IL CONCETTO DI LAICITA’ NELL’ISLAM TUNISINO di Dr.Leila El Houssi a.a. 2000-2001
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Università degli Studi di Padova
Facoltà di Lettere e Filosofia
Master in Studi Interculturali
a.a.2000-2001


 


IL CONCETTO DI LAICITA’ NELL’ISLAM TUNISINO
di Dr.Leila El Houssi a.a. 2000-2001


 


SOMMARIO


Cenni storico-sociali
L’Islam tunisino
Ibn Haldūn: il testimone del crepuscolo
Il riformista Khayr ed-Dhin
Il ruolo centralista del Collegio Sadiki
L’islamismo nella Tunisia contemporanea
Conclusioni
BIBLIOGRAFIA


 


Cenni storico-sociali:


La conquista e la conseguente dominazione degli arabi, comincia in Tunisia tra il 695 ed il 698. Da allora l’Islam ha predominato nel paese nordafricano, pur convivendo con altre culture, quale quella dei Berberi e dei nomadi del deserto. Tale convivenza culturale, ha posto le basi per una dimensione del paese pluralista, dando al popolo la  capacità di aprirsi alle “culture  altre”. Capacità, che si è consolidata anche grazie alla professione dei riti malekita ed hanefita, famosi per il loro carattere tollerante oltre che rispettoso di altri culti diffusi nel paese. Inoltre l’apporto di illustri filosofi, storici e scienziati, nativi di questa terra, quali ad esempio S.Agostino, teologo cristiano, Ibn el Jazzar, medico e maestro della scuola di Kairouan ed Ibn Haldūn,  storico e padre della Sociologia moderna, rafforzano l’aspetto modernista dell’insegnamento religioso sempre attento alle esigenze del tempo in cui si vive. Il concetto di modernità nell’Islam tunisino risulta, quindi, dettato da una fusione culturale costante con cui la popolazione autoctona è venuta a contatto per oltre tremila anni di storia. La stessa presenza nel paese della comunità italiana, per lungo tempo numerosa e importante sotto vari punti di vista, dall’aspetto economico, al culturale e al sociale, risale al X secolo [1] . Nel 1600 un italiano residente a Tunisi, descrive la vita di una città dal carattere prettamente multiculturale “(…) un’atmosfera di spensieratezza, di pigrizia voluttuosa, avvolgeva sotto un cielo limpido la popolazione tunisina composta dagli elementi più disparati: un misto di venti nazioni, di gente venuta da tutti gli orizzonti ma stabiliti in quel luogo da tanti anni che aveva finito col creare, grazie all’influenza del clima, un popolo armonioso, indolente, sognatore e pacifico(…):” La conseguente dominazione ottomana e successivamente l’instaurazione del Protettorato francese nel 1881, non hanno certo frenato la formula transculturale della popolazione tunisina. La convinzione nella coscienza dei tunisini dei valori di modernità e di sforzo di adattamento Ijtihad, sono sempre stati al centro di un’educazione sociale multidimensionale. Valori che rappresentano l’essenziale del discorso politico dominante dall’élite uscita dal prestigioso Collegio Sadiki, creato dal ministro riformatore Khayr ed-Dhin nel XIX secolo. Con la conquista dell’indipendenza nel 1956, la Tunisia ha compiuto notevoli progressi dal punto di vista sociale, come la generalizzazione dell’insegnamento, l’emancipazione femminile attraverso la stesura del Codice di Statuto personale e una politica di pianificazione familiare. Innovazioni radicali, che Bourghiba, il Mudjahid al - Akhbar del movimento indipendentista Neo Destour, e Presidente della Repubblica per oltre trent’anni, ha apportato nel paese nordafricano. Conquiste che in gran parte del mondo arabo, purtroppo, sono rimaste l’unico esempio. L’analisi di tale ricerca si prefigge, quindi di dimostrare come l’aspetto della laicità s’iscriva perfettamente in un paese musulmano grazie ad una predisposizione della stessa società tunisina vissuta per secoli in costante contatto culturale con altre civiltà.

L’Islam tunisino


Nel mondo occidentale, l’immagine stereotipata dell’inconciliabilità della sfera politica con quella religiosa è dettata prevalentemente dai precetti della dottrina cristiana. In essa, difatti risiede il distinguo tra due poteri: spirituale e temporale rappresentati nel mondo terreno dal Sacerdotium e dal Regnum [2] e nei tempi moderni dalla Chiesa e dallo Stato. In verità, nell’epoca medievale la funzione della politica risiedeva nell’affermazione della fede cristiana come ideale universale. [3] In seguito la nascita dello Stato Nazione e la visione antropocentrica, propria del Rinascimento cagionarono una cesura che diede luogo ad un ritorno dell’autonomia del politico rispetto al religioso. Nell’Islam, la limitazione del potere politico è un concetto che ha investito il mondo arabo-musulmano sin dall’antichità. L’integrazione forzata tra religione e politica risiede nella concezione profetica di Muhammad di orientamento della “sua” religione in senso politico. Da qui ne deriva, che nella dottrina dell’Islam classico la distinzione tra i due poteri non sussiste neanche da un punto di vista strettamente linguistico [4] . Il dettato coranico, nell’affermare l’Unicità di Dio, individua in Lui, “l’unico sovrano dell’unico regno esistente”e la garanzia dell’ordine sociale è assicurata dalla figura del Califfo, un’unità politica e religiosa, definito come Colui che è ben guidato da Allah. [5] Dopo la splendida età dell’oro che vede la grande espansione dell’Islam, dal 1258 al 1300 si assiste ad una sorta di declino della cultura islamica, causato dall’invasione dei mongoli, che aveva costretto una parte del mondo musulmano ad obbedire alla legge di Gengis Khan [6] . Tra il 1300 ed il 1774, si ha la formazione ed il consolidamento dell’Impero ottomano, attraverso il quale si assiste ad un’unione nella figura del sultano dei poteri temporali e spirituali. Nell’Impero ottomano, l’uso da parte del Sultano della religione, era finalizzato per scopi prettamente politici, poiché incarnava la summa del potere temporale e spirituale come continuum del modello tradizionale dei Califfi ben guidati. Il Sultano possiede il diritto di legiferare (qanun) e con l’espansione dell’Impero e la conseguente istituzione della burocrazia vi è l’istituzione di un duplice livello di fonti della legge (qanun e shari’a). La conseguente costituzione di un esercito moderno a causa della pressante preoccupazione dell’espansione, sommata ai fattori sopraccitati, fanno perdere progressivamente la centralità della religione. Assistiamo, quindi, ad un sostanziale rovesciamento che prova la prevalenza del politico sul religioso. Probabilmente tale capovolgimento è dettato dal fatto che i nuovi dominatori, portavano nel loro codice genetico la cultura asiatica che era molto lontana dall’Islam [7] . Inoltre lo sviluppo della burocratizzazione, che diede luogo a forme varie di corruzione, frenava di fatto lo sviluppo culturale. La conseguenza di un notevole indebolimento dell’Islam, provocava una cesura storica che risale al 1798, anno che corrisponde alla conquista occidentale de Il Cairo. L’espansione europea del XIX secolo fu aiutata dalla fragilità dell’Islam, non più in grado di possedere la forza per poter contrastare l’occidente. E’ allora che nascono, quindi dei movimenti riformisti, intorno al XIX secolo nella Sublime Porta, in Egitto e nel Maghreb, col tentativo di modernizzare i loro stati senza tradire la cultura islamica. Lo scopo prefisso era quello di far assimilare la modernità occidentale all’Islam, integrando la shari’à alle forme politiche moderne [8] . I riformisti, che sono un’evoluzione dei movimenti di “risveglio” [9] , si riconoscono negli intellettuali ad alto livello. I primi furono i “Giovani ottomani”, [10] il cui obiettivo era la riforma sostanziale dello Stato che prevedeva innanzitutto l’eliminazione della figura del Sultano, che incarnava il legame politica-religione e la creazione di una Costituzione. In tal senso in Tunisia si orientava anche il ministro riformatore Khayr ed-Dhin, che attraverso le sue opere fu l’esemplificatore della conciliazione tra tradizione e modernità. I riformisti prendendo coscienza del divario che sussiste con il mondo occidentale, soprattutto per quanto concerne lo sviluppo scientifico, tenteranno attraverso il recupero della tradizione ed il conseguente adattamento alle nuove esigenze di risolvere la situazione di decadenza che investiva i loro paesi.

 Ibn Haldūn: il testimone del crepuscolo


Storico e sociologo di origine maghrebina, vissuto tra il 1332 e il 1406, Ibn Haldūn, ha riflettuto a lungo nelle sue opere, sulle motivazioni della decadenza dell’Impero islamico. Nasce in una famiglia i cui i suoi avi, giunti dall’Arabia per stabilirsi in Andalusia, emigrano  in Ifriqya, verso la metà del XIII secolo. Dopo aver terminato gli studi, la vita di Ibn Haldūn sarà caratterizzata da un continuo peregrinare, in vari Stati, grazie al quale acquisirà, all’età di trent’anni, la statura di un autorevole uomo politico. Senza di lui, la storia del pensiero politico musulmano si chiuderebbe con il XII secolo, in quanto l’originalità del suo pensiero storico-politico, si distacca dal periodo di decadenza in cui versava l’Impero.  Egli individuava, attraverso una sistematica analisi storica dell’evoluzione dello Stato islamico dai primi califfi al consolidamento della dinastia Omayyade (661-680), l’imporsi di un modello di razionalità politica nell’Impero islamico. Il prevalere, in una prima fase, dell’interesse a garantire benessere e pace a tutti, vedrà successivamente l’affermazione di un altro modello di dominio politico, che tendeva a soddisfare le esigenze di autoconservazione del potere. [11] Da qui, il padre della sociologia del mondo arabo-islamico, nella sua analisi, fa discendere la distinzione tra il Califfo (sottomesso alla shari’à) ed il Malik (da Malaka = possedere; colui che esercita il potere). In tal modo egli riesce con toni esemplari a dare una rappresentazione del cambiamento all’interno della società arabo-musulmana, in cui si assisterà al consolidarsi del dispotismo. Sarà sia nella perdita dello spirito guerriero dei sudditi sia nell’influenza del potere assoluto, che Ibn Haldūn riscontrerà la causa principale della rovina degli Stati: l’imporsi dell’ingiustizia e dell’arbitrarietà del potere limitarono così l’evoluzione di una società. Ibn Haldūn, definito quale il testimone di un crepuscolo, poiché assiste in prima persona alla fase di crisi della cultura islamica, prende ad esempio le realtà degli stati che si sono succeduti nell’Islam, per individuarne l’aspetto decadente che li ha investiti. Lo storico tunisino, studiando le dinamiche della solidarietà di gruppo, ha individuato il tema del rapporto individuo-collettività per interpretare l’evoluzione della società araba. Gli, nella celebre Muqàddima, addita il patrimonio di tutta la storia umana nel principio della ‘asabiyya (spirito di corpo o di gruppo), indipendente da ogni vincolo religioso che spinge all’associazione tra gli individui nel tentativo di prestarsi aiuto reciproco. Nel momento in cui va a perdersi lo spirito guerriero e governa il gruppo dominante, l’ ‘asabiyya non ha più ragion d’essere e il “vecchio” sistema, svuotato di ogni energia viene trascinato alla rovina. Egli, quindi, ha per primo assunto la concezione del gioco della passione umana, che trascende la vita dell’individuo, ma su cui il singolo può far leva per costruire la sua sorte e quella del gruppo col quale possiede un vincolo naturale. La laicità della concezione di Haldūn e la realtà dell’Islam coesistono in paradossale armonia e si può affermare che tale pensiero rappresenterà la fonte per tutti quei movimenti di rinascita islamica che si affermeranno nei secoli seguenti. 

Il riformista Khayr ed-Dhin


Il XIX secolo, si desta con il riaccendersi del pensiero politico, in un processo di rinnovamento che influenzerà notevolmente la Comunità islamica contribuendo a risollevarne le sorti. Una maggiore politicizzazione degli intellettuali musulmani, porta ad una dicotomia paradossale che si esplicita da un lato nel concetto di Stato-Nazione e dall’altro all’ideale panislamico. Entrambe le analisi giungono tuttavia al processo di modernizzazione. In Tunisia, attraverso l’opera del brillante ministro riformatore Khayr ed-Dhin, tra i protagonisti della modernizzazione in Tunisia, il paese  definirà definitivamente la via del rinnovamento culturale, che è già iscritto nella società stessa. Le osservazioni e le riflessioni che egli ha raccolto nel corso dei suoi soggiorni in Francia lo condurranno alla riforma complessiva della res publica. Egli definiva il suo progetto di riforma come segue  “:(…) je veux réveiller le patriotisme des Oulémas et des hommes d’Etats musulmans, et les engager à s’entraider dans le choix intelligent des moyens les plus efficaces pour améliorer l’Etat de la nation islamique, accroître et développer les éléments de sa civilisation, elargir le cercle des sciences et des connaissances, augmenter la richesse publique par le développement de l’agriculture, du commerce et de l’industrie, et pour établir avant tout, comme base principale, un bon système de gouvernement (…):” [12] Lo scopo principale dell’opera di Khayr ed-Dhin si basa sulla necessità di mettere gli ‘ulama in condizione di adempiere in modo più adeguato alla loro missione temporale, riconducendo alla retta via coloro che l’hanno abbandonata sostenendo la necessità di “: détromper certains musulmans fourvoyés :” ed invitandoli a non nutrire sospetti verso quelle persone che “: approuvent ce qu’il y a de bon comme système ou comme institutions chez les non-musulmans:” [13] S’individua quindi in Khérédine un atteggiamento condiscendente verso le culture altre  che debba condurre alla reciproca comprensione. Nel suo trattato « Essai sur les réformes necessaires aux Etats musulmans » Khayr ed-Dhin, invita i suoi concittadini a valutare con imparzialità le usanze degli europei sostenendo che è un principio dell’Islam cercare la conoscenza ovunque. Inoltre si riscontra, il tentativo di potersi appropriare della modernità imitando i modelli di società europei in cui s’individuavano due libertà principali. La prima è quella civile, che consisteva nel diritto di tutti i  cittadini di disporre della propria persona, mentre l’altra libertà era quella politica. Difatti, per non precipitare nel marasma della decadenza, gli Stati musulmani, secondo Khayr ed-Dhin, avrebbero dovuto imitare le nazioni europee dotandosi di Leggi fondamentali. A suo avviso, se gli stati occidentali avessero raggiunto un elevato grado di progresso e prosperità lo dovevano in gran parte al fatto che, attraverso l’adozione di una Costituzione, il potere assoluto del monarca risultava limitato. In Tunisia, già nel 1857 Muhammad Bey, aveva promulgato il “Patto Fondamentale”, suddiviso in 11 articoli con un preambolo ed una conclusione. Tre sono le idee fondamentali che ritroviamo in questa “Carta”: Libertà, Sicurezza ed Eguaglianza. Sono previste due tipi di libertà: da un lato, la religiosa garantita soprattutto alla comunità ebraica, e nell’altro la libertà civile che prevedeva la possibilità di commercio, di lavoro e proprietà degli stranieri di qualunque razza e religione. Questi principi considerati innovativi in quanto il potere assoluto del Bey si sottometteva ad un testo di legge scritta e non più solo alla Shari’à. avvieranno la Tunisia verso la monarchia costituzionale [14] . L’istituzione di un Consiglio supremo a cui competeva il potere esecutivo e l’istituzione di diversi tipi di tribunali per il potere giudiziario porteranno ad una limitazione del potere del Bey. Khayr ed-Dhin sosteneva la contrarietà verso il dispotismo, che egli definiva come la causa della rovina degli stati. Egli, tramite un’analisi storica della società europea dei secoli precedenti, ovvero l’epoca in cui i “sovrani regnavano in modo assoluto”, individuava la causa della degenerazione degli Stati musulmani nel dispotismo, fonte principale di regressione. Al di là della sua effettiva applicazione, il “Patto Fondamentale” del 1857 è importante in quanto ispirerà i movimenti ideologici che formeranno le future generazioni di tunisini. Ne consegue che la Costituzione non viene considerata, per il ministro riformatore, in antitesi alla legge religiosa, anzi la completa adattandosi alle esigenze dell’epoca. Egli a sostegno della sua tesi riprende da Ibn Haldūn, la distinzione tra legge razionale e quella religiosa e ricorda l’appoggio ricevuto al suo progetto di alcuni illustri ‘ulama, quali lo sceicco Sidi Ibrahim al Riyahi, Muftì malechita in Tunisia e lo sceicco el Islam Aref Bey, Muftì d’Istanbul. E’ di grande importanza, secondo Khayr ed-Dhin che gli ‘ulama e gli uomini di Stato lavorino congiuntamente per garantire il progresso morale dei singoli e il miglioramento delle loro condizioni materiali, evitando di preoccuparsi di eventuali critiche mosse loro da oppositori che scorgevano l’inapplicabilità di istituzioni politiche ed amministrative alla nazione islamica. Egli riuscirà attraverso le sue proposte ad avviare una notevole trasformazione nel proprio paese, ma in seguito, l’opposizione degli ambienti conservatori, si aggraveranno inducendolo a ritirarsi dalla vita politica.

 


Il ruolo centralista del Collegio Sadiki


L’arrivo al potere di Khayr ed-Dhin, favorisce inoltre l’applicazione di una nuova politica scolastica, che vedrà innanzitutto una riforma dell’insegnamento della Zaytūna [15] ed in seguito la creazione di un nuovo insegnamento parallelo con l’istituzione del Collegio Sadiki, da dove uscirà la nuova classe dirigente. Lo scopo prefisso, con il collegio Sadiki, era quello di vivificare la cultura nazionale, nell’interesse della popolazione promuovendo un’articolazione del sistema scolastico in tre sezioni. Nelle prime due, vi erano materie che investivano il campo religioso e quello giuridico [16] , mentre nella terza, s’introduceva l’insegnamento delle lingue straniere, quali il turco, il francese o l’italiano e delle scienze esatte, ovvero l’algebra, l’aritmetica, la tecnologia, le scienze naturali e l’agricoltura. Ed è proprio questa la sezione che ha rappresentato l’apporto originale alla struttura dell’insegnamento. La durata degli studi del Collegio era complessivamente di sette anni. Con l’istituzione del protettorato, il Collegio Sadiki costituisce per i francesi il luogo ideale per il reclutamento dei quadri intermedi della nuova amministrazione. Il primo gruppo dei “sadikiani” aveva vissuto il periodo precoloniale e si era impregnato dello spirito innovatore difeso dagli stessi fondatori del Collegio. Questa prima generazione, che fin dalle sue origini, prende contatto con le amministrazioni e le istituzioni politiche del protettorato francese reclamerà l’uguaglianza di trattamento tra gli autoctoni e gli europei francesi. Una nuova élite intellettuale, che in seguito verrà considerata dalle autorità coloniali, come la più modernista e la più vicina alla mentalità occidentale dal punto di vista intellettuale, nonché la più abile a reagire favorevolmente ai cosiddetti progetti civilizzatori della nazione protettrice. Uscirà da questo collegio una classe dirigente, che si porrà in qualità d’intermediaria tra l’amministrazione centrale ed il popolo, in grado in primis di non perdere i contatti con la realtà quotidiana e le esigenze della propria comunità, e in secondo luogo idonea nel far apportare notevoli cambiamenti nelle strutture sociali durante il periodo coloniale. L’élite politica, nonostante i notevoli ostacoli che l’autorità centrale del Protettorato andrà in seguito a porre, a causa della legittima aspirazione da parte dei sadikiens ad occupare i posti per i quali si erano preparati, riuscirà ad essere comunque l’elemento dinamico durante il periodo della lotta per l’indipendenza [17] . Gli intellettuali forniranno alla “Tunisia quasi indipendente”, ciò che Khérédine voleva dare alla “Tunisia precoloniale”. L’epoca bourgibista: Nella Tunisia indipendente come abbiamo già accennato i sostanziali cambiamenti apportati da Bourguiba nel campo dell’istruzione, rivelano un processo di modernizzazione del paese, che era già cominciato col riformismo di Khérédine. Ricordiamo, che sotto il Protettorato si è assistito ad una  sorta di “francesizzazione” dell’istruzione e Bourguiba si è trovato di fronte ad un problema estremamente complesso, in quanto egli considerava l’educazione nazionale fondamentale per lo sviluppo del paese [18] . La conseguente arabizzazione, che avviene in modo graduale, risulta per il nuovo Presidente tunisino, necessaria, in quanto l’arabo ritorna ad essere la lingua della cultura e della formazione, pur non entrando in conflitto con le civiltà straniere. Un altro campo in cui Bourguiba ha apportato notevoli cambiamenti riguarda l’ ambito del diritto privato, attraverso la promulgazione del Codice di Statuto personale. Codice che sancisce l’abolizione della poligamia, la soppressione della pratica del ripudio, la fissazione dell’età minima per il matrimonio e l’introduzione del libero consenso tra le parti [19] . L’orientamento progressista e laico di Bourguiba, lo porterà ad introdurre riforme costruttive anche nel campo del lavoro e della legislazione sociale [20] . La sua forte concretezza,  gli fece dunque sposare la causa del modernismo, senza però essere un assimilato della cultura occidentale e riuscendo a porsi a cavallo tra l’Oriente e l’Occidente. Non vi è dubbio che le forti caratteristiche di laicità che contraddistinsero Bourguiba, fecero di lui un’alta personalità che riuscì a riflettersi non solo all’interno della Tunisia, ma si ripercosse anche in altri paesi sia del mondo occidentale che non.

L’islamismo nella Tunisia contemporanea:


L’islamismo [21] , argomento sempre più attuale, si pone sul piano globale come radicale alternativa di sistema [22] . Gran parte dei paesi arabi, sono stati investiti, da questo fenomeno che si differenzia in due correnti principali, quella radicale e quella neotradizionalista [23] . In Tunisia, l’irruzione islamista fece la sua comparsa negli anni ottanta, forte di una recessione economica che stava investendo il paese. Il notevole timore che Bourguiba riscontrava in questo movimento era la reale distruzione della politica razionalista che egli stesso aveva perseguito per più di trent’anni. Ghannushi, residente oggi in Gran Bretagna, è stato il leader del movimento di Tendenza Islamica, divenuto in seguito il partito “an -Nadha”, denunciava il processo di secolarizzazione nell’Islam tunisino. Secolarizzazione, che a suo avviso, trovava il suo fautore in Bourguiba, definito come l’uomo senza fede. Dal canto suo, il Presidente tunisino, denunciando l’anacronismo, e le contraddizioni che tale movimento svolgeva nell’Islam tunisino, risolse la questione, interrompendo la marcia di Ghannushi all’avvicinamento dello scenario politico ufficiale. Lo slogan degli islamisti “Il corano è la nostra Costituzione”, con il conseguente rifiuto di quattordici secoli di storia, e l’affermazione della potenza dell’uomo, vista esclusivamente in funzione riflessa di Allah, non risulta essere iscritta in una Tunisia, che affonda le sue radici nel pensiero di Ibn Haldūn. Tutto ciò conduce ad affermare che la perennità di questa religione dipende dal suo adattamento agli spazi e ai tempi. E’ a quello che invita l’Islam con l’Ijtihad (sforzo di adattamento), vero strumento di evoluzione del pensiero islamico. Ed è ciò che da parte della società tunisina è stato opposto a tutti i nostalgici di un passato glorioso ma ormai superato, a tutti coloro che non hanno una conoscenza approfondita dell’Islam e a tutti coloro che cercano nell’Islam, il supporto alle loro ambizioni politiche.  

Conclusioni


In Tunisia la commistione tra Islam e modernità, rappresenta un esempio di sintesi tra due sfere da sempre considerate in antitesi. Tramite la nostra ricerca, si è tentato, attraverso un approccio di carattere storico e sociale di fornire al lettore l’esplicazione della specificità tunisina in tal senso, in quanto un’unione di questo tipo, è dominio esclusivo del paese nordafricano rispetto al resto del mondo arabo. Risulta inequivocabile che l’origine antica del contatto con le culture altre, abbia indubbiamente influito sul processo di modernizzazione del paese poiché ha provocato all’interno del paese una vivacità culturale tale da riuscire a creare terreno fertile per una Tunisia laica. Inoltre vi è anche il vasto contributo da parte del grande osservatore delle società arabe, Ibn Haldūn, che nella descrizione di una reale esistenza di un doppio modello culturale: umma e ‘asabiyya, fissa le fondamenta per i cosiddetti movimenti di risveglio qualche secolo dopo. La stessa opera di rinnovamento culturale ed istituzionale posta dal ministro riformatore Khayr ed-Dhin nel corso del XIX secolo ha attecchito grazie alla formula transculturale in un contesto già predisposto culturalmente. In seguito con l’avvento del pragmatico Bourguiba, risulta evidente l’appoggio da parte della società civile sulle riforme di carattere rivoluzionario apportate dal leader neodestouriano. La “rottura” evidente che egli compie nel corso della sua esistenza politica con la sfera religiosa, viene accettata dalla società stessa. L’antagonista di Bourguiba, nell’ultima fase del Protettorato, Salah Ben Youssef, aveva tentato la proposta di un riflusso alla tradizione religiosa, attraverso la formula dell’ideale panislamico. Ma questo, non avrebbe mai potuto funzionare in un paese, in cui la modernità risulta essere iscritta nel DNA di una civiltà. Non vi è dubbio, che in alcune parti del paese, S.Ben Youssef, abbia avuto un discreto seguito, ma ciò può essere dovuto al fatto che in tali zone probabilmente il contatto interculturale non è stato così forte. Quindi, la laicizzazione dell’alto è riuscita a radicarsi nel paese grazie ad una predisposizione della società stessa, senza dimenticare il rispetto per la tradizione islamica, che è comunque la religione di Stato. Da un punto di vista socio-culturale, lo stesso insegnamento dell’Islam non ha potuto ignorare le grandi correnti intellettuali che hanno operato nel corso dei secoli nel paese. Difatti è stato attuato un insegnamento moderno dell’Islam, che si è adattato alle esigenze della nostra era, senza avere la pretesa di ristabilire la società islamica dell’epoca del Profeta. Dunque i movimenti fondamentalisti, non sono riusciti ad attecchire in modo così forte, rispetto al resto del modo arabo, poiché in Tunisia, dalla scuola primaria all’Università, l’insegnamento si basa su una visione illuminata dell’Islam. L’Islamismo, che è l’esito obbligato del vuoto enorme lasciato dal duplice crollo delle strutture tradizionali e dei modelli importati dall’occidente [24] , non appartiene alla Tunisia, nonostante negli anni 1980 si sia assistito a qualche fermento di carattere movimentista. Difatti nell’ultimo periodo sotto la presidenza di Bourguiba, sono stati molti i problemi di carattere economico che hanno investito il paese. La disoccupazione crescente poteva essere un terreno fertile di “ritradizionalizzazione per eccesso di modernità” [25] , ma ciò non è accaduto, grazie al consolidamento di valori quali la tolleranza e l’accettazione dell’Altro. La stessa sostituzione al potere di Bourguiba da parte dell’attuale presidente Zine Al Abidine Ben‘Ali, è avvenuta in modo totalmente diverso, rispetto alla molteplicità del mondo arabo. Non si è assistito ad un allontanamento violento del leader uscente, bensì la sostituzione è avvenuta per vie “quasi costituzionali” [26] . Dal 1987, questo nuovo regime sta tentando attraverso l’imitazione dei modelli occidentali di portare il paese verso un forte sviluppo economico, tramite una politica di carattere liberista. E’ ancora troppo presto, a nostro avviso, definire se il percorso politico del nuovo Presidente, potrà lasciare un segno indelebile nella società tunisina. Sicuramente, egli contrappone all’alternativa tradizionalista, la modernità secondo le scelte operate dai suoi predecessori.

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[1] “ Nel 1087, le flotte di Pisa, Amalfi, Genova e Gaeta raccolte in lega da Vittore III, Papa, movevano contro Mehdia...e tra la pace conchiusa qualche tempo dopo, fù appunto la libertà di commercio e di navigazione per i confederati” cit. U.Moreno, Brevi cenni sulle antiche relazioni commerciali degli Stati Italiani con Tunisi,in “Bollettino Ufficiale della Camera di Commercio ed Arti in Tunisi”, N°13, Settembre – Ottobre 1901, ed. Finzi 1901, pg. 18

[2] Lewis B., Le langage politique de l’Islam, Chicago, ed.Gallimard, 1988.

[3] Pace E., op. cit., pg.42.

[4] Possiamo tranquillamente sostenere che nell’arabo classico non appaiono coppie di parole capaci di definire il binomio Spiritualità-Temporalità.

[5] I quattro Califfi Ben Guidati furono: Abu Bākr (632-634), riconosciuto come il veridico, il legittimo successore del Profeta oltreché il suo più fedele compagno ed il più efficace promotore della religione di Muhammad, ‘Omar (634-644), l’uomo giusto, sotto di cui le conquiste di Egitto e Persia creavano già un grande impero, ‘Uthman(644-656), colui che rappresenta la preghiera che sarà ucciso, al quale succedette ‘Ali (656-661), cugino del profeta, sposo di Fatima, la figlia di Muhammad. Tra il 659 ed il 661 vi fu il conflitto per la successione califfale tra ‘Ali e Mu’awiya. Nel 661,‘Ali fu ucciso.

[6] Pace E., op. cit., pg.47.

[7] Ricordiamo che negli ottomani rientravano i turcomanni nomadi <Yuruk>, la cui organizzazione tribale perdurava da secoli. Essi erano intrisi di un Islam mescolato ad uno sciamanismo atavico.

[8] Choueiri Y., Il fondamentalismo islamico, Bo, Il mulino, 1993.

[9] Si tratta della prima forma di ripresa, della cultura religiosa islamica. Difatti viene anche chiamato movimento di rinascita o Nahda. Si sviluppò verso la fine del 1700, nelle aree periferiche del mondo islamico. Tale movimento si fondava sul ritorno alla tradizione col tentativo di mettere fine al periodo di decadenza.

[10] I Giovani Ottomani, getteranno le fondamenta per il movimento dei Giovani Turchi, con Kemal Atatürk (1923), un secolo più tardi.

[11] Pace E., op.cit., pg.49.

[12] Kayr ed-Dhin Pacha al-Tunisi, Essai sur les réformes nécessaires aux Etats musulmans, 1868, in R. Kefi, “La Maison Tunisie: Essai de géo-politique”, Tunis, ed. Cérès, 1994, pg.108-109.

[13] Ibidem.

[14] Con l’ascesa al potere di Muhammad es-Sadok Bey, nel 1861, verrà promulgata la Costituzione.

[15] Saranno introdotti nuovi insegnamenti obbligatori, quali la letteratura, la storia, la scrittura, l’aritmetica, la logica e l’astronomia, pur mantenendo gli studi islamici. Inoltre vi sarà una sostanziale modifica all’organizzazione dell’insegnamento che vedrà l’istituzione di tre cicli: primario, secondario e superiore.

[16] La prima sezione comprendeva un ciclo di quattro anni, in cui lo studente apprende la scrittura, la lettura e progressivamente studia il Corano. Successivamente dopo lo studio delle Hadit e la memorizzazione del Corano, lo studente al termine dei quattro anni, sceglierà tra le altre due sezioni.  Con la seconda sezione che comprende un ciclo di studi di cinque anni, in cui continua l’approfondimento religioso, lo scolaro, una volta terminata avrà tre possibilità: proseguire i suoi studi charaiques alla Grande Moschea o passare alla terza sezione, o studiare simultaneamente alla Grande Moschea e alla terza sezione.

[17] La stessa élite politica aiuterà i movimenti indipendentisti, che andranno a crearsi nel corso del Protettorato Francese.

[18] Democratizzare, decolonizzare e arabizzare: i tre obbiettivi che si prefigge Bourguiba per riformare il campo scolastico.

[19] Il testo  susciterà l’opposizione degli Imam e dei saggi della Zaytūna, ma il processo riformista iniziato da Bourguiba non si fermerà.

[20] Ricordiamo l’emanazione di di leggi e regolamenti in materia di previdenza e di diritti dei lavoratori con la collaborazione dell’U.G.T.T., il sindacato tunisino.

[21] Utilizzeremo l’ espressione islamismo, nell’indicare quei movimenti politici musulmani di ispirazione religiosa e non il termine  fondamentalismo, in quanto quest’ultima definizione si riferisce a quei processi socioreligiosi sviluppatesi in area protestante.

[22] Guolo R., Il Partito di Dio, Mi, Guerini e Associati, 1994

[23] ibidem, pg 22

[24] Guolo R., Il partito di Dio,ed. Guerini e associati, Mi, 1994

[25] Ibidem, pg.45.

[26] Bourguiba è stato destituito dalla carica di presidente della Repubblica tunisina, il 7 novembre 1987 per motivi di salute.

 



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