Liberazione 15 dicembre 2005
L'iraniana premio Nobel per la pace Shirin Ebadi,ospite di un convegno organizzato da Telefono rosa «Le donne sono portatrici sane della cultura patriarcale» di Laura Eduati
«Nei Paesi islamici le donne sono obbligate a portare il velo, e ne sono scontente. In Europa sono obbligate a non portare il velo, e sono scontente. Perché non lasciamo le donne libere di fare ciò che vogliono?». Shirin Ebadi è minuta ma le sue parole si fanno sentire. Ebadi è la prima donna iraniana, e musulmana, a meritare il Nobel per la pace, nel 2003.
Prima della rivoluzione di Khomeini del 1979 era una delle poche donne giudice in Iran. «Poi decisero che le donne non potevano giudicare un uomo.
Dissero che era la shar’a, la legge islamica, a prevederlo. Mi offrirono il posto da segretaria nel mio tribunale. Rifiutai. Ho preferito lottare con le donne del mio Paese. Tredici anni dopo il regime ammise che, è vero, la shar’a permette alle donne di giudicare i maschi. Abbiamo lottato e abbiamo vinto. Allora vedete che non è una questione di religione ma di cultura patriarcale?».
Ebadi non è una femminista radicale. «Mi piace paragonare la cultura patriarcale all’emofilia: le donne ne sono portatrici sane e passano la malattia ai loro figli maschi». Interviene Sophie Salamata Sedgho Sema, dell’organizzazione Voix de femmes: «Anche in Burkina Faso sono le donne le più fiere sostenitrici delle mutilazioni genitali. Da quando il parlamento, a maggioranza maschile, ha vietato l’escissione, le prigioni straboccano di donne». Sophie Salamata è un’insegnante di scienze nelle scuole superiori.
Ha deciso che nelle sue ore di lezione insegna alle alunne anche «a rispettare se stesse» e a spiegare le terribili conseguenze delle mutilazioni genitali femminili: quelle fisiche, come le emorragie, il tetano, la morte. E quelle psicologiche: difficoltà nei rapporti sessuali e nelle relazioni con gli uomini.
Grazie al divieto, le donne escisse nel suo Paese sono diminuite, dall’85% al 65%. «Oggi dobbiamo affrontare le mutilazioni eseguite nella clandestinità, su bambine che vanno dai zero ai sette anni. La difficoltà? Sta nello sconfiggere un problema che è nella testa delle persone, che pensano che una donna dai genitali integri non possa sposarsi».
Shirin Ebadi e Sophie Salamata si sono incontrate ieri ad un convegno di Telefono Rosa patrocinato dal Comune di Roma. Il titolo: “Le donne, un filo che unisce mondi e culture diverse”. Con differenze “insospettabili” tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo: l’Italia ha una rappresentanza di donne, nelle istituzioni, minore rispetto al Burkina Faso; in Iran il fenomeno dell’asportazione della clitoride non esiste, ma nei tribunali iraniani la testimonianza di un uomo pesa come quella di due donne e l’assicurazione risarcisce una cliente femmina la metà di quanto risarcisce un cliente maschio. […]
Ebadi oggi fa l’avvocato e la docente universitaria a Teheran, e sintetizza: «I diritti delle donne sono l’indice rivelatore della democrazia di un Paese». Lei, che per recarsi in Svezia e ricevere il premio Nobel ha dovuto farsi firmare un’autorizzazione dal marito, lo sa bene.
L’Iran di oggi, dice, è un Paese duro con le sue donne. «Le sue leggi discriminatorie, in contrasto con la civiltà millenaria della Persia, ammettono la poligamia maschile e il ripudio della moglie senza alcuna ragione. L’età minima per essere giudicati per un reato è 9 anni per le bambine e 15 per i ragazzi.
L’Iran è un luogo dove uccidere il proprio figlio è meno grave che uccidere un bambino qualunque». Ma l’Islam non c’entra proprio nulla con queste leggi, aggiunge. Come non c’entra con le mutilazioni genitali. «Ogni uomo prepotente è stato cresciuto da una donna. E’ la cultura patriarcale la bestia da combattere ».
Ebadi trasuda ottimismo. La sua esperienza di lotta, che come ultima vittoria annovera una legge più equa sull’affidamento dei figli alle madri iraniane, è positiva. A chi le chiede se la recente elezione del conservatore Ahmadinejad, che minaccia Israele e nega l’Olocausto, cambierà le cose, lei non ha dubbi: «Le donne iraniane non retrocederanno di un passo». Sì, ma gli attacchi a Israele? «L’Iran non lo farà. Comunque tutti i Paesi devono rispettare l’Onu». Cioè anche Israele. […]
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