle minoranze oppresse, ad ottenere nel 1935 che i Gitani potessero festeggiare pubblicamente la loro patrona.
In una città dove tutto, dalla piazza principale ai ristoranti, alle agenzie che organizzano tour in giro per la Camargue, rimandano, nei nomi, nei simboli, nei colori alla "Gens du Voyage", Baroncelli viene quasi venerato. La presenza di questo singolare personaggio, dagli antenati fiorentini, è sempre vivissma. A lui è intitolato un museo e, in sua memoria, dopo il pellegrinaggio di Santa Sara e le celebrazioni delle Saintes Marie, è dedicata un'intera giornata. In suo onore, ogni anno, i Gardians si esibiscono nell'"abrivado", con i tori, che spinti dalle loro lance e circondati dal drappello di cavalli, corrono, per la città fino all'arena. Qui, i discendenti del celebre marchese si esibiscono in spettacolari giochi di antica origine. Prima, però, celebrano il loro benefattore con una sentita cerimonia sulla sua tomba, appena fuori dal paese E' un momento suggestivo che, accanto alll'attacamento per le proprie radici, testimonia la tolleranza e l'apertura alle culture diverse. In questo caso verso quella, ricchissima, di genti troppo spesso ingiustamente guardate con sospetto, quali sono gli zingari. Un messaggio quanto mai benefico, specialmente di questi tempi
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2008/05/pellegrinaggio-sainte-marie.shtml
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