Sfido Mubarak in nome dei diritti umani
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«Sfido Mubarak in nome dei diritti umani»




Donne contro. Contro società patriarcali. Contro un fondamentalismo sessuofobico che vede nella donna un essere da sottomettere, mera appendice dell'uomo. Donne contro. Contro regimi che ingabbiano istanze di libertà e di emancipazione considerate eversive perché rompono con vecchie logiche tribali e di potere. Donne "per". Per un mondo arabo aperto, plurale nelle sue espressioni politiche e culturali. Un mondo dove si affermi realmente uno Stato di diritto, e tra i diritti da consacrare c'è quello della parità tra sessi. Di queste istanze di libertà e di eguaglianza Nawal Saadawi è una delle massime espressioni. Per la sua storia personale; per il suo impegno di psichiatra e di scrittrice. Ed oggi per il coraggio dimostrato nello sfidare Hosni Mubarak nelle presidenziali egiziane dell'ottobre prossimo. Nawal Saadawi, 74 anni, è la scrittrice femminista egiziana più conosciuta e premiata al mondo. Per essere stata la scrittrice che più ha marcato il movimento femminista nel mondo arabo e musulmano, Nawal Saadawi ha pagato a caro prezzo il suo impegno in favore della liberazione delle donne. Il suo primo libro, «Women and sex», pubblicato nel 1972, un inno di battaglia contro la circoncisione femminile, le costa la cacciata dal Ministero della Sanità e la persecuzione delle autorità religiose. Da allora scrittura e impegno civile divengono per lei inseparabili e si traducono in alcuni tra i libri più scioccanti scritti sull'oppressione delle donne arabe. Viene arrestata e imprigionata, senza processo, nel 1981, assieme a 1600 esponenti politici e intellettuali egiziani, e rilasciata solo dopo l'assassinio di Sadat. A metà degli anni '90 è costretta all'esilio perché il suo nome compare nella lista della morte di un gruppo fondamentalista: la «colpa» di cui si è macchiata agli occhi dei «pasdaran di Allah» è quella di aver offeso la religione con i suoi romanzi sul sesso e sulle libertà individuali non previste dalla «sharia», la legge islamica. «Se fossi eletta presidente - dice - abolirei la Sharia, perché uno Stato laico e democratico non può essere ordinato da norme religiose…». Nel 2001, l'ennesima persecuzione: solo una grande mobilitazione internazionale la salva da un processo per apostasia e dal divorzio coatto chiesto, contro la volontà sua e di suo marito, da un avvocato integralista. Avversata dai jihadisti, mal tollerata dall'establishment politico-militare al potere in Egitto, Nawal Saadawi è una figura scomoda anche per l'Occidente. A spiegarne le ragioni è lei stessa: «La crescita del fondamentalismo islamico è il tragico portato del fallimento dei cosiddetti regimi arabi moderati, della loro bancarotta sociale, dello stolto tentativo di fare i conti con la modernità sociale adottando piattamente il modello occidentale». Quello di Nawal Saadawi è un lucido, argomentato, coraggioso j'accuse contro l'ipocrisia e la «doppia morale» dell'Occidente. L'ipocrisia colpevole di chi ha sostenuto regimi dispotici, corrotti, perché rappresentavano il «male minore» rispetto allo «spauracchio fondamentalista», finendo così per ottenere il risultato opposto: l'affermarsi dell'Islam radicale come «disperata ricerca di identità». La sua è una vibrante denuncia contro l'Occidente che «sostiene i nostri dittatori, i regimi feudali e religiosi che dominano, che marchiano, che ingabbiano la nostra Regione». «Non pochi governi occidentali - aggiunge la scrittrice egiziana - da decenni appoggiano coloro che nel mondo arabo continuano a negare i diritti delle donne, dei popoli di crearsi un futuro di democrazia e di sviluppo». Prendere il futuro nelle proprie mani. Combattere, con le «armi» della non violenza, per ciò in cui si crede. È il credo di Nawal Saadawi; un credo che oggi l'ha portata a sfidare il Raìs egiziano e il suo possente apparato di potere nelle prime elezioni presidenziali egiziane a suffragio universale, con voto segreto, tra più candidati. La campagna elettorale di Nawal Saadawi è osteggiata dal potere egiziano; la polizia - denuncia la scrittrice - è intervenuta le scorse settimane per impedire meeting di confronto sul programma della candidata indipendente: «Il fatto è - denuncia Nawal Saadawi - che chi detiene il potere non vuole libere elezioni. Chi è al potere vuole candidati simbolici per mettere in scena un simulacro di democrazia».
Signora Saadawi, cosa l'ha spinta a candidarsi in elezioni dal risultato scontato?
«La mia vuol essere una sfida di verità. Il presidente Mubarak parla di riforme e di una nuova stagione di democrazia per l'Egitto. Ebbene, ho inteso metterlo alla prova. Democrazia significa libertà di espressione, possibilità di dar vita a movimenti e partiti che non siano solo una filiazione fittizia del regime. Purtroppo, oggi giorno constatiamo che il potere mette mille ostacoli e restrizioni alla creazione di movimenti politici indipendenti. La verità è che la crescita di una autonoma e organizzata società civile fa paura a molti…».
Fra questi «molti» ci sono anche gli integralisti islamici, quelli che l'hanno ripetutamente minacciata di morte per le sue battaglie in difesa dei diritti delle donne egiziane?
«Questi fanatici che dicono di agire per conto dell'Islam sono in realtà i primi nemici dell'Islam. Ero e resto fermamente convinta che la grande maggioranza dei musulmani non ritenga che sia impossibile coniugare fede religiosa e costruzione di una società sostanzialmente laica, plurale nelle sue espressioni politiche, culturali, di fede. La tolleranza è il rispetto delle diversità non sono affatto estranee alla millenaria cultura islamica. Non bisogna negare i diritti ma garantirli a tutti, a partire dalle donne, che per i fondamentalisti esistono solo in quanto "figlie di", "madri di", "mogli di"…».
C'è chi sostiene che l'integralismo è nato anche come rivalsa contro l'Occidente minaccioso e arrogante. C'è del vero in questa considerazione?
«L'integralismo ha rappresentato per molti una ancora di salvataggio a cui aggrapparsi dopo l'annientamento di tutti i movimenti di sinistra. E' stata una pessima reazione, ma pur sempre una reazione. Il problema è che l'integralismo non si limita all'imposizione del velo alle donne, ma ispira gruppi armati che uccidono in nome di una ideologia che non ha niente a che vedere con la religione e molto, invece, con la conquista del potere. Ma l’Occidente ha pesanti responsabilità nell’aver alimentato, sia pure indirettamente, la crescita del fondamentalismo...».
Su cosa basa questa accusa?
«Sulla logica perversa del “male minore”: una logica che in nome dell’”argine anti-fondamentalista” ha portato l’Occidente ha sostenere regimi dispotici, spesso corrotti, antipopolari. Se l’Occidente intende davvero favorire lo sviluppo della democrazia nel mondo arabo non ha bisogno di bombe, cannoni, eserciti. La democrazia non si impone con la forza...».
Come intervenire allora?
«Molti di questi regimi vivono grazie agli aiuti, al sostegno economico dell’Occidente. Ebbene, si dovrebbero vincolare aiuti e cooperazione al rispetto dei diritti umani, delle libertà individuali e collettive. E tra i diritti da vincolare ci sono quelli legati alla condizione della donna».
Come difendersi dalla deriva integralista?
«Innanzitutto promuovendo la crescita della società civile. È questo il passaggio decisivo nell'affermazione di una democrazia sostanziale; altro che l'imposizione dall'esterno, con la forza, della democrazia made in Usa!. Non sarà il signor Bush ha garantire nel mondo arabo i diritti delle donne; questi diritti verranno realizzati solo se e nella misura in cui vi sarà un maggior coinvolgimento della gente e lo sviluppo di associazioni, movimenti, Ong».
Un impegno che non può vedere assente il mondo della cultura. Il suo romanzo più famoso, «La caduta dell'Imam», è stato sottoposto a censura e ritirato dalla circolazione con un decreto del «Consiglio per gli studi islamici». Perché un romanzo fa così paura?
«Perché aiuta a liberare la mente. Con la scusa dell'Islam, gli oscurantisti intendono colpire la mia posizione sulla questione della infibulazione e per i diritti di quanti vengono da loro considerati dei paria, esseri inferiori, delle "non persone": le donne, gli omosessuali… E fanno questo con il placet di un potere che preferisce blandire i fondamentalisti per accaparrarsene i voti e per usarli contro coloro gli avversari che più temono: quelli che credono e si battono per uno Stato di diritto e una società dei diritti. Una società a misura di donna».


http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=ARKINT&TOPIC_TIPO=I&TOPIC_ID=42485



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