Uscire dall'invisibilità - L'intervento di Antonio Sclavi - presidente dell'UNICEF Italia
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Uscire dall'invisibilità - Bambini e adolescenti di origine straniera in Italia"

L'intervento di Antonio Sclavi - presidente dell'UNICEF Italia



Roma, 5 dicembre 2005 - Questo rapporto nasce dalla collaborazione tra la Caritas Italiana e l'UNICEF Italia, un impegno comune scaturito dalla constatazione dell'invisibilità che, troppo spesso, avvolge i bambini e gli adolescenti di origine straniera che vivono nel nostro Paese.

L'abbiamo pensato con quattro principali obiettivi:


 

 


  • Realizzare uno strumento di lavoro rivolto a un ampio pubblico: il rapporto si sofferma su alcune aree specifiche (famiglia, scuola, integrazione sociale, devianza) soffermandosi sugli aspetti che ancora richiedono approfondimenti, per contribuire alla conoscenza di aspetti poco esplorati della vita dei bambini e degli adolescenti di origine straniera, anche individuando alcuni specifici casi studio;
  • Partendo da alcuni articoli della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dalle Osservazioni conclusive del Comitato ONU sui diritti dell'infanzia, individuare la normativa italiana applicabile ai minori di origine straniera che vivono sul territorio italiano (a questo sono dedicati gli allegati giuridici in appendice ai diversi capitoli);
  • Sollecitare le istituzioni competenti, i centri di ricerca, il mondo accademico a raccogliere dati ed effettuare ricerche con un'attenzione specifica all'infanzia e all'adolescenza di origine straniera nelle loro azioni, lavorando in modo tra loro coordinato, valorizzando le esperienze positive già realizzate in alcuni ambiti;
  • Promuovere uno scambio, in prospettiva, di buone pratiche tra le istituzioni a livello nazionale e locale, così come col cosiddetto terzo settore, le associazioni, le cooperative, le parrocchie.

 


Cosa intendiamo per "bambini e adolescenti di origine straniera"
Il percorso del gruppo di ricerca che ha curato questo rapporto è partito dal definire tale categoria: comprendiamo in essa i bambini nati in Italia da genitori stranieri (le seconde generazioni), i bambini figli di coppie miste, i bambini ricongiunti con i loro genitori, i bambini adottati nell'ambito dell'adozione internazionale, i minori stranieri non accompagnati.

Per questo abbiamo adottato la categoria di "infanzia e adolescenza di origine straniera", l'unica che ci è sembrata abbastanza ampia da comprendere tutte le categorie che ho menzionato. Risulta immediatamente comprensibile la complessità delle diverse situazioni, e la necessaria attenzione specifica alle singole situazioni.

La presenza dei minori stranieri è divenuta strutturale, e indica una dimensione nuova del progetto migratorio degli uomini e delle donne che scelgono di vivere con noi. Come indicato dal rapporto la presenza dei minori rappresenta uno degli indicatori più significativi di immigrazione stabile, la nascita di un bambino fa spesso uscire le famiglie di immigrati da una sorta di "invisibilità sociale". Questi bambini necessitano quindi di una costante attenzione, perché, permettetemi di ricordarlo, la Convenzione sui diritti dell'infanzia è valida anche per loro, ogni bambino che si trova sul territorio italiano è da essa protetto.

Vorrei ricordare che il Comitato ONU sui diritti dell'infanzia, l'organo preposto al monitoraggio dello stato di attuazione della Convenzione negli Stati che l'hanno ratificata, nelle sue Osservazioni conclusive ha espresso la propria preoccupazione per "le disparità nel godimento di diritti economici e sociali, in particolare nei settori della salute, dell'assistenza sociale, dell'istruzione e delle condizioni abitative sperimentate da bambini poveri, bambini rom, bambini stranieri, minori non accompagnati e bambini disabili".

Qual'è la dimensione dell'immigrazione che più frequentemente viene trattata? Probabilmente quella dei problemi, dei conflitti, delle emergenze. Vi è invece una dimensione meno visibile, fuori dall'emergenza e dall'attenzione mediatica data a episodi eccezionali; vorremmo riuscire a creare un'attenzione costante alla quotidianità dei tanti bambini e adolescenti di origine straniera che vivono nel nostro Paese.

A questi aspetti abbiamo dedicato questo Rapporto. Un lavoro che non vuole sostituirsi al compito di nessuno, né all'accademia, né alle istituzioni nazionali e locali che hanno competenza in materia. Ma un lavoro che ha l'ambizione di indicare una strada percorribile: la necessità di assicurare un'attenzione costante e permanente all'infanzia e all'adolescenza di origine straniera nella raccolta dei dati, nelle leggi varate, nelle politiche realizzate, nelle valutazioni dell'impatto che hanno anche su di loro i diversi provvedimenti, da quelli sull'immigrazione a quelli nell'ambito della cooperazione internazionale.

Proprio riguardo la raccolta di dati, molti passi avanti sono stati fatti riguardo alle informazioni sull'infanzia ma ancora molto c'è da fare riguardo ai minori stranieri (sono registrati sul permesso dei genitori e così risulta molto complicato il loro conteggio). E' necessario uscire dall'ottica che guarda all'immigrazione come ad un'emergenza, un fenomeno per cui prendere misure "tampone", risorsa solo nel momento in cui si pensa al valore del migrante esclusivamente come valore economico. Essere contati vuol dire anche "poter contare", vuol dire esistere.

Tra i piccoli immigrati ci sono inoltre, bambini ancora più invisibili: i bambini non accompagnati (per altro ancora non esiste un pieno accordo sulla loro definizione) tra i quali sono presenti minorenni completamente soli, assolutamente esposti al pericolo della malavita, attratti anche dal "miraggio" dei facili guadagni.

Un'invisibilità nei dati e nelle analisi che non riescono ancora a fornire una panoramica globale di come vivono questi bambini e questi ragazzi, di quanto i loro diritti siano rispettati nei diversi ambiti nei quali vivono (famiglie, scuole, servizi sociali, istituti,ecc). A questo si affianca la mancanza di una politica complessiva nei loro confronti, una politica che sia coordinata tra i diversi Ministeri competenti, ma anche tra governo centrale e amministrazioni locali, ed i soggetti del terzo settore. Così come, per alcuni aspetti, la legislazione italiana è considerata all'avanguardia sui diritti dell'infanzia di origine straniera, permangono alcune lacune da colmare.

Sarebbero necessarie normative non solo genericamente rivolte allo straniero immigrato ma riguardanti più precisamente i bambini stranieri. In Italia crescono le presenze dei bambini nelle scuole di ogni ordine e grado; aumentano le nascite da almeno un genitore straniero e fondamentale è il peso, da un punto di vista demografico, che hanno le presenze di minori stranieri. Raccogliere informazioni su un fenomeno, studiarlo, vuol dire valorizzarlo, vuol dire poter prendere decisioni politiche che siano frutto di attente valutazioni nate dall'esperienza - nel senso letterale del termine - del fenomeno in questione. Sono di questi ultimi tempi fatti che ci fanno capire la necessità di nuove e soprattutto più articolate politiche sull'immigrazione rivolte alle seconde generazioni.

Anche in alcuni aspetti delle politiche nazionali, così come locali, non mancano le punte di eccellenza, esempi di possibili vie percorribili per consentire al processo di accoglienza e integrazione di essere adeguatamente sviluppato e sostenuto. Per questo sarebbe necessario partire proprio dalle buone pratiche per sviluppare politiche complessive per e con i bambini e gli adolescenti di origine straniera, politiche che non siano più attuate "a macchia di leopardo", ma che anche nella loro realizzazione territoriale riescano a rispettare il principio di non discriminazione che dovrebbe guidare ogni nostro impegno a favore dei bambini e degli adolescenti.

Si avverte, inoltre, la mancanza di luoghi di confronto permanente tra gli amministratori, i tecnici e gli operatori che, a diverso titolo, agiscono nel nostro paese per e con i bambini e gli adolescenti di origine straniera. Tali luoghi appaiono indispensabili perché le "buone prassi" realizzate nel nostro paese, non diventino nel tempo dei "fiori all'occhiello" ma promuovano la diffusione sul territorio di modalità d'accoglienza ed integrazione, standard dei servizi a disposizione di questi bambini ed adolescenti, di valutazione dell'impatto di tali prassi, che sappiano fornire un'adeguata attuazione ai diritti sanciti dalla Convenzione sui diritti dell'infanzia.

Passi successivi
Questo rapporto fa parte di un più ampio percorso che la Caritas Italiana e l'UNICEF intendono realizzare
: a questa prima fase di approfondimento di determinate tematiche affrontante nei capitoli, farà seguito l'organizzazione di incontri interregionali nei quali proporremo ai soggetti istituzionali ed al privato sociale di scambiarsi buone pratiche.

Ripeto: è necessario studiare, compiere ricerche sui tanti progetti avviati per valutarne l'efficacia, promuovere la riproduzione delle buone pratiche, delle migliori esperienze. Parlare delle buone pratiche, dei progetti riusciti, della strada ancora da compiere, della necessità che ognuno svolga fino il fondo il suo compito, del necessario confronto con le esperienze di paesi di più antica tradizione migratoria.

Speriamo, nel tempo, di arricchire e migliorare questo nostro impegno, grazie al contributo di chi vorrà far uscire dall'invisibilità (nei dati, nelle analisi, nelle politiche, nella destinazione delle risorse) i tanti bambini e adolescenti che vivono e che vivranno in Italia. L'auspicio è che tale strumento possa costituire un valido stimoloper tutti coloro che a vario titolo sono impegnati nella promozione e protezione dei bambini e degli adolescenti di origine straniera.



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