Verso la pulizia etnica anche in Sicilia? - di Fulvio Vassallo Paleologo – Università di Palermo
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Verso la pulizia etnica anche in Sicilia?


di Fulvio Vassallo Paleologo – Università di Palermo


Lombardia, Lazio e Campania sono state le prime regioni nelle quali il
nuovo Governo ha affrontato la "questione nomadi". Secondo il ministro
dell'interno, Roberto Maroni, «è iniziata l'azione di identificazione
di chi vive nei campi abusivi e abbiamo un programma di azioni che in
pochi mesi porterà alla soluzione della questione: chi ha diritto di
stare vivrà in condizioni umane, chi non ha diritto sarà rispedito a
casa». La pratica delle "identificazioni" perpetrate all'alba da un
nugolo di poliziotti armati che non rispettano neppure i diritti dei
minori, rischia di accrescere la clandestinizzazione di quei rom che,
seppure privi del permesso di soggiorno erano impegnati in faticosi
percorsi di inserimento sociale, avevano figli nati in Italia,
svolgevano comunque una attività lavorativa lecita e garantivano la
frequenza dei minori a scuola.


Le associazioni impegnate nella difesa dei diritti dei rom peraltro
disponevano già di un censimento della maggior parte dei campi,
effettuato per fornire garanzie ad una minoranza sempre a rischio di
esclusione e di discriminazione, e non per preparare espulsioni di
massa. Il vero scopo del censimento voluto dal ministro dell'interno è
quello di terrorizzare i rom privi di permesso di soggiorno e
costringerli alla fuga, in modo da agevolare la chiusura o il
ridimensionamento dei campi, anche di quelli regolari.


Nel corso di una visita a Venezia in cui ha incontrato il prefetto
della città, Maroni ha detto di avere "intenzione di chiudere i campi
nomadi abusivi". "Questo è quello che stiamo facendo a Milano, a Roma
e a Napoli. Su tutto ciò che è abusivo e illegale si deve
intervenire".
A Roma, dove continuano gli sgomberi avviati negli anni scorsi da
Rutelli e da Veltroni, adesso anche in danno dei campi abitati da rom
cittadini italiani, le attività di censimento producono deportazioni
violente dal chiaro sapore simbolico, anche là dove era in corso una
trattativa con le isitituzioni, come nel recente caso del campo
ubicato a Foro Boario. Secondo il prefetto di Roma «Il nostro
obiettivo è quello di monitorare e censire i campi, dando la
precedenza quelli non autorizzati. Il censimento riguarderà l'intera
area regionale: mi incontrerò con i prefetti del altre province per
coinvolgerli». Certo, perché ad ogni operazione di rimozione di un
campo, senza che le istituzioni garantiscano una qualsiasi soluzione
alloggiativa il problema si sposta e si aggrava a pochi chilometri di
distanza. Ad ogni "censimento", da Milano a Roma, seguono arresti e
trasferimenti coattivi con l'obiettivo di terrorizzare i rom e indurli
ad abbandonare i territori urbani. Ed i risultati di questo clima di
terrore, che alimenta anche la mano degli incendiari, si vedono. A
quanto risulta molti rom hanno deciso di lasciare l'Italia per
trasferirsi in Francia, in Belgio, in Germania, dove in fuga dal
pogrom italiano hanno trovato immediata accoglienza presso le loro
comunità, già bene inserite in quei paesi. Chi richiama
pretestuosamente le legislazioni di altri paesi per giustificare
l'imbarbarimento della legislazione italiana sull'immigrazione tace
che negli stessi paesi un numero di rom ben superiore a quelli
presenti in Italia ha trovato accoglienza ed integrazione.


Ovunque in Italia si fomenta impunemente l'odio razziale e, dopo
episodi di cronaca che rimangono ancora assai incerti, si
criminalizzano etnie in quanto tali, applicando la legge del taglione
ed il principio della responsabilità collettiva. A Ponticelli, vicino
Napoli, nessuno ha impedito attacchi incendiari ai campi dei rom, che
sono stati scacciati con le spranghe e con le bottiglie incendiarie,
mentre a Mestre si giunge ad impedire all'amministrazione comunale
l'avvio dei lavori di sistemazione di un campo per rom cittadini
italiani e si tollera che un manipolo di razzisti militanti della
Lega, coperti dall'attuale ministro dell'interno, blocchi decisioni
democraticamente e legittimamente assunte dalle istituzioni locali.


La situazione dei rom e dei sinti in Italia è ormai fuori controllo.
Le operazioni di sgombero procedono inesorabili e non si fermano
neanche di fronte alla richiesta delle famiglie rom di aspettare il
ritorno dei bambini da scuola, come è successo a Roma. Le
"identificazioni" procedono anche con il rilievo forzato di dati
biometrici e con schedature collettive anche in danno dei rom
cittadini italiani, con una evidente lesione del principio di parità
di trattamento.


Associazioni umanitarie internazionali e importanti rappresentanti del
Parlamento Europeo ribadiscono come non sia accettabile che gli
interventi di sgombero delle "forze dell'ordine" nei campi rom siano
effettuati senza alcun preavviso e soprattutto senza alcuna proposta
di sistemazione alternativa. Gli sgomberi dei campo "nomadi" in corso
in queste settimane in Italia si stanno svolgendo in violazione del
Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali,
ratificato dall'Italia con la Legge 881 del 25/10/ 1977, che sancisce
il divieto di sgomberi senza alternative di alloggio. Tutte le
convenzioni internazionali a protezione dei minori vengono
sistematicamente violate proprio da quelle stesse autorità che poi
individuano nella persecuzione dell'accattonaggio l'unica forma di
tutela dei bambini rom.


In Sicilia la situazione dei rom non è meno grave che in altre parti
d'Italia, anche se si tratta di poche centinaia di persone, in maggior
parte donne, bambini, profughi di guerra per i quali non sarebbe
difficile trovare una sistemazione dignitosa. Nella provincia di
Trapani diversi rom provenienti dal Kosovo, per quanto titolari di
permessi per protezione internazionale, vivono in case fatiscenti in
una situazione di totale abbandono.A Messina nel campo ubicato alla
periferia nord della città sono rimaste solo alcune famiglie. Il campo
di Agrigento ubicato sopra una discarica è stato completamente
distrutto da anni ma la conseguente clandestinizzazione dei rom ha
prodotto soltanto una recrudescenza di microcriminalità. A Catania si
è verificato uno "sgombero fantasma" con la intimazione da parte di
"falsi"agenti di polizia ad abbandonare un campo temporaneo abitato da
Rom rumeni, prontamente seguito, da un rogo che ha distrutto
completamente l'insediamento. Subito dopo i fatti, il Prefetto di
Catania ha negato che vi fosse stata una intimazione ufficiale ad
abbandonare il campo, ed anzi che vi fosse stata una vera e propria
operazione di sgombero da parte della polizia, sostenendo che i rom si
sarebbero allontanati volontariamente. Di certo non appena usciti dal
campo i rom, mani anonime hanno appiccato il fuoco a tutto quello che
restava nell'area appena abbandonata, senza che nessuno intervenisse.
Una vicenda sulla quale la stampa e la magistratura devono fare ancora
chiarezza.


In qualche caso si è giunti all'espulsione ed al trattenimento di rom
già titolari del permesso di soggiorno per motivi umanitari, che non
avevano potuto rinnovare tempestivamente il loro titolo di soggiorno.
Anche perché ò consuetudine della Questura di Palermo, in caso di
rinnovo, trattenere per mesi i permessi di soggiorno già pronti e
consegnarli agli interessati solo in prossimità della loro scadenza.


A Palermo si rincorrono da tempo gli allarmi che, tra breve tempo, si
procederà allo sgombero del campo della Favorita, in via del Fante.
Risulta che già da settimane agenti di polizia e carabinieri (veri)
minacciano i rom affermando che per lo sgombero del campo è solo una
questione di tempo, con il risultato che alcune famiglie montenegrine,
terrorizzate da questi "avvertimenti", e dagli ostacoli frapposti
dalla locale questura al rilascio dei permessi di soggiorno per motivi
di salute, o al rinnovo dei permessi per motivi umanitari, hanno
abbandonato il campo, probabilmente dirette all'estero.


Eppure il campo Rom della Favorita di Palermo non si può definire un
campo "abusivo", essendo stato "creato" dal Comune nel 1994, ed
essendo stato lo stesso Comune a trasferirvi allora i rom già presenti
i città, precisamente allo ZEN ( Zona espansione Nord) ed in via
Messina Marine. Da quella data il campo ha una sua storia, di impegni
mancati, una storia documentata da provvedimenti amministrativi, come
l'Ordinanza del Municipio di Palermo n. 573 del 12 febbraio 1999, tra
le altre, con la quale si stabiliva in premessa di " assicurare la
vivibilità delle aree assegnate alla popolazione nomade, in particolar
modo sotto il profilo igienico sanitario" e si impartivano
disposizioni al Direttore dell'Azienda del gas, al Direttore
dell'Azienda dell'acqua (AMAP), al Direttore dell'azienda per la
rimozione dei rifiuti (AMIA) di adottare interventi per garantire
acqua, luce e servizio rimozione rifiuti agli abitanti del campo. La
stessa ordinanza intimava al Direttore generale dell'azienda trasporti
urbani " di mettere a disposizione del competente ufficio Igiene
Pubblica dell'ASL 6 un mini/autobus per il trasporto delle persone
presso centri opportunamente individuati dagli operatori sanitari".


Da allora ad oggi il campo della Favorita ha vissuto una situazione di
progressivo degrado, con l'abbandono quasi totale da parte
dell'amministrazione comunale, che, salvo saltuari interventi di
derattizzazione, in qualche caso con conseguenti morti sospette, si è
limitata a garantire negli anni la fornitura di acqua e luce ad una
parte del campo. E nella stagione estiva gli autisti delle autobotti
svuotavano solo a metà il loro carico che poi andavano a vendere ai
privati per le loro ville. Numerosi bambini rom sono stati morsi dai
topi, in un caso con esito letale, e non si contano le malattie e le
morti sospette. A otto mesi di distanza dal decesso non sono stati
ancora consegnati i risultati dell'autopsia disposta dalla
magistratura sul corpo di Vera Selimovic, una rom montenegrina morta
lo scorso anno dopo una derattizzazione del campo, per cause ancora
non chiare, malgrado tre giorni di vani tentativi di cura da parte dei
sanitari. I Rom non hanno neppure diritto a conoscere le cause di un
decesso avvenuto in ospedale.


I percorsi di integrazione che a Palermo hanno portato alla
scolarizzazione di quasi tutti i minori ed alla scomparsa di qualsiasi
fenomeno di microcriminalità sono rimasti affidati al lavoro
quotidiano delle associazioni alle quali non si è neppure garantito un
tempestivo sostegno finanziario. Da parte delle istituzioni sono
arrivate soltanto periodiche minacce di sgombero e ricorrenti
tentativi di divisione e di delegittimazione delle associazioni
operanti accanto ai rom, ai quali si è prospettato il rischio di
ritorsioni ove le azioni di protesta avessero denunciato le
inadempienze e gli abusi della pubblica amministrazione.


Secondo le "categorie" assunte dal Ministro dell'interno Maroni nella
qualificazione dei "campi nomadi", a fronte dell'imponente
documentazione amministrativa che lo contempla, il campo della
Favorita di Palermo non si può definire un campo "abusivo", anche se
insiste su un area successivamente destinata a riserva naturale.
Estenuanti tentativi di individuare un area alternativa per
l'alloggiamento dei rom presenti a Palermo, in gran parte provenienti
dalla ex Jugoslavia, in particolare profughi kosovari, sono rimasti
senza risultati concreti, soprattutto per l'opposizione
dell'Assessorato regionale territorio ed ambiente, tanto negli
incontri presso la Prefettura, a partire dal 2000, quanto nelle
periodiche riunioni del Consiglio territoriale per l'immigrazione.


Adesso si teme che da Roma arrivi la direttiva di procedere allo
sgombero del campo della Favorita e non si ha notizia delle
determinazioni che starebbe per assumere il Comune o la locale
Prefettura, presso la quale sembra che da tempo sia in discussione il
problema di un "trasferimento" dei Rom attualmente insediati nel campo
in via del Fante, in una zona sulla quale peraltro insistono forti
pressioni speculative. Le ipotesi fin qui proposte, come il possibile
trasferimento nella periferia orientale della città, zona ad altissima
densità mafiosa, hanno suscitato la minaccia di reazioni violente da
parte degli abitanti del quartiere. Sono a rischio comunque le
attività di integrazione e di assistenza medica, che in caso di un
trasferimento forzato sarebbero irrimediabilmente compromesse.
Le associazioni umanitarie operanti a Palermo in difesa dei diritti
del popolo rom hanno creato una rete di collegamento permanente per
denunciare immediatamente tutti gli abusi che dovessero essere
commessi ai danni della comunità rom e per attivare immediatamente
strumenti di controinformazione e di difesa legale, individuale e
collettiva.


Occorre che qualsiasi decisione venga adottata dalle autorità
amministrative sia conosciuta per tempo e divenga oggetto di una
contrattazione preventiva con le associazioni e con gli stessi rom, al
fine di individuare soluzioni generalmente condivise che non
pregiudichino il lavoro di integrazione portato avanti con grande
fatica da molti anni. Se anche a Palermo dovesse prevalere la logica
militare dello sgombero forzato le conseguenze sul piano della lesione
dei diritti fondamentali e delle prospettive di convivenza pacifica e
nella legalità sarebbero incalcolabili. La sicurezza dei cittadini
palermitani è la stessa sicurezza dei rom, molti dei quali nati
proprio a Palermo. La sicurezza non si difende con i muri, con il filo
spinato e con le deportazioni. E soprattutto, il principio di legalità
vale per tutti, cittadini, immigrati ed amministrazioni pubbliche.


http://www.meltingpot.org/articolo12823.html



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