La città di Iram - Il viaggio
Camminando si apprende la vita
Maria Campagnolo
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Il viaggio


Si possono percorrere milioni di chilometri in una sola vita
senza mai scalfire la superficie dei luoghi
nè imparare nulla dalle genti appena sfiorate.
Il senso del viaggio sta nel fermarsi ad ascoltare
chiunque abbia una storia da raccontare.


Camminando si apprende la vita,
camminando si conoscono le cose, camminando si sanano le ferite del giorno prima.
Cammina guardando una stella
ascoltando una voce
seguendo le orme di altri passi.
Cammina cercando la vita
curando le ferite lasciate dai dolori.
Niente può cancellare il ricordo del cammino percorso.


Rubén Blades


 


 


  


 


Il viaggio è lo spostamento da una regione all’altra della terra, ma viaggiare può essere anche la metafora della ricerca di sé: insomma il viaggio interiore ovvero l’analisi spesso dolorosa e sempre difficile dei propri limiti o la soluzione di conflitti procurati sia da fattori esogeni che da fattori endogeni che minacciano o hanno minacciato la nostra stabilità. 


        Talvolta il contatto con realtà e mondi differenti dai nostri favorisce il processo di riconciliazione con la parte più profonda di se stessi; la relazione con l’altro (altro per lingua, per cultura, per religione, per tradizioni), infatti, aiuta il confronto, il dialogo, la discussione anche sulla nostra identità.


        La città di Iram di Younis Tawfik è la storia di una donna provata dal dolore. Appena dodicenne subisce il distacco precoce dal padre: "Non doveva andarsene così in un istante e senza preavviso, era troppo presto. Mi sembrò che la terra stesse per cedere sotto ai miei piedi, come se improvvisamente avessi perso le radici. Era morto l’albero della vita".


        Isabella trascorre la propria adolescenza all’ombra di una madre consapevole di dover "riempire il vuoto lasciato dal padre", ma proprio per questo invadente ed opprimente: "Mi sentivo sotto controllo, in obbligo e sempre più dipendente. Spesso mi ribellavo, avevo voglia di mettermi a urlare, di fuggire. Però anch’io avevo bisogno di lei".


        Isabella eredita dalla madre un profondo interesse nei confronti della letteratura orientale: "quella d’oltremare, dell’Africa del Nord e del Medioriente. Diceva sempre che lì sopravviveva il lato occulto del nostro mondo, ormai vecchio. Per lei era quella l’altra riva della nostra anima".


        Finalmente Isabella incontra l’amore vero: Carlo; quell’amore talmente grande che si accontenta di poco "Mi sentivo felice. Non mi rendevo conto che io davo molto per ricevere poco e quel poco mi sembrava già sufficiente".


        Purtroppo l’assenza del progetto comune di un figlio deteriora il rapporto tra Isabella e Carlo e l’incontro sentimentale di quest’ultimo con la migliore amica di Isabella, Patrizia, mette la parola fine alla loro storia.


        Prostrata dal dolore  "La solitudine è come la morte, svuota la vita, la rende arida, quando arriva devasta ogni cosa, reprime il respiro, scava nella mente, provoca disperazione" e dopo un lungo periodo di apatia, Isabella decide di lasciarsi alle spalle il passato e di andare alla ricerca di se stessa, attraverso un viaggio in Marocco, ma prima si pacifica con l’amica Patrizia "Ero arrivata a capire che era possibile superare gli ostacoli che la vita mette fra sé e gli altri nel momento in cui ci si sente liberi di esprimersi. Bastava essere consapevoli della propria natura, delle emozioni, delle paure, dell’invidia, della gelosia, di quei sentimenti che alle volte ingabbiano la nostra vera personalità".


 



 

        Alla vigilia della partenza, la madre le affida un libro antico, scritto in arabo, regalatole in occasione di un viaggio a Tangeri, negli anni sessanta, affinché Isabella lo faccia vedere a qualcuno in Marocco che possa spiegarle di cosa parla e se racchiuda qualche messaggio prezioso.


        Il viaggio di Isabella comincia a Tangeri: "I primi giorni osservavo tutto senza lasciarmi coinvolgere. Avevo timore di staccarmi dalle mie radicate certezze. Più tardi compresi che nessuno, immerso in quell’atmosfera, era in grado di rimanere quello che credeva di essere". A Tangeri incontra una vecchia amica della madre, Nora, italiana trapiantata in Marocco, che la rassicura "In questa parte del mondo è facile sentirsi subito a proprio agio e adattarsi a tutto. La gente è cordiale, aperta, disponibile soprattutto con chi vuole scoprire i tesori e i lati più nascosti di questa cultura" e del libro, che si intitola Tesoro, le dice che "per comprenderlo bene bisogna avere una profonda preparazione spirituale".


 


        Dopo Tangeri, Isabella arriva a Fés e prosegue poi alla volta di Marrakech. "Passeggiare per le vie di Marrakech è come esplorare il tempo, viaggiare nella storia e immergersi nel lento ritmo della trasformazione delle cose". Nella piazza Jemaa’ el Fna una donna la trascina verso un banco dove un garzone sta preparando dei panini; mentre stanno mangiando la donna, in un italiano incerto, le confida di essere stata in Italia come immigrata ma di essere rientrata in Marocco perché "come dice il nostro poeta: “Porta il tuo cuore ovunque tu voglia, ma il tuo spasimo è sempre per il primo amore. Quante dimore ti possono piacere, ma la nostalgia è sempre per la prima casa”. In questa città, Isabella intuisce che il destino "si manifesta quando ci si lascia trasportare dal proprio istinto e che bisogna fidarsi della guida che la provvidenza ci fa incontrare nel nostro cammino".


 


Nel suq di Marrakech, un anziano libraio arabo le conferma che il "Tesoro" è un manoscritto pregiatissimo, appartenente addirittura ad una famiglia discendente dal "nobile ed amatissimo Profeta" e che "Se quel libro è finito tra le tue mani, significa che è destinato ad essere tuo. La volontà Divina va rispettata e il percorso del destino non deve essere interrotto".      


 


       A Essaouira, la città del vento, Isabella conosce Farid un marocchino, immigrato in Italia per studiare Belle Arti e poi rientrato in patria per nostalgia.  La sua storia è simile a quella di tanti altri immigrati: "Entrai da clandestino, nascosto e intimidito come un ladro, camminai per lunghi chilometri attraverso la frontiera spagnola e percorsi a piedi tutta la costa francese … Non avevo il permesso di soggiorno, i soldi e i documenti necessari per iscrivermi all’Accademia … Un giorno qualcuno cominciò a parlare di sanatoria. Significava che per un clandestino come me era possibile  uscire dalla sua latitanza. Potevo diventare un cittadino regolare, un essere vivente. … Avevo i miei diritti, ma non sapevo quali fossero i miei doveri, come tanti altri nella mia stessa condizione".


 


 



Farid diventa la guida spirituale di Isabella, alla ricerca di Iram dalle alte colonne, città di cui si parla nel suo "Tesoro", una specie di Atlantide celeste, mistica. Cos’è Iram ? "Per alcuni, essa è stata edificata con gli elementi cristallizzati della terra, per altri si tratta di una città dello spirito, visibile solo da pochi eletti".


        A Essaouira Isabella ricostruisce i propri affetti: la conoscenza con Farid si trasforma in un profondo legame amoroso e qui incontra, anche, Fatima dal "volto fine e giovane, anche se aveva i capelli coperti dal velo".


 


   Le conversazioni con Fatima affrontano il rapporto tra cultura occidentale ed orientale; Fatima afferma che portare il velo, per una donna musulmana, "Non è questione di giustizia, ma di convizione. Il nostro velo è interiore, viene da tradizioni antiche ed è anche simbolo della nostra identità. Una donna musulmana, se pratica la sua fede, deve applicare tutte le regole senza trascurarne alcuna. L’Islam vuole una società perfetta, costituita da persone devote". Quando Isabella replica a Fatima che  la scelta del velo é "antimoderna", la giovane donna musulmana risponde che "Non può essere la società occidentale a decidere quello che è moderno. Noi valutiamo ogni cosa secondo il metro della nostra cultura e delle nostre esigenze. La modernizzazione deve seguire l’andamento della nostra evoluzione e la strada per lo sviluppo che la nostra civiltà percorre, si deve costruire dal suo interno e non essere imposta da fuori".


        E sui costumi sessuali, Fatima dice: " … per noi la religione detta le modalità dell’esistenza e le norme di comportamento. Se sei credente, ti comporti come tale, se non lo sei vivi la vita a modo tuo. Credere non vuol dire soltanto pregare, significa tenere fede al patto che si è stretto con Lui il giorno in cui si aderisce alla Sua comunità e ci si sottomette alla Sua volontà".


 


        E sulla laicità prosegue dicendo: "Questo è un argomento spinoso. Ne stiamo discutendo. Bisogna dire però che il vostro modello ha fallito, come dimostra il ritorno alla fede che sta coinvolgendo tutti i continenti".


        La notizia dell’attacco terroristico alle Torri di New York diventa un altro argomento di discussione tra Isabella e i suoi amici Fatima e  Farid: "Noi e gli altri come noi siamo in grado di abbattere il fanatismo attraverso il dialogo, il confronto e la conoscenza" e "L’attacco è stato compiuto contro la nostra civiltà più che contro la vostra, ed è stato rivolto prima di tutto contro la nostra stessa spiritualità e la nostra fede. Abbiamo pagato in passato e continueremo a pagare ancora finché non si riuscirà a individuare l’origine del problema e trovare soluzione adeguate".


        Un viaggio nel deserto con Farid, una sorta di percorso con delle "stazioni" interiori – sosta della volontà, sosta della fiducia, sosta della speranza, sosta dell’abbandono, sosta dell’espansione, sosta dello sforzo e della fatica, sosta della prossimità, sosta della rivelazione – diventa finalmente l’occasione dell’unione dei due amanti e la scoperta della città di Iram per Isabella.


        Un brutto incidente la costringe a letto in ospedale, per diverso tempo, assistita da Farid e da Fatima. Ma la frequentazione tra i due ha tramutato la semplice conoscenza in amore.


        Guarita ed in pace con se stessa "Avevo appreso che si poteva amare senza interessi e senza progetti. Avevo amato l’amore, avevo imparato ad amare la vita, in ogni sua forma. Sarei tornata a casa, senza legami e senza rancori. Libera e serena", Isabella torna in Italia con la consapevolezza che presto diventerà mamma.


        La storia di Isabella è la storia di tutte le donne che cercano di ricomporre il puzzle di un’esistenza afflitta da lutti e delusioni, ma è la storia anche dell’incontro tra culture.


        Alcuni personaggi sono abilmente utilizzati dall’autore per trattare temi molto attuali: il fenomeno migratorio, la modernizzazione del mondo islamico, il velo, la democratizzazione di paesi ex-coloniali. La problematicità degli argomenti viene estremamente attenuata dai toni morbidi dei dialoghi e dal continuo confronto dialettico tra Isabella, Farid e Fatima.


        Le affermazioni semplici e ferme della giovane donna musulmana ed il  Tesoro, il libro della conoscenza spirituale, riservato a pochi eletti,  scritto in lingua araba, ma accessibile a chiunque predestinato voglia vedere con il cuore del vero amore, fanno vacillare la presunta superiorità dell’Occidente.


        Il viaggio serve proprio a questo: conoscere, liberarsi dai pregiudizi, mettersi in discussione, insomma, il viaggio produce la pluriappartenenza.



        Ma chi è Isabella ? "Dicono che il suo nome fosse Isabella, ma c’era chi la chiamava Bella o Jamila. Veniva da un paesi di cristiani, ma era anche musulmana ..."


 


 


 


Campagnolo Maria


       



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