Nel nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso.
Aprire uno spazio per la parola e l’ascolto delle donne musulmane significa prima di tutto il riconoscersi, come donne, in quel movimento della storia, che finalmente ci rende giustizia. Come ricorda Fatima Naseef, nel suo libro, in ogni tempo e in ogni luogo “i suoi doveri hanno sempre avuto la meglio sui suoi diritti”.
Questo riconoscersi, significa anche, come musulmane, l’accettare umilmente che nell’ambito della storia della comunità musulmana si siano persi di vista, talvolta, i veri significati della parola del Misericordioso, e dell’esempio luminoso del suo Profeta, pace e benedizione su di lui, a favore di una interpretazione utilitaristica dei testi, i cui beneficiari sono stati sicuramente gli uomini. Infatti mentre nei primi secoli dell’islam le donne godevano di una situazione adeguata di libertà e parola con l’espandersi della dar al-Islam ci fu l’introduzione di elementi non arabi, specie persiani, civiltà a forte caratterizzazione androcentrica, e ciò, insieme a quell’indebolimento della fede che sembra essere fisiologico alle espansioni stesse, portò ad una regressione della condizione femminile.
La condizione femminile poi, come abbiamo detto all’inizio, non era migliore nelle altre culture, basti pensare che nel Cristianesimo si continuò a lungo a discutere se la donna avesse o no un’anima e che l’esaltazione della verginità, unita al substrato culturale della filosofia greca, portò ad una demonizzazione del corpo e della sessualità, per cui ella venne vista come fonte suprema della tentazione. In Europa è con l’illuminismo e la rivoluzione francese che si smuovono le acque, ma già con Napoleone ritorna l’idea che la donna fosse proprietà dell’uomo e il suo compito primario quello di restare in casa.
Fu solo con la rivoluzione industriale che iniziò a cambiare la situazione della donna occidentale, cioè con il suo ingresso nel mondo salariato. L’indipendenza economica fu la base della conquista dei suoi diritti sociali. Mentre nei paesi cattolici la chiesa si oppose duramente al femminismo, nei paesi protestanti ci fu maggiore possibilità di sviluppo, però si noti come solo nel 1870, in Inghilterra ci fu la concessione dei diritti di proprietà alle donne sposate.
E qui dobbiamo spezzare una lancia in favore dell’islam, dove questo diritto è stabilito nel Corano stesso, più di mille anni prima. In Italia, solo nel 1946 fu data la possibilità di voto alle donne, e nella civilissima Svizzera solo nel 1971. Quindi per la pars conditio, dobbiamo riconoscere che non solo nei paesi cosidetti musulmani si sono verificati dei soprusi nei confronti dei diritti delle donne, per molto tempo la loro condizione è stata se non peggiore, sicuramente non migliore anche in quei paesi che vanno sotto il nome di Occidente, e anche oggi la vera parità dei diritti tra uomini e donne è ancora lontana da essere raggiunta, sono ancora numerosi gli effetti della discriminazione sessuale e la tendenza di abusare del suo corpo si perpetua in forme diverse, non più rilegandola al ruolo di sola riproduttrice, ma con la proposizione del suo solo corpo nelle salse più varie, al fine di vendere merce,di fare spettacolo o con l’obbligo di svolgere un triplo lavoro per campare: fabbrica o ufficio, casa, figli e marito da accudire.
Insieme a tutto ciò però,in questo nostro tempo, spira un’aria di libertà e noi donne musulmane viventi in Italia lo respiriamo, e non possiamo non ringraziare tutte coloro che si sono battute e hanno sofferto perché la storia arrivi a questo punto, perché Questo, sia pure in mezzo a tante contraddizioni è il Tempo delle donne.
Abbiamo però appena il tempo di rallegrarcene, che sorgono subito nuove questioni:le nuove libertà, i nuovi diritti, ci richiamano a nuovi doveri e noi, come donne musulmane, ne abbiamo uno in più: dobbiamo ritornare alle fonti della nostra religione per scoprire il volto autentico della donna musulmana che la storia ha perlomeno impolverato,e in questo cammino dobbiamo farci aiutare, oltre che dalla fede e dalla comunità dei credenti, anche da ciò che c’è intorno,dalle istanze autentiche della cultura in cui viviamo, dal qui, che oggi ci interroga e con la sua diversità ci obbliga a muoverci: la Verità si è rivelata, ma noi non abbiamo finito di comprenderla, e abbiamo bisogno del contributo di tutti per farlo. Per questo vogliamo aprire questo spazio: per ascoltare e parlare, conoscere e farci conoscere.
Così, oggi 15 ottobre, 1° Ramadan, libere, umili e forti, solidali con le altre sorelle e con i fratelli della Umma, dispersa nel mondo, spesso sofferente e perseguitata, solidali con le altre donne e gli altri uomini vicini e lontani, in quella comunità che ha per padre Adamo e per madre Eva e per casa il mondo, con le sue bellezze e i suoi drammi,la sua saggezza e la sua follia, con gli animali che lo condividono con noi e spesso per noi si sacrificano,invitiamo tutti a sedersi presso di noi: PARLIAMO cerchiamo di capire e di capirci.
Voglio concludere con la Parola dell’Altissimo, perché a Lui spetta l’inizio e la fine e a Lui chiediamo aiuto, ricordandoci che:
Per il Tempo!
Invero l’uomo è in perdita.
Eccetto coloro che credono e compiono il bene, vicendevolmente
Si raccomandano la verità e vicendevolmente si raccomandano la pazienza.
(Sura CIII. Al-‘Asr, Il Tempo).
http://www.islam-online.it/donna/ISLAMONLINE%20DONNE.htm