La legge del velo ci svela come non ci si deve incontrare tra culture diverse
Una diversità culturale al centro delle polemiche è ultimamente quella dell’uso di coprirsi il capo con un velo a scuola da parte delle ragazze di religione islamica. Per noi il velo islamico diventa un banco di prova del rispetto della diversità (e della libertà individuale).
Credo che ad un giovane francese non comporti alcun problema se la propria compagna di classe si copra i capelli con un velo. Il problema è per gli adulti bianchi occidentali della classe dirigente francese, che per accontentare una propria componente xenofobo-razzista ha fatto promulgare dal governo una legge di fatto umiliante, punitiva e discriminatoria contro l’immigrazione araba; legge, lei si “velata” da legge contro l’ostentazione di qualsiasi simbolo religioso. Ora ne entro in merito.
Beffa della Storia, proprio durante i festeggiamenti del bicentenario della Rivoluzione Francese (libertè, fraternitè..) nel 1989 tre ragazze di 14 anni , Samira Leila e Fatimah, furono espulse perché si presentarono a scuola col velo in testa, come richiesto dall’attuale interpretazione della religione islamica. Da quell’anno in poi centinaia e centinaia furono le espulsioni di studentesse, fino al varo della Legge, entrata in vigore questo settembre, legge che testualmente dice all’art 1: ''E’ vietato nelle scuole indossare simboli o indumenti che ostentino l’appartenenza religiosa''.
La legge riguarda anche simboli religiosi come il turbante dei sikh, la kippah ebraica e la croce cristiana (se di grossa dimensione) ma ai più è apparso subito chiaro che il bersaglio principale di questa legge fosse il velo islamico (e l’immigrazione nordafricana). La norma non si applica nelle scuole private / cattoliche (che in Francia sono molto più che in Italia) e nei territori oltre confine. Il tutto in nome della laicità della scuola pubblica francese. Ma che la laicità sia un valore fondamentale della scuola francese è un grande falso visto che lo Stato francese paga con soldi pubblici e per intero lo stipendio agli insegnanti delle numerose scuole private cattoliche, dove naturalmente non vale il divieto di ostentazione dei simboli religiosi. Riassumendo in breve, abbiamo un lavoratore francese di origine nordafricana che paga le tasse con le quali lo Stato finanzia anche la scuola cattolica dove sono ostentate le croci; lo stesso lavoratore vede vietata alla figlia, pena l’espulsione, di velarsi il capo a scuola. E così la Francia, paese dove culturalmente si è affermato il principio di libertà, lo converte ora in un rifiuto delle libertà delle singole persone. Un’occasione di riflessione a questo punto è su quanto sia relativo il concetto di libertà: quando la libertà diventa un peso al controllo ed al dominio sociale , viene tranquillamente sacrificata. Il deputato verde francese Cohn Bendit ha così commentato la legge: ''La scuola laica, tollerante, aperta, ciò che essa ancor oggi assolutamente non è, deve accettare tutte le ragazze –con o senza velo- perché è la scuola che deve essere laica e non i ragazzi.''.
Oltre al pretesto della laicità della scuola, i difensori della legge ricorrono ad un’altra giustificazione: la legge proteggerebbe le ragazze islamiche dagli obblighi del velo imposti dalle loro famiglie. Ma, aldilà del fatto che lo scontro tra giovani e adulti andrebbe lasciato al naturale scontro generazionale figli-genitori , occorre altresì ricordare una delle affermazioni-chiave del movimento delle donne: ''I tempi delle donne sono i tempi che le donne si danno''. E lasciamo che ogni società sviluppi le proprie contraddizioni secondo i propri tempi ed il proprio stadio economico di crescita (a 14 secoli dalla sua nascita il cristianesimo allestiva i roghi su cui arse migliaia/milioni di persone e da non molto aveva riconosciuto che anche le donne potessero avere l’ anima).
E in Italia?
Benché la Scuola Italiana debba essere laica per Costituzione, conserva indebitamente i crocefissi in molte sue aule; inoltre, per il Concordato (legge tra Stato Italiano e Stato del Vaticano) i bambini già dalla scuola materna sono condizionati a svolgere due ore settimanali di religione cattolica (pena essere separati dai compagni, per svolgere un'attività alternativa). Il Concordato ha permesso alla religione cattolica di detenere nella scuola una posizione di monopolio della fede; non risulta che altre religioni possano avere spazio nelle nostre scuole. Possiamo invece immaginare lo scandalo che creerebbe la presenza di un religioso islamico in una scuola pubblica per fare lezione di religione agli studenti mussulmani. In Italia quindi si ostentano simboli religiosi cattolici sia nella scuola pubblica sia in quella privata, anche da noi sempre meno privata in quanto ricorre al finanziamento pubblico.
Verrebbe da dire: ''O tutti o nessuno'' con le ore di religione svolte solo in parrocchia, ma in Italia sul mercato delle fedi non c’è libera concorrenza ma una situazione monopolistica e si sa, chi ha l’anello del potere difficilmente se lo sfila…