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Dell’educare. 41
Il signor Arundale …
Aldo Ettore Quagliozzi
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La paginetta riportata è stata tratta, come tante altre, dallo straordinario volumetto “Ai piedi del maestro [1910]“ di J. Krishnamurti [1895-1986].
Seppur datato, lo scritto è sempre una fonte inesauribile di prescrizioni auree per tutti gli educatori di qualsiasi luogo e tempo.
In questa occasione ritorna la figura straordinaria del signor Arundale, al tempo del pensatore indiano direttore di una istituzione scolastica in quel lontano paese.
E sembra dettare una regola d’oro per vincere un “male“ dell’oggi, ed in special modo il male profondo che permea la vita anche di tante istituzioni scolastiche, il male dell’indifferenza.
Del male dell’indifferenza ne ha scritto Paolo Crepet nel suo lavoro “Voi, noi“, lavoro di più recente pubblicazione a testimonianza sensibile delle problematiche educative del nostro tempo:
“( … ) molti adolescenti assomigliano a ( … ) equilibristi russi ma non lo sanno. Camminano sospesi sopra teste di adulti che non guardano in su, verso quelle corde tese, né si accorgono degli sforzi immani di quei giovani per dire che vivono, della loro angoscia di non poter guardare alle cose terrene, alla realtà afona ormai.
Indifferenti costretti a camminare sopra adulti indifferenti, perché non c’è contaminazione tra gli uni e gli altri, solo uno spazio vuoto dove volteggia il silenzio.
Eppure i ragazzi non vorrebbero dover deambulare così lontani dal mondo, vorrebbero contatti, strette di calore. ( … )“
“( … ) Il signor Arundale, mi dice di essersi creata l’abitudine di prendere un’attitudine di letizia non appena varca la soglia del collegio, per quanto preoccupato possa essere stato prima, perché egli scrive:
- Desidero che il mio contributo alla giornata di scuola sia di felicità e d’interessamento, e cercando ogni giorno di rendermi persuaso di essere contento non appena varcata la soglia del collegio, sono finalmente riuscito a diventarlo.
Se nell’attraversare i cortili per recarmi al mio ufficio vedo qualche studente dall’aspetto mesto e pensieroso, mi faccio un dovere di andare da lui al fine di contrapporre la mia contentezza alla sua tristezza, e la tristezza presto si dilegua.
(…) ed allorquando prendo il mio posto sulla cattedra (…) volgo lo sguardo tutto attorno su ogni membro dell’uditorio, cercando d’inviare una continua corrente d’amore e di simpatia - .
( …) gli scolari osservano attentamente la fisionomia dei loro insegnanti per vedere se sono o no di buon umore. Se l’insegnante è sempre lieto ed amorevole i ragazzi non lo scruteranno più a lungo, poiché avranno imparato ad aver fiducia in lui, ed ogni ansietà ed apprensione svaniranno.
Se l’insegnante si dimostrerà sempre contento, allora egli emanerà fra i suoi ragazzi delle correnti di energia e di buona volontà, nuova vita fluirà in essi, la loro attenzione verrà stimolata, e la simpatia dell’insegnante vincerà la svogliatezza dell’alunno. ( … )“
giugno 2005
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