Per Guemara gli obblighi frutto di interpretazioni sbagliate.
E in sala scatta la protesta Itc: Il velo divide le donne musulmane
di Paolo Piffer
Doveva essere una conferenza sulla donna musulmana in Europa.
Si è conclusa con urla e reciproche accuse, durissime. Teatro, l’aula grande dell’Istituto trentino di cultura a Trento dove ha parlato Raoudha Guemara, professoressa di Storia medievale dell’Europa occidentale all’Università di Tunisi, docente del Corso superiore del Centro per le scienze religiose e, dal 1993, Cavaliere della Repubblica italiana per meriti culturali.
Il pubblico, in gran parte femminile, ha ascoltato per più di un’ora Raoudha Guemara poi si è aperto il dibattito, senza mezzi termini. Un confronto che il moderatore, Davide Zordan, ricercatore dell’Itc, vista la piega che stava prendendo, ha cercato di chiudere in fretta. Cosa ha detto la docente? Cosa ha fatto alzare tanto il tono della voce ad alcuni presenti in sala? Tra questi, il sociologo Adel Jabbar e l’imam della comunità islamica trentina Abulkheir Breigheche. La docente ha analizzato, per gran parte della sua relazione, il fenomeno del velo che anche in Occidente viene portato da molte donne musulmane e che è stato al centro di forti polemiche in Francia, fino a vietarlo, per legge, nelle aule scolastiche. “Nel Corano - ha detto - non c’è scritto da nessuna parte che le donne debbano portare obbligatoriamente il velo. Si tratta di interpretazioni degli integralisti. Anzi, il Corano è tollerante e, tuttalpiù, invita a vestire dignitoso e in modo accorto”. “Non solo - ha proseguito - non c’è alcuna imposizione, ma non ci sono neppure sanzioni”.
Nella sua analisi, Guemara, ricordando che “il fenomeno del velo è anteriore all’Islam”, ha fatto riferimento ad alcuni versetti del Corano che, effettivamente, parlano del velo. “Riguardano solo le mogli di Maometto, come, d’altra parte, la reclusione della donna. Le mogli di Maometto erano state insidiate e il Profeta, in questo modo, voleva difenderle, proteggerle. Ma - ha continuato - questi precetti non riguardano le altre donne. Oggi, nel fenomeno del velo, la religione non c’entra. E’ una lotta di potere tra una visione restrittiva dell’Islam, che prevale, ed una più liberale”. Il parallelismo tra velo e integralismo ha subito portato al microfono alcune donne musulmane e l’imam Breigheche che ha sostenuto: “Innanzitutto chiedo all’Itc che dia spazio anche ad una visione diversa di quella espressa qui sul rapporto donna-Islam. Quello che ha detto la professoressa è assolutamente parziale. Sono stati usati termini duri nei confronti dei praticanti. Per dibattere di questi temi è necessario un bagaglio culturale e politico particolare”. In precedenza, una donna velata, aveva affermato che “non si può fare di tutta l’erba un fascio. Dire che chi porta un abbigliamenti islamico è integralista è eccessivo. Ho scelto di portare il velo, sono integrata nella società trentina e non mi sento un’estremista”. Seguita da un’altra: “L’Islam ha riconosciuto la dignità della donna”. Ma le accuse ancora più marcate, sono venute da Adel Jabbar, sociologo, docente alla Ca’ Foscari di Venezia.
“La versione del rapporto donna-Islam che abbiamo sentito dalla professoressa Guemara è quella del regime dittatoriale tunisino che, insieme ad altri, usa il corpo della donna in funzione anti-islamica per ricercare il consenso dell’Occidente. In Tunisia molte donne sono in galera perché chiedono libertà e democrazia. I problemi veri sono i governi repressivi come la Tunisia, certi integralisti, ed è da sottolineare che non tutte le donne che portano il velo sono integraliste. Chiedo all’Itc il perché di questa conferenza, se non sa spiegarlo vuol dire che appoggia le dittature”.
Un rappresentante della comunità islamica ha aggiunto: “La docente lo sa che nel suo Paese, in Tunisia, se una donna indossa il velo finisce in galera?”. La risposta della studiosa non si è fatta attendere. “Non sono né mandata né pagata dal regime, semmai, qui, lo sarà qualcun altro, e del mio Paese, all’estero, non parlo, non lo sputtano”, testuale. “Se devo lottare lo faccio in Tunisia. E’ facile parlare standosene all’estero. Io parlo da storica perché questo è il mio mestiere e se qualcuno, per quello che io dico, si sente integralista, è un problema suo. Infatti non mi sono dichiarata musulmana o cattolica o buddista perché sono esclusivamente una studiosa che analizza storicamente i problemi. Non ho mai detto che chi porta il velo è integralista”.
Così si è concluso, tra l’imbarazzo di molti, un incontro che doveva parlare di differenze e tolleranza e che si è trasformato invece in uno scontro, in una serata fresca diventata torrida. (11 maggio 2005 - ore 12.44)
http://www.ilpassaporto.kataweb.it/dettaglio.jsp?id=30560&c=1
|