LETTERA APERTA ALLE COMUNITÀ CRISTIANE E AI VESCOVI ITALIANI
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APPELLO AI VESCOVI PER LA CHIESA ITALIANA


LETTERA APERTA ALLE COMUNITÀ CRISTIANE E AI VESCOVI ITALIANI


SOMMARIO GENERALE:


PREMESSA
A. L’ANTEFATTO
B. OGGI: LA COSCIENZA CREDENTE
C. NODI CRUCIALI:

a) Pace e guerra
b) Opzione preferenziale per i poveri
c) Legalità e illegalità: una discriminante
d) Il nuovo processo: dalla fede alla religione civile

D. CONCLUSIONE APERTA: TEMPO DI CONFRONTO


 


PREMESSA


1. Si sta soffrendo ed emerge un forte disagio in aree rilevanti della Chiesa italiana. Esso coinvolge settori diversi, da quelli impegnati a favore della pace e nel dialogo tra le culture, a quelli che quotidianamente cercano di porsi accanto alle persone emarginate per condividerne il cammino verso l’inclusione e la cittadinanza; da quelli che con maggiore forza cercano di dare seguito alla spinta riformatrice del Concilio Vaticano II, a quelli che, spesso a partire dall’attività missionaria, si sforzano di guardare il mondo dal punto di vista dei poveri di tutti i Sud; da quelli che, richiamandosi alla tradizione del cattolicesimo democratico, mantengono come riferimento alto i valori della Costituzione e si sforzano di rinnovare il significato della laicità alla luce di una società pluralista, a quelli che si spendono nel dialogo ecumenico e con le altre fedi. Si tratta di coloro che con maggiore forza si sentono interpellati dalle questioni della pace, della giustizia e della salvaguardia del creato, percepiti non solo come problemi cruciali dell’umanità, ma anche come pro-vocazione di Dio sul nostro modo di esprimere la fede.

2. Il motivo del disagio sta nel fatto che l’impegno di singoli credenti, gruppi, comunità, associazioni e movimenti rimane inadeguato e necessita di un discernimento ecclesiale sulla fedeltà al Vangelo assieme a chi è preposto al servizio della comunione e dell’unità della Chiesa italiana.


A. L’ANTEFATTO

3. Il disagio viene espresso. In occasione dell’Assemblea generale della CEI nel maggio 2004 alla Conferenza episcopale e ai singoli vescovi italiani è stata fatta pervenire una lettera firmata da circa 300 persone, in cui si chiedeva di rompere il silenzio e aprire un confronto ecclesiale su alcuni temi particolarmente sensibili: pace, guerra in Iraq, degrado istituzionale, distruzione dello stato sociale, legge Bossi-Fini, problemi mondiali. A questa iniziativa da parte della CEI non venne nessuna risposta, nemmeno di cortesia.

4. Dopo l’orrore di Falluja è stato inviato un appello pressante e accorato per un pronunciamento che interrompesse il “tacere”. L’appello riceve 1499 adesioni tra laici, religiosi e preti. Anche in questa occasione da parte della CEI arriva solo “tacere”…

5. L’incontro di un gruppo di firmatari degli appelli a Rimini tra il 27 e 28 dicembre 2004 costituisce un primo momento di confronto, un momento intenso e propositivo, di conoscenza e di verifica, aperto anche ad altre iniziative. Si decide di partire da un documento di collegamento per arrivare in seguito a contattare singoli vescovi e per approdare a un seminario di approfondimento, che potrebbe concludersi anche con un evento comunitario e gioioso in Arena di Verona, come già in passato per altri momenti significativi. 


 B. OGGI: LA COSCIENZA CREDENTE

6. Credi anche tu che la Chiesa è la comunità di coloro che seguono Gesù, il Vivente? Credi anche tu che il battesimo conferisce ad ognuno il mandato di testimoniare che Dio ama ogni persona, è incarnato in ogni persona, si rivela in ogni persona?
Come i primi cristiani di fronte all’impero romano anche noi siamo di fronte a tutta la storia, ciascuno assieme agli altri responsabile di tutto, perché il Signore si affida interamente alla libertà di ciascuno.
Gli avvenimenti tumultuosi, la povertà e la fame combinate con tutte le forme di violenza, il malessere del pianeta stesso non mettono in evidenza solo l’inadeguatezza delle nostre risposte, ma costituiscono anche le grandi domande di Dio sul nostro annuncio della salvezza, sul modo con cui, per la nostra fede in Gesù, rispondiamo alla storia.

7. Oggi siamo tutti interpellati come Chiesa a verificare il nostro camminare insieme nella fedeltà al Vangelo. Sentiamo urgente sanare la frattura che si è prodotta nella Chiesa a partire dal periodo costantiniano. Il Vangelo rimane punto di riferimento e sorgente non solo per le scelte individuali e familiari, ma anche per quelle politiche, economiche, sociali e culturali. Tutte le scelte ci appartengono e tutte le scelte fatte in nome del Vangelo hanno bisogno di responsabilità condivisa.
In molti modi, da più parti e in più circostanze abbiamo chiesto anche ai nostri vescovi, come Conferenza episcopale, di uscire dal silenzio strutturale in cui si sono chiusi per confrontarci e verificare insieme alcune scelte di grande importanza per la fedeltà al Vangelo e all’umanità.
Consapevoli di dover rendere ragione del motivo della nostra speranza (cf 1Pt 3,15) davanti al mondo e alla nostra stessa coscienza, con il presente documento vogliamo continuare a bussare finché non ci sarà aperto (Lc 11,9), proseguendo il cammino con fiducia, nella consapevolezza che come sorelle e fratelli abbiamo bisogno gli uni degli altri.


C. NODI CRUCIALI

Con semplicità esponiamo alcuni punti, dove sentiamo che è fortemente messo in discussione il nostro riferimento al Vangelo.

a) Pace e Guerra

8. La pace è il primo frutto del Risorto alla sua comunità (Gv 14,27), sviluppo semplice e coerente della scelta di nonviolenza che ha caratterizzato tutta la vita di Gesù, anche di fronte alla morte violenta, la morte di croce (Gv 18,11). Le prime comunità cristiane sull’esempio del loro Signore e Maestro hanno avuto un comportamento altrettanto semplice e lineare di fronte all’impero romano.
Perchè nella Chiesa accettiamo, ci rassegniamo alla confusione delle lingue riguardo alla pace? Ormai passa tutto e il contrario di tutto. Ha scritto il papa: “Il male ha sempre un volto e un nome; il volto e nome di uomini e di donne che liberamente lo scelgono”. E ancora: ”Per conseguire il bene della pace bisogna, con lucida consapevolezza, affermare che la violenza è un male inaccettabile e che mai risolve i problemi”. Perchè non abbiamo il coraggio in nome di Cristo di dire no alla guerra sempre, dovunque e comunque perchè la guerra è sempre violenza? Se, sempre come scrive il papa, “la violenza è menzogna”, perchè non diciamo che solo nella nonviolenza facciamo verità? Si ha ancora paura di pronunciare questa parola. Le armi sono sempre state, anche oggi, lo strumento della pace imperiale, quella dei crocefissori e non della pace cristiana, quella del Crocefisso. Perchè, come diceva don Tonino Bello, non denunciamo come la più grande eresia trinitaria del nostro tempo tutto il sistema armato, che serve a perpetuare l’ingiustizia mondiale di privilegio per noi e di fame per gli altri, responsabile delle guerre e della sottrazione di fatto dei diritti fondamentali dei due terzi dell’umanità?

9. Anche i simboli sono eloquenti. Benedire la nave da guerra Cavour preparata per uccidere “scientificamente e professionalmente” nello stesso momento in cui vengono respinti dai porti del Mediterraneo i disperati della Cap Anamur; definire eroi della patria i soldati uccisi a Nassyria in contesto di guerra dichiarata in una patria altrui; dare pubblicità alle cresime sul campo militare di Nassyria, predisporre un calendario “militare” per le Pontificie Opere Missionarie, additare all’interno di un rigido funerale di stato, come “costruttore di pace” uno che ha il compito anche di uccidere non sono segni dei tempi all’incontrario? Chi osa immaginare Gesù di Nazareth con un mitra in mano in versione di pace? O immaginare così un suo discepolo, dopo l’ordine ricevuto di rimettere la spada nel fodero anche se per legittima difesa?
Si avalla invece come missione di pace un’occupazione militare seguita alla guerra preventiva, che lo stesso papa Giovanni Paolo II ha definito immorale, al di fuori di ogni diritto nazionale e internazionale. Tacere sull’orrore di Falluja, dove soldati cristiani occidentali hanno fatto scempio di vite umane usando anche armi proibite e profanato cultura e religione, non è forse complicità morale e materiale? Nessun bene ha trovato spazio nel silenzio sul male. Credere è dare vita alla Parola nella nostra vita.

10. Il cristiano donna e uomo per tutte le stagioni? Non bisognava forse invitare tutti coloro che protestano di essere credenti a disertare l’esercito e ogni forma di collaborazione con una struttura di peccato come la guerra e la guerra preventiva? Perché nel concreto non una parola affinché tutte le risorse di intelligenza, tecnologia e di mezzi economici non vengano sprecate per la produzione e il commercio delle armi e per il mantenimento del sistema di guerra, ma vengano invece trasferite ad alimentare e sostenere i diritti primari dell’umanità a servizio della vita e della pace? Come possiamo annunciare il perdono e l’amore al nemico se non ci opponiamo alle scelte dei governi più potenti, molti dei quali ci tengono ad autodefinirsi cristiani? La pretesa esportazione della democrazia, della libertà e della pace, in mezzo a tanta violenza, sono menzogne coperte anche dal nostro silenzio.

11. Come Chiesa italiana abbiamo sofferto per le evidenti e manifeste differenze di posizioni tra il Papa e la Conferenza episcopale italiana. La grande mobilitazione mondiale per la pace che ha coinvolto tutte le confessioni cristiane non ha trovato un riscontro adeguato in un’assunzione di responsabilità da parte dei nostri vescovi.
P. Ernesto Balducci profeticamente scriveva negli anni ’80: “Penso che un di più di coscienza morale oggi è un di più di ragioni di disperazione, che l’ottusità morale è una garanzia di tranquillità, la stupidità morale crea un benessere. Chi ha la coscienza acuta non riesce più a tollerare un mondo dove i valori sono diventati soltanto crisalidi verbali a cui niente corrisponde. Si dice pace e si fa guerra; si dice giustizia e si fa ingiustizia; si dice libertà e si tessono le reti delle schiavitù di nuovo tipo che per essere nuove spesso sembrano inesistenti ma sono più profonde; si esaltano i valori della cultura, del pensiero, della libertà del confronto e noi vediamo come i mezzi di comunicazione scendono ad un mercimonio volgare dove si comprano e si vendono gli uomini e le donne per pura ragione di mercato”.
Per noi credenti tutto ciò è la nostra bestemmia pronunciata sul Crocifisso che ha dato e insegnato a dare la vita senza riserve. Scegliere il bene per vincere il male vuol dire scegliere positivamente la pace con la nonviolenza attiva.

b) Opzione preferenziale per i poveri
Gesù ne ha fatto questione di Vangelo, il cuore del Vangelo. La scelta prioritaria dei poveri non ha solo valenza morale ma è prima di tutto scelta di fede: il modo con cui Dio si incarna e si rivela in Gesù, la prima “felicità” del Vangelo (Mt 5,3) e il discrimine per accedere al regno di Dio o per restarne esclusi (Mt 25, 31-46). I “crocefissi” sono un “luogo teologico” decisivo. Per noi quindi i poveri, i deboli, i piccoli, i superflui dovrebbero essere il punto di vista da cui guardare il mondo e giudicare la storia. Oggi ci pare che questa attenzione passi nel nostro Paese prima di tutto per due questioni: l’accoglienza agli immigrati e il futuro dello stato sociale.

12. Gli immigrati sono la denuncia fatta carne dell’ingiustizia mondiale che arriva in casa nostra, ma anche la verifica della nostra conversione concreta al Vangelo. Siamo cattolici, cioè universali, se siamo capaci di celebrare “la convivialità delle differenze”. Oggi la legislazione vigente in Italia li considera esclusivamente forza lavoro e non soggetti di diritto. Molti di loro sono costretti a rimanere clandestini per legge, con grave danno alle regole della convivenza sociale (lavoro nero, totale precarietà di vita, ecc.). Alcuni di loro vengono reclusi in strutture dove vige la sospensione del diritto. Molti vengono respinti come merce indesiderata senza alcun riconoscimento della persona e senza verifica della loro situazione, spesso esposti a morte certa. La situazione è veramente grave. La CEI ha sentito la necessità di sussurrare timide critiche alla legge attuale. Dovremmo invece, non solo denunciarne l’iniquità intrinseca, ma anche fare obiezione di coscienza, accogliendo gli immigrati come fratelli, in modo che possano godere del riconoscimento di tutti i loro diritti e non abbiano a soffrire per la paura e il pregiudizio di cui molto spesso sono fatti oggetto da un’informazione distorta e manipolata.

13. La demolizione dello stato sociale. Veniamo da una stagione in cui lo Stato era il perno della responsabilità istituzionale per l’attuazione e la tutela dei diritti dei cittadini, in particolare dei più deboli. Oggi la combinazione tra il cosiddetto federalismo, tagli alla spesa pubblica e processi di privatizzazione sta producendo lo smantellamento dello stato sociale. Si va verso la deresponsabilizzazione istituzionale; “più mercato meno stato” si dice. La soddisfazione dei bisogni essenziali e la realizzazione dei diritti di cittadinanza vengono lasciati al mercato. La stessa sussidiarietà non è più in funzione e in vista dell’affermazione del diritto, ma per ritagliarsi una fetta di mercato; sussidiarietà ridotta ad assistenza. Tutto diventa impresa; anche il volontariato viene espresso da progetti che dipendono dalla disponibilità finanziaria. La solidarietà si trasforma in capacità di impresa sociale. La Chiesa si può inserire come grande agenzia capace di assistenza. Siamo preoccupati per l’abbattimento dei diritti nella sanità, nella scuola, nel lavoro. A fare le spese di questo modello neoliberista che tutto subordina alla competitività e al profitto sono per primi i poveri e i soggetti più deboli, come dimostrano, per esempio, l’esclusione di portatori di handicap e di figli di immigrati dalla valutazione di merito nell’impresa scuola o la drastica diminuzione degli stanziamenti per l’assistenza sanitaria nelle carceri.

14. E’ nato un nuovo collateralismo. Negli ultimi anni la CEI non ha mai aiutato a discernere sui principali interventi in materia economica, sociale e del lavoro dell’attuale Governo: dal tentativo di abolire l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori per consentire i licenziamenti senza giusta causa, ai provvedimenti di privatizzazione del sistema sanitario per favorire le cliniche private; dal varo di una finta riforma scolastica che persegue l’aziendalizzazione e la privatizzazione della scuola, all’approvazione della Legge 30 (Legge Biagi) che già sta dando frutti amari per la frammentazione e precarizzazione del lavoro; dagli interventi che riducono le pensioni, alla riforma fiscale che abbatte la progressività del sistema tributario per ottemperare al principio di solidarietà, previsto dalla Carta costituzionale.

15. A quale prezzo? È difficile sottrarsi al dubbio che tale appoggio abbia come contropartita il varo di normative e l’erogazione di finanziamenti da parte del Governo su materie che stanno a cuore alla CEI (stanziamenti a favore della scuola confessionale, erogazione di fondi agli oratori, posizione di privilegio garantita agli insegnanti di religione cattolica, procreazione assistita, ecc.). Il raggiungimento di singoli scopi non può confondersi con il perseguimento dello scopo generale che è il cuore della dottrina sociale della Chiesa, ribadito anche nel nuovo Compendio della dottrina sociale della Chiesa: il bene comune.

c) Legalità e illegalità: una discriminante

16. Da tempo in Italia stiamo assistendo a uno scontro istituzionale che mina nei fatti gli equilibri tra i poteri dello Stato, stravolge il patto costituzionale e porta a concepire la politica come strumento degli interessi della maggioranza di governo, a difesa di interessi personali o di gruppi particolari e non del bene comune dei cittadini.
E questo attraverso:
- la delegittimazione della divisione dei poteri su cui si regge l’equilibrio dello Stato, in particolare l’attacco sistematico all’indipendenza della magistratura;
- la modifica della Costituzione che vede svuotate la funzione del Parlamento e l’autonomia della magistratura;
- l’emanazione di leggi a difesa di privilegi e interessi di parte, a volte addirittura ad personam;
- il decadimento generale della legalità (ricorso sistematico ai condoni, all’evasione fiscale, agli abusi edilizi, al lavoro nero, ecc.) e della correttezza della dialettica politica che allontanano dalla partecipazione democratica i cittadini, in particolare i più giovani;
- il monopolio dell’informazione che porta a una distorsione totale riguardo alla proprietà dei mezzi di informazione, ai contenuti e alla qualità dell’informazione così importanti per la democrazia stessa.

17. “Educare alla legalità”. Quel documento della CEI aveva suscitato grande speranza per la prospettiva profetica e doveva impegnare la riflessione e l’azione dell’intera Chiesa italiana per il decennio 1990-2000. Oggi ci chiediamo che ne è di quella Nota pastorale.

18. “Il rapido sviluppo”, la Lettera apostolica indirizzata ai responsabili delle comunicazioni sociali e pubblicata nel gennaio scorso, afferma: “Proprio perché influiscono sulla coscienza dei singoli, ne formano la mentalità e ne determinano la visione delle cose, ... gli strumenti della comunicazione sociale … sono un bene destinato all’intera umanità, vanno trovate forme sempre aggiornate per rendere possibile un’ampia partecipazione alla loro gestione, anche attraverso opportuni provvedimenti legislativi. Occorre fare crescere la cultura della corresponsabilità” (nn. 10-11). In altre parole è una sconfessione del monopolio e della concentrazione dei media nelle mani di singoli individui perchè costituiscono un vero attentato alla democrazia e allo stato di diritto. Sappiamo bene come, anche su questo campo, in Italia vige il regno dell’illegalità legalizzata. La stessa vita democratica è ad alto rischio.

19. Di fronte a questa situazione grave, diffusa e sempre più degenerante, dalla Conferenza episcopale è stato mantenuto un totale silenzio, auspicando genericamente il dialogo tra maggioranza e opposizione. Nei fatti le posizioni sono apparse di fiancheggiamento a un esecutivo che persegue i propri fini anche con la illegalità istituzionalizzata.
Lo stesso Avvenire sembra a molti più un giornale filogovernativo che il quotidiano dei cattolici

d) Il nuovo processo: dalla fede alla religione civile

20. Dopo l’11 settembre 2001, e in seguito alla strage dei militari italiani a Nassiryia alla fine del 2003, eminenti esponenti ecclesiastici e rinomati intellettuali neoconservatori hanno rilanciato l’identificazione tra Cristianesimo e Occidente. La proposta del cristianesimo come “religione civile”, “fattore di coesione nazionale” e fonte di “identità geopolitica” riduce lo scandalo della croce (1 Cor 1,23) a semplice simbolo della civiltà del potere imperante.
Gesù viene chiamato a fare da sponsor a politici che niente hanno a che vedere con le comunità cristiane e che si fanno paladini di scelte contro il dialogo e contro il rispetto dei diritti di persone di altre religioni e culture. Il crocefisso, il presepio, le radici cristiane divengono di volta in volta semplici strumenti di uno scontro esclusivamente politico.

21. Forte è il rischio che nell’Occidente secolarizzato e alla ricerca di un’“anima” tra rigurgiti fondamentalisti e vaghi spiritualismi new age, il cristianesimo diventi instrumentum regni, offrendosi come rito consolatorio a difesa degli egoismi delle nazioni forti e trasformando i propri simboli (il crocifisso, la liturgia, i capolavori dell’arte, ecc.) in meri distintivi culturali se non addirittura in simulacri riempiti di valori pagani. La croce non è stato un incidente o un fatto isolato, ma la conclusione politica delle scelte operate da Gesù nei confronti della classe sacerdotale, dei teologi (gli scribi), dei paladini della legge (i farisei), dei sacrifici, del tempio e del sabato. Gesù ha proclamato il regno di Dio dentro al controllo ferreo dell’impero romano, ha svelato l’insignificanza del potere chiamando volpe Erode. É stato mandato in croce perchè bestemmiatore di Dio, perchè ridicolo re dei giudei, rivoluzionario da strapazzo e perchè malfattore e impostore della società.
Di fronte a un “cristianesimo senza Vangelo” per “cattolici da statistica” e “atei devoti” è necessario recuperare il cristianesimo come esperienza di fede liberante in un Dio che rovescia i potenti dai troni e innalza i miseri (Sir 10,14; Lc 1,52) condividendo in prima persona la sorte degli oppressi per inaugurare un mondo in cui “la pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo” (Sal 118/117,22; Mc 12,10; Lc 20,17; 1Pt 2,4.7). Insieme siamo impegnati a riproporre e realizzare valori come perdono, sobrietà, accoglienza, giustizia, umiltà, nonviolenza, speranza. In altre parole, occorre un ritorno alla sorgente delle Beatitudini (Mt 5,1-7,27; Lc 6,20-38).


CONCLUSIONE APERTA: TEMPO DI CONFRONTO


Siamo coscienti di trovarci oggi in presenza di novità sconvolgenti e complesse che mettono a rischio il futuro stesso dell’umanità e del pianeta. Tutta la vita, dal micro al macro, è rimessa in questione. Sentiamo la fatica, l’incertezza e la precarietà delle scelte, ma anche le grandi attese e speranze condivise per una storia diversa.

22. Di fronte alla arroganza di chi con la potenza economica vuole mantenere il proprio posto di privilegio nella storia, a volte in nome della sua appartenenza cristiana, sentiamo urgente esperire nuove modalità di incontro e di dialogo e camminare con chi, “a qualunque popolo appartenga, pratichi la giustizia” (At 10,35), per la realizzazione dei diritti delle persone e dei popoli, della solidarietà e della pace.

23. Come Chiesa vogliamo metterci in rete a livello planetario con tutte le confessioni religiose per trovare anche strade e forme istituzionali nuove che rispondano alle urgenze della famiglia umana. Saremo in grado di farlo se con umiltà e fiducia ci apriremo al dialogo fraterno all’interno della nostra Chiesa, senza paura della democrazia, senza paura dello straniero e se usciremo dalla gestione strettamente religiosa della pastorale per aprirci ai problemi della grande famiglia umana.

24. Pertanto, alla luce delle situazioni descritte, a quanti condividono contenuti e forma del presente documento, indichiamo le seguenti proposte:
1. Firmare questo documento e farlo firmare dai propri conoscenti.
2. Divulgarlo tramite “rete”.
3. Presentarlo e commentarlo con il proprio vescovo
4. Corredato di firme, rispedirlo alla presidenza della CEI, indirizzandolo al Consiglio di Presidenza.
5. Prendere contatti con altre confessioni religiose diverse dalla cattolica per un dialogo senza riserve, guardando alla situazione mondiale, all’uso strumentale sempre più impudico della religione e al silenzio sceso sulla guerra in Iraq e sulle altre 40 guerre sparse nel mondo.
6. Ora che il Parlamento italiano ha approvato in prima lettura la devastazione della Carta costituzionale vogliamo assumere l’impegno di partecipare al referendum per abrogare la riforma proposta, come primo momento corale di società civile per la ricostruzione della Costituzione materiale e formale.


Nel nome e nella sequela del Figlio di Dio e del Figlio dell’Uomo per i credenti e nel nome della comune umanità e della coscienza libera per tutti.

Pasqua 2005


* Per inviare la tua adesione scrivi il TUO NOME e COGNOME ed eventuali tue riflessioni all'indirizzo e-mail beati@libero.it con Oggetto "COMUNITA' CRISTIANE E VESCOVI ITALIANI - adesione".

Le prime adesioni pervenuteci alle ore 12 del 20.04.05 esposte in ordine alfabetico:


Aldighieri Mario,
Baratti Fernando,
Bellavite don Andrea,
Benedetti Mirella,
Beraldin Elvio,
Beraldin Fabio,
Bettrone Marina,
Bizzotto don Albino,
Bizzotto Egidio,
Bolis Guido,
Bollettin don Federico,
Borgatello Giuseppe,
Boriosi Francesco,
Bossi p Dario,
Bozzi Stelita,
Brigo Teresa,
Busana p. Renzo,
Castagnaro Mauro,
Cattaruzza Marco,
Cestonaro Carmela,
Cocito Gabriella,
Comboniani Bari,
Contarato Marisa,
Dal Prato Luciano,
Dalla Giovanna Massimo, D'Aloia don Dino,
De Cecco Marco,
De Nadai don Alberto,
Di Piazza don Pierluigi,
Facchinetti don Piero,
Faggion Daniela,
Faggion Lucia,
Faggion Luciano Francesco, Fangi Luciano,

Farinella don Paolo,
Fasolato Cristina,
Fausto Sabrina,
Fazzini don Gianni,
Fiscon don Fernando,
Florian Diego,
Fontanot don Luigi,
Fornaciari Chiara,
Fracchiolla Mariano,
Frizza Andrea,
Gamba Francesca,
Gambin don Gianni,
Gasbarro p Claudio,
Gatto don Luigi,
Gissi Paolo,
Gottardello Franca,
Maracani Paolo,
Martini Vittorio,
Masina Ettore,
Massi Luciana,
Mileti Carlo,
Mocellin Giovanna,
Monsù Enzo,
Morganti Enrico,
Nardo Fernanda,
Nardo Flavia,
Nascimbene p Franco,
Nichele Donata,
Panozzo Mariagrazia,
Paradisi p Alessandro,
Parolini Camillo,
Pelletti Clark Lisa,
Peracchi don Adriano,
Peratoner Toni,Peyretti Enrico,
Piccinni Mariassunta,
Pirolo Elisabetta,
Polato Domenico,
Poletti p Giorgio,
Remondi don Giordano,
Resca don Salvatore,
Rigolo don Piergiorgio,
Ruccia don Antonio,
Saccavini don Franco,
Santone Carmen,
Santone Giovanni,
Sebastianelli Luisiana,
Spreafichi Valentina,
Stillavato Carmine,
Sturani Franca,
Talami Paolo,
Tarallo Maria Giovanna,
Tissino Tiziano,
Tolot don Giacomo,
Valenti Daniela,
Valpiana Valeria,
Vatta don Mario,
Vece Rosario,
Vergnetta Lorenzo,
Vila Palomino Leonor Monica,
Visintainer Maria Grazia,
Zago Laura,
Zanol Corrado

 

 
http://www.beati.org/documenti/2005/0013.htm

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