CAPITOLO 1 - L’integrazione scolastica dei bambini immigrati in Europa
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CAPITOLO 1


POLITICA EUROPEA IN MATERIA DI EDUCAZIONE DEI BAMBINI IMMIGRATI



1.1. Quadro generale
1.2. Normativa europea sul diritto all'istruzione dei figli di immigrati
1.3. Definizione degli obiettivi comuni e monitoraggio della politica di integrazione
1.4. Azioni concrete sostenute dalla Commissione europea
1.5. Attività del Consiglio d'Europa


1.1. Quadro generale


L’Unione europea ha progressivamente sviluppato una politica comune sull'asilo e l'immigrazione, materia di sua competenza dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam nel maggio 1999 (1). Questa politica è volta principalmente ad armonizzare le condizioni di accesso e di soggiorno degli immigrati e di coloro che chiedono asilo negli Stati membri. Le misure scolastiche in favore dei bambini immigrati, che sono oggetto della presente pubblicazione, possono essere associate all'«integrazione» di questa politica.


Le popolazioni target provengono da Stati terzi ed emigrano per vari motivi: immigrazione economica, ricongiungimento familiare, rifugio politico, richiesta di asilo, ecc.


Le nuove competenze dell'Unione in materia di politica di immigrazione sono da collegare alle conclusione del Consiglio di Lisbona (marzo 2000), dove l'Unione si è posta come obiettivo, per il decennio seguente, di diventare l'economia della conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo, capace di una crescita economica duratura accompagnata da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell'impiego e di una maggiore coesione sociale (2). L’integrazione degli immigrati regolari è quindi un elemento importante della politica che l'Unione elabora progressivamente e il sistema scolastico viene riconosciuto come luogo di integrazione.


Le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere (15 e 16 ottobre 1999) sono state determinanti nella politica europea in materia di integrazione di coloro che provengono da paesi terzi. Viene affermata la necessità di avvicinare lo status giuridico di coloro che provengono da un paese terzo, residenti legalmente in uno Stato membro (per un periodo da stabilire) e in possesso di un permesso di soggiorno di lunga durata sul territorio dell'Unione europea, a quello di coloro che provengono da uno Stato membro di residenza, in particolare per quanto riguarda il diritto allo studio. Questa prospettiva è stata riconfermata dal Consiglio europeo di Siviglia (21 e 22 luglio 2002). In occasione del Consiglio europeo di Salonicco (19 e 20 giugno 2003), è stato precisato che la politica di integrazione dell'Unione europea relativamente a coloro che provengono da un paese terzo dovrebbe comprendere diversi fattori, tra cui l'insegnamento e la formazione linguistica. L’integrazione degli immigrati regolari è stata citata nuovamente in occasione del Consiglio europeo di Bruxelles del 16 e 17 ottobre 2003.


La volontà europea di portare avanti una politica di integrazione nei confronti degli immigrati che si sono stabiliti legalmente (e dei loro figli) si arricchisce dal punto di vista dell'educazione, della volontà di garantire a questi bambini gli stessi diritti di quelli che provengono dall'Unione europea. Le conclusioni dei diversi Consigli europei in questo ambito vengono riprese nella figura 1.1. dell'allegato 1.


1.2. Normativa europea sul diritto all'istruzione dei bambini immigrati


La direttiva del Consiglio del 25 luglio 1977 rappresenta la prima misura giuridica dell'Unione europea nei confronti della scolarizzazione dei bambini immigrati. Essa riguarda solo i bambini di lavoratori immigrati provenienti da paesi membri e prevede un insegnamento adattato ai bisogni specifici di questi bambini e un insegnamento della loro lingua e cultura d'origine. La considerazione di questa direttiva è stata importante per i paesi che sono entrati nell'Unione europea nel maggio 2004, nel senso che a volte ha influenzato la loro politica nazionale in materia di educazione dei bambini immigrati.


In base alle recenti direttive del Consiglio (mostrate nella figura 1.1. dell'allegato 1), i bambini immigrati sono definiti come minori che provengono da paesi terzi, accompagnati o meno. Godono di alcuni diritti in materia educativa, che variano in funzione della situazione giuridica nella quale si trovano. Una volta definiti dalle direttive europee, questi diritti devono essere tradotti in normative nazionali prima di diventare effettivi.


In base alla normativa europea, i bambini minori di genitori provenienti da paesi terzi residenti di lungo periodo (3) da novembre 2003 ricevono lo stesso trattamento dei cittadini per quanto riguarda l'educazione, compresa l'assegnazione delle borse di studio (4). Ma gli Stati membri possono restringere il principio di uguaglianza di trattamento con i cittadini richiedendo la dimostrazione di capacità linguistiche appropriate per permettere l'accesso al sistema educativo.


Da gennaio 2003, i minori richiedenti asilo o figli di richiedenti asilo beneficiano di un accesso al sistema educativo in condizioni analoghe a quelle di coloro che provengono dallo Stato membro(5).


L'insegnamento può essere offerto in centri di accoglienza. L'accesso al sistema educativo non può essere posticipato di più di tre mesi dal momento della richiesta di asilo del minore o di uno dei suoi genitori.


Può essere comunque posticipato di un anno quando viene offerto un insegnamento specifico per facilitare l'accesso al sistema educativo. Se l'accesso non è possibile per la situazione particolare del minore, lo Stato membro può proporre altre modalità di insegnamento.


Per i bambini immigrati regolarmente sul territorio dell'Unione europea, la normativa europea non prevede nessun diritto all'istruzione.


La direttiva 2000/43/CE riguarda l'istruzione di tutti i bambini immigrati, ma non si impone sulle differenze di trattamento legate alla nazionalità né sulle condizioni di soggiorno di coloro che provengono da paesi terzi. È volta a proibire ogni discriminazione basata sulla razza o sull'origine etnica nei diversi settori, tra cui l'educazione (cfr. articolo 3). Questa direttiva dà ai bambini immigrati, o di origine immigrata, il diritto di sporgere denuncia in caso di trattamento meno favorevole rispetto ai cittadini nazionali (discriminazione diretta) o nel caso in cui un criterio, una disposizione o una pratica apparentemente neutra è sfavorevole nei loro confronti (discriminazione indiretta).


Riassumendo, l'attuale normativa europea sull'educazione dei bambini provenienti da paesi terzi, chehanno uno status giuridico e/o il cui soggiorno è di un determinato periodo, si basa sulla garanzia del diritto all'istruzione alle stesse condizioni dei cittadini nazionali, ma è soggetta ad alcune eccezioni (cfr. sopra). Non prevede niente relativamente al diritto all'istruzione dei bambini provenienti irregolarmente da paesi terzi sul territorio dell'Unione europea. Non prevede neanche misure di sostegno nei confronti dei bambini immigrati.


1.3. Definizione degli obiettivi comuni e monitoraggio della politica di integrazione


Uno degli obiettivi generali stabiliti in occasione del Summit di Lisbona (marzo 2000) consiste nel rafforzare la cittadinanza attiva, le pari opportunità e la coesione sociale. Riguarda in  particolare l'accesso degli immigrati e dei loro figli nel sistema di istruzione e formazione.


Tra i criteri di riferimento europei per l'educazione e la formazione fissati, in occasione del Consiglio «Istruzione, Gioventù e Cultura» del 5 maggio 2003, e che dovranno essere raggiunti entro il 2010, tre criteri sono particolarmente significativi nel contesto della promozione dell'integrazione e dell'impiego della popolazione immigrata:



Il tasso medio di giovani che abbandonano prematuramente la scuola nell'Unione europea non deve superare il 10%;


almeno l'85 % dei giovani di 22 anni dell'Unione europea deve avere completato gli studi secondari superiori;


la percentuale di giovani di 15 anni che hanno scarsi risultati in lettura e scrittura nell'Unione europea deve diminuire di almeno il 20% rispetto a quello dell'anno 2000.


In effetti, le difficoltà specifiche, essenzialmente di tipo linguistico, che possono incontrare i bambini immigrati durante la scuola, possono creare in un primo tempo problemi di lettura e scrittura e portare in seguito all'abbandono scolastico. Questi tre criteri dovrebbero spingere gli Stati membri a intensificare i propri sforzi nei confronti delle popolazioni scolastiche con difficoltà, tra cui in particolare alcuni alunni immigrati.


La Commissione dispone di molti strumenti per garantire il monitoraggio delle politiche di integrazione degli immigrati adottate dai vari Stati membri. In accordo con le conclusioni del Summit di Salonicco, la Commissione sviluppa la cooperazione e lo scambio di informazioni tra gli Stati nell'ambito del Group of national contact points on the integration of third-country nationals. Più in particolare, a questo riguardo sono stati individuati come ambiti prioritari la formazione linguistica per gli immigrati, la loro partecipazione alla vita sociale, culturale e politica. Inoltre nel 2003 la Commissione si è impegnata a redigere un rapporto annuale sulle politiche di immigrazione e integrazione in Europa, per raccogliere una vasta gamma di dati relativi ai movimenti migratori attraverso l'Unione europea, alle politiche e alle pratiche in materia di immigrazione e integrazione.


Infine, l’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia, che ha iniziato le sue attività nel 1998 (6), ha incentrato la propria attività sulle discriminazioni subite dagli immigrati in ambito lavorativo ed educativo, nel 2003 e 2004.


1.4. Azioni concrete sostenute dalla Commissione europea


Nel 1997, decretato «Anno europeo contro il razzismo, la xenofobia e l'antisemitismo», la Direzione generale istruzione, formazione e gioventù ha sostenuto diversi progetti realizzati dagli Stati membri e volti essenzialmente alla lotta contro il razzismo. Questi progetti non riguardavano sempre e solo i bambini immigrati potevano anche rivolgersi all'insieme della popolazione scolastica con l'obiettivo di imparare a vivere in una società multiculturale.


Ad esempio, un progetto realizzato da dei ricercatori greci relativo all'uso, da parte degli insegnanti del primario e degli alunni da 9 a 12 anni, di una base didattica fondata sul fatto che tutte le popolazioni hanno origine da un incrocio di etnie diverse. Altri progetti si sono basati sulla promozione dell'educazione interculturale nell'istruzione obbligatoria (Comunità francese del Belgio, Spagna e Italia), sull'adattamento del contenuto della formazione iniziale e dello sviluppo professionale continuo degli insegnanti e sulla realizzazione di un modulo di formazione dei capi di istituto delle scuole primarie o ancora sull'integrazione dei genitori di origine immigrata nella vita scolastica (Danimarca, Germania e Svezia).


Nell'ambito dell'azione Comenius del programma Socrates, la Direzione generale istruzione e cultura continua a finanziare numerosi progetti proposti dagli Stati membri basati sull'educazione interculturale (in particolare nei moduli di formazione degli insegnanti) e sulla lotta al razzismo e alla xenofobia a scuola, ad esempio attraverso l'uso di libri di testo appropriati.


1.5. Attività del Consiglio d'Europa


In termini legislativi, il riferimento principale del Consiglio d'Europa all'educazione dei figli di immigrati è la Convenzione europea del 1977 (7) sullo status dei lavoratori migranti, entrata in vigore nel maggio 1983. Come nel caso della direttiva dell'Unione europea dello stesso anno, questa Convenzione riguarda i lavoratori migranti provenienti dagli Stati membri. Essa conferisce ai loro figli il diritto di accesso al sistema educativo alle stesse condizioni dei figli dei lavoratori nazionali. Lo Stato ospitante deve inoltre facilitare l'insegnamento della lingua nazionale (o di una delle lingue nazionali se ce ne sono più di una) per i bambini migranti e sforzarsi di assegnare loro delle borse alle stesse condizioni dei bambini con cittadinanza. Infine, devono essere prese anche misure per permettere l'insegnamento della lingua d'origine.


In seguito, tra il 1983 e 1989, a livello di Consiglio d'Europa sono state adottate una risoluzione e tre raccomandazioni sull'educazione dei bambini immigrati. La loro applicazione non era obbligatoria per gli Stati membri.


Rispetto alla Convenzione del 1977, questi testi allargano il campo di azione ai bambini immigrati originari di paesi non membri. Riguardano i bambini che arrivano sul territorio di uno Stato membro con i loro genitori e i bambini di origine immigrata che sono nati nel paese ospitante, senza che venga precisato il loro status giuridico.


Con questi testi, il Consiglio d'Europa raccomanda di agire a tre livelli rispetto all'integrazione dei bambini immigrati nel sistema educativo: adattare il sistema educativo ai loro bisogni educativi specifici, integrare dei corsi di lingua e cultura del paese d'origine nei programmi scolastici ordinari e promuovere l'educazione interculturale per tutti. Negli ultimi anni, il Consiglio d'Europa ha svolto tutta una serie di attività per sostenere la promozione di questi livelli nei Paesi membri.


In base ai testi di riferimento (figura 1.2 dell'allegato 1), i bisogni educativi specifici dei bambini immigrati richiedono di tenere in considerazione l'ambiente culturale nella valutazione delle attitudini e delle conoscenze. È citata anche l'importanza di mettere a punto delle misure per l'inserimento delle ragazze.


La promozione dell'educazione interculturale passa attraverso una formazione sia iniziale che continua degli insegnanti, e la messa a punto di materiali didattici appropriati.


Nel 2000, il Comitato dei ministri ha emesso una raccomandazione sugli immigrati residenti di lungo periodo (cioè 5 anni)(8). Questa raccomandazione stabilisce che, per quanto riguarda l'educazione, questi ultimi devono avere gli stessi diritti dei cittadini nazionali.


Note:





(1) Cfr. articoli 61 et 63. La Danimarca non adotta misure proposte da questi articoli. L'Irlanda e il Regno Unito possono adottarle se lo desiderano, in base all'articolo 3.


(2) Conclusioni della Presidenza. Consiglio europeo di Lisbona, 23 e 24 marzo 2000.


(3) Questo status viene ottenuto dopo 5 anni di residenza legale e ininterrotta nel Paese membro, tranne in alcune circostanze, e presupponendo un'autonomia finanziaria. Per maggiori dettagli, cfr. Direttiva 2003/109/CE, articoli 4 e 5.


(4) Cfr. Direttiva 2003/109/CE, articolo 11. Danimarca, Irlanda e Regno Unito non partecipano all'adozione di questa direttiva.


(5) Cfr. Direttiva 2003/9/CE, articolo 10. La Danimarca e l'Irlanda non adottano questa direttiva.


(6) In base al regolamento del Consiglio n. 1035/97 del 2 giugno 1997.


(7) Nel 1977, gli attuali Stati membri dell'Unione europea erano membri del Consiglio d'Europa, eccetto Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Slovenia, Slovacchia e Finlandia. Neanche Bulgaria e Romania erano membri. Adesso, i 25 paesi membri, Bulgaria e Romania e i tre paesi dell'AELS/SEE fanno parte del Consiglio d'Europa.


(8) Raccomandazione (2000) 15.


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