ROMA (18 settembre) - «Nessuna sorpresa che il ritmo di crescita degli alunni stranieri nella scuola stia rallentando. Ci avevano avvertito mediatori culturali, associazioni, famiglie, prima ancora che i dati uscissero fuori».
Vinicio Ongini, è forse il maggior esperto di integrazione scolastica. Ha “inventato” le biblioteche multiculturali nelle scuole, e scritto numerosi libri. In uscita a ottobre, per Vallardi, è Una classe a colori, manuale per l’integrazione e l’accoglienza degli studenti stranieri.
Cosa si fa per integrarli?
«Tante cose di cui non si parla. Semisconosciuto, ad esempio, è il piano nazionale per l’insegnamento dell’italiano L2, concepito dal precedente governo e finanziato con 6 milioni dall’attuale, pensato per venire incontro agli studenti di più recente immigrazione. Peccato che queste notizie non finiscano mai sui giornali».
Da quando è operativo?
«Da marzo-aprile di quest’anno. Sono stati approvati più di 1000 progetti, che coinvolgono oltre 3 mila insegnanti. In 400 casi sono intervenuti con risorse aggiuntive anche gli enti locali e in 100 sono previsti campi estivi e campi scuola. Il piano viene attuato sia con corsi prima dell’avvio dell’anno scolastico che durante il normale orario e soprattutto nel doposcuola».
Cosa pensa del tetto del 30% degli alunni stranieri in classe, annunciato dal ministro Gelmini?
«Per un corretto approccio al problema, distinguiamo il segmento dei bambini nati e vissuti in Italia, che parlano l’italiano e persino il dialetto, da quelli di più recente immigrazione. I primi sono oltre un terzo, il 35 per cento esattamente, ma il 70 per cento dei bambini stranieri nella scuola dell’infanzia e il 45 per cento nelle elementari. Se la preoccupazione è di non danneggiare l’apprendimento degli altri, non viene certo da qui».
E il segmento critico?
«Quello degli studenti di più recente immigrazione, che non hanno imparato l’italiano a scuola. Sono il 20 per cento del totale, e per loro c’è, ad esempio, il piano L2. In altri paesi, come la Francia, il primo segmento assume agevolmente la cittadinanza del posto: ecco perché Oltralpe si calcola che solo il 3,5 per cento degli alunni siano stranieri, mentre da noi siamo al doppio».
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