Eroiche vittime
Le donne colpite dallo tsunami discriminate negli aiuti. Ma anche motore della ricostruzione

Vittime discriminate o motore della ricostruzione. Le donne nel dopo tsunami stanno affrontando barriere secolari che rendono ancora più difficile superare la tragedia del 26 dicembre.
Finora nei luoghi devastati del Sud Est Asiatico diverse donne hanno partorito senza la necessaria assistenza, sono state escluse dagli aiuti o hanno subito violenze dai loro stessi soccorritori che la mentalità locale spesso impedisce di denunciare. Dallo Sri Lanka, Shanti Sivasanan di Oxfam dice: “Qui la violenza sessuale è un problema diffuso anche all’interno della famiglia. Ma le donne non diranno mai di essere state violentate, soprattutto se gli abusi e i maltrattamenti sono stati compiuti dai loro mariti”.
Discriminazioni. L’Asia Pacific Forum on Women, Law and Development (Apwld) d'altra parte spiega: “Nei disastri le donne sono più vulnerabili e discriminate degli uomini quando gli sforzi di soccorso si basano su strutture pre-esistenti di distribuzione delle risorse che riflettono una società patriarcale”. L'Apwld è una delle principali Ong che hanno partecipato al meeting di Bangkok (8 marzo scorso) sulle condizioni delle donne sopravvissute al maremoto. Le discriminazioni sono state registrate in diverse circostanze. “ Il governo singalese – continua Sivasanan – sta distribuendo 5mila rupie a ogni famiglia colpita dal maremoto, ma nella città orientale di Batticaloa per esempio solo gli uomini possono ritirare la somma. I nomi delle donne non compaiono sulle liste degli aiuti”. Non si tiene conto che molte di loro sono diventate capo famiglia dopo la morte dei mariti, uccisi proprio dallo tsunami. Una situazione analoga si è creata nei campi per sfollati. ”Sono stati formati comitati di gestione di soli uomini”, dichiara l’operatrice di Oxfam. “Perciò stiamo tenendo alcuni seminari rivolti a tutte le figure che intervengono nei soccorsi per accrescere la consapevolezza su queste discriminazioni e – ci auguriamo – cambiare i comportamenti”. In Sri Lanka, tra l’altro, gran parte delle vittime dell’onda anomala erano donne che non sapevano nuotare o arrampicarsi sugli alberi, un gioco che tutti i singalesi maschi delle zone rurali hanno praticato da bambini.
Condizioni sanitarie e mancanza di impiego. L’Apwld sottolinea che tante giovani necessitano di cure adeguate. Nei Paesi colpiti dall’onda anomala almeno 150mila, infatti, sono attualmente incinta e un terzo di loro darà alla luce un bambino entro i prossimi tre mesi. E’ già accaduto dopo il 26 dicembre che diverse donne abbiano partorito in condizioni precarie, all’aperto o addirittura sotto le battenti piogge monsoniche. Un altro grave problema è la perdita del lavoro: nelle zone rurali migliaia di contadine non hanno di che vivere dopo che le piantagioni in cui lavoravano sono state completamente inondate.
Ong al femminile. Intanto moltissime donne sono impegnate nella ricostruzione. La singalese
Genderwatch, un gruppo umanitario al femminile, sta compilando schede sui bisogni degli sfollati con particolare attenzione alle esigenze delle donne. Così in Indonesia, nella provincia dell’Aceh, la più devastata dal maremoto, la
Flower Aceh ha creato in ogni campo un centro di soccorso specifico per loro e i bambini. Anche l’organizzazione tra l’altro è stata duramente colpita dal maremoto, avendo perso in un sol giorno gli uffici e i documenti di quindici anni di lavoro. “Puoi ricostruire gli uffici e riacquistare i computer, ma non le informazioni”, dice un membro di
Flower Aceh. A partire dal 1989 l’Ong ha raccolto dati sull’impatto delle pratiche culturali e del
conflitto in corso nella provincia islamica dell’Aceh sulle donne. “Queste informazioni, uniche e irripetibili, sono scomparse in pochi minuti”, continua l’operatore. “Avevamo anche un giardino dove coltivavamo 600 piante per uso medico. Anche questo è andato distrutto”.

Donne e guerra. Nelle circostanze più sfortunate molte organizzazioni umanitarie dell’Aceh hanno perso anche membri del loro staff. E’ tuttora dispersa Syarifah Murlana, una coraggiosa e illustre avvocatessa della Legal Aid Foundation che rappresentava i prigionieri politici arrestati dall’esercito indonesiano con l’accusa di sostenere la guerriglia. In Aceh, infatti, dagli anni ’70 si consuma la guerra tra ribelli separatisti e militari governativi. In nome del conflitto i civili continuano a cader vittime di stupri, torture, esecuzioni e arresti sommari. Il ruolo delle Ong locali è stato in questi anni di vitale importanza, perché fino al 25 dicembre scorso gli interventi umanitari stranieri avevano subito limitazioni o non erano stati ammessi in Aceh. Il ritorno degli aiuti e dei media internazionali nel periodo dopo tsunami potrebbe dunque segnare un punto di svolta nella gestione di un conflitto troppo a lungo dimenticato.