Tunisia, 13 anni di carcere a nove ragazzi. L'accusa: aver navigato su siti «sovversivi» di Beatrice Montini
Abdelghaffar Guiza nella vita fa l’imbianchino. O meglio questo era il suo lavoro fino a due anni fa. Lo scorso 10 agosto Gauza ha infatti festeggiato il suoi 23mo compleanno nella prigione tunisina di Borj El Amri dove è stato rinchiuso, con il numero di matricola 10866, dopo il suo arresto nel febbraio del 2003. Ed è qui che Guiza dovrà passare i prossimi 13 anni della sua vita. Il reato che lo ha fatto finire in carcere è aver scaricato da internet alcuni documenti ritenuti «sovversivi» dal governo tunisino. Per questo Guiza, insieme ad altri sei ragazzi (più o meno della sua stessa età nella foto), è stato condannato in primo grado a 19 anni e 3 mesi di prigione, ridotti in appello a 13 anni.
In particolare secondo l'accusa Guiza e gli altri avrebbero aver cercato di stabilire un contatto con Al Qaida tramite Internet allo scopo di progettare un non meglio precisato attentato terroristico. In realtà nel corso del processo le imputazioni si sono progressivamente rivelate senza alcun fondamento probatorio e il dibattimento si è trasformato in un attacco incondizionato ai diritti di espressione, informazione e comunicazione.
Così la storia degli “internauti di Zarzis” (dal nome della cittadina tunisina dei ragazzi) è diventato un caso internazionale ed emblematico che ha fatto mobilitare le varie organizzazioni che si occupano di libertà di espressione, da reporte senza frontiere alla Lega tunisina per i diritti dell'uomo. Il governo tunisino infatti non è per niente “tenero” con chi si occupa di libera informazione. Dal 2001 ad oggi in particolare si sono moltiplicati i casi di giornalisti minacciati, imprigionati, ridotti al silenzio e in agosto in governo tunisino ha addirittura impedito la nascita di un sindacato di giornalisti. Il tutto sempre fatto passare da Tunisi come l’ennesimo provvedimento contro il terrorismo internazionale di cui Ben Alì, presidente della Tunisia dal 1987, si vanta di essere uno dei più strenui combattenti.
Ma oltre al danno, in tutta questa vicenda, c’è anche la beffa. Infatti proprio a Tunisi, dal 16 al 18 novembre, si svolgerà il Summit mondiale della Nazioni Unite sulla Società dell'Informazione (Wsis) . Un po’ come organizzare un convegno sul rispetto dei diritti umani nella prigione statunitense di Guantanamo.
Proprio per evidenziare la contraddizione di questa operazione e porre con fermezza il problema della libertà di espressione in Tunisia, sul tavolo del summit arriverà una petizione per la liberazione di ragazzi di Zarzis. Petizione lanciata da due organizzazioni italiane che sui loro siti raccolgono le firme: l’associazione di giornalisti indipendenti Lettera22 e Amisnet (che in preparazione del summit di novembre ha anche dato il via a un ciclo di trasmissioni radio su diritti di informazione e comunicazione ). «Avremmo potuto presentare una petizione sui blogger iraniani o sui cyber dissidenti cinesi – – spiega Francesco Diasio, diretto dell’agenzia radiofonica – Ma il caso degli internauti di Zarzis è stato scelto perché è emblematico e perché mette in evidenza le contraddizioni di un paese che da un lato ospita un summit Onu sulla libertà di informazione e dall’altro mette in carcere i propri cittadini che quella libertà vogliono esercitarla». «Il WSIS sarà il momento per chiedere ancora una volta la liberazione degli internauti di Zarzis – concludeEmanuele Giordana di Lettera 22 - e per ricordare che nel mondo sono ancora tantissimi i casi di repressione e persecuzione di chi si esprime attraverso il web».
http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=tunisi&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=45272
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