Fuoriregistro - anno scolastico 2005-2006
Roxane e Nicola per Fuoriregistro - 30-03-2006
Un bistrot, per scaldarci in questa primavera che tarda a venire. L'hôtel de Galliffet poco lontano. Sto studiando italiano e ci sono andata per riportare un libro, così ho visto l'avviso:

Giorgio Ferrara Directeur de l'Istituto Italiano di Cultura de Paris a le plaisir de vous convier à une soirée autour de Giuseppe Tomasi di Lampedusa à l'occasion de la parution imminente du recueil de lettres inédites Viaggio in Europa édition dirigée par Salvatore Silvano Nigro et Gioacchino Lanza Tomasi Biblioteca di Via Senato Editore, Milan
le jeudi 30 mars 2006 à 20h
Interventions de Salvatore Silvano Nigro et René de Ceccatty
Textes lus par Adriana Asti
Avec la participation de Marcello dell'Utri
Président des éditions Biblioteca di Via Senato et auteur de la découverte des lettres de Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Cocktail


Mi aspettano al bistrot, copio in fretta i nomi o meglio il nome. Ci sono dei ragazzi italiani, mi spiegheranno. Perché Marcello dell'Utri è un personaggio che i giornali dicono indagato e con qualche condanna per accuse gravi. Ma forse mi sbaglio, non so come sono finite le cose. E' così complicata la vostra Italia.

Nicola è siciliano e ha un bel sorriso. Scuote la testa mentre parlo, e il suo sorriso prende ogni tanto una piega un po' amara. Non è più giovanissimo, anche se lo sembra. E sembra anche molto attento alle mie parole, mezze italiane e mezze francesi. Ma lui il francese lo conosce bene e non si perde.

- ...Insomma, secondo te come fa un Istituto di cultura a proporre una persona così, che Italia rappresenta, voglio dire?
- Ti racconto una storia .
Fuoriregistro - 18-03-2006
«La nostra vita non è a disposizione del mercato»: questo è il messaggio mandato dagli studenti francesi al governo de Villepin che vuole precarizzare per legge l'accesso al lavoro e rendere più facili i licenziamenti dei più giovani.
La risposta militare dell'esecutivo sembra un atto di forza - per compattare la destra -, ma rivela una debolezza di fondo: confessa l'incapacità della politica di trovare soluzioni condivise alle conseguenze dell'«invisibile» mano del mercato globalizzato. Una reazione tantopiù debole in Francia, dove la cultura della cittadinanza ha sempre costretto l'economia a rispettare i tempi delle decisioni istituzionali, a differenza di quanto accade in Italia, dove è stato il mercato a precedere la politica, chiamata a ratificare per legge (si pensi alla «Biagi») ciò che nella società era già in atto. Che il capitale globalizzato chieda agli individui di rendere la loro vita totalmente disponibile alle sue esigenze - e alla politica di accompagnare lo stravolgimento del paradigma fordista con interventi di supporto, dalle privatizzazioni alla carità - è cosa nota da tempo. Vale nell'occidente ricco con la precarietà, il tempo di vita sconvolto dall'invasività del lavoro eterodiretto e con gli stati chiamati a lenirne le ferite sociali; vale nei paesi più poveri con le nuove schiavitù che gonfiano i pil orientali e i profitti delle multinazionali. Le resistenze a questi processi (in Europa un mix di cultura novecentesca e insopportabilità di ciò che ci si para innanzi, altrove - come in Cina - «semplice» portato di una condizione indecente) sono la manifestazione del lavoro umano irriconducibile a divenire semplice variabile capitalistica, e sono resistenze - questa è la novità del XXI secolo - prive di una mediazione politica: un'assenza che è la radice profonda della nostra crisi democratica. E' su questo terreno che si giocherà il futuro delle società occidentali.

Per questo Parigi parla a Roma.
Fuoriregistro - 02-03-2006
Riceviamo, traduciamo e volentieri pubblichiamo, lasciando tutto lo spazio possibile per le inevitabili, numerose e scontate, domande. Quella della collega francese che ci ha mostrato il pezzo è ironica: "Ma allora è vero che il bravo allievo supera ...
Fuoriregistro - 18-02-2006
Riceviamo la segnalazione dell'appello che Valentino Parlato lanciava due giorni fa sulle pagine del Manifesto. Poche parole essenziali per interrogarsi, interrogare e chiedere a chi sta a sinistra una mano in cambio d'una promessa: continueremo la ...
Fuoriregistro - 09-11-2005
Guerra, raccontano a scuola gli insegnanti francesi che raggiungono la città dall'hinterland "embrasé". Paura, immagini che sconvolgono, parole a cui molti non sono abituati qui in Occidente. Coprifuoco si dice e non lo si sopporta. Qualcuno racconta ...
Fuoriregistro - 08-10-2005
Pubblichiamo la riflessione che Giorgio Cremaschi ha proposto ieri su Liberazione ed indirettamente lo ringraziamo per la chiarezza formale e sostanziale delle sue parole. A commento proponiamo l'ultima newsletter ricevuta da La Voce, che ricapitola "i principi che dovrebbero ispirare una riforma cosi' importante". - Red

E' un fatto positivo che il conflitto d'interessi permanente del Presidente del Consiglio, le pressioni della lobby delle assicurazioni, la tirchieria della Confindustria, abbiano bloccato il Decreto sulla devolution del Tfr ai fondi pensione. Può essere un fatto positivo l'insabbiamento del Decreto, se esso servirà a ripensare a tutto.

Come si sa il Tfr è salario. E' una quattordicesima mensilità che viene accantonata e poi consegnata al lavoratore quando cessa il rapporto di lavoro. E' una sorta di risparmio forzato che il lavoratore subisce. Da sempre le imprese usano questo risparmio del lavoratore come un prestito gratuito alle proprie finanze. Per questo esse oggi chiedono delle compensazioni rispetto alla possibilità che tutto il Tfr venga non più accantonato per il lavoratore ma direttamente versato nei fondi pensionistici. Già qui siamo in un mondo rovesciato. Dovrebbero essere i lavoratori, semmai, a ricevere risarcimenti per il fatto che una quota del loro salario non è per essi immediatamente disponibile, ma serve a finanziare le imprese. Ma a questo mondo rovesciato siamo abituati. La vicenda assume un aspetto ancor più paradossale però con l'ultimo Decreto affossato dal Governo. Già da tempo i lavoratori possono devolvere parte della loro liquidazione nei fondi pensionistici integrativi. I nuovi assunti possono già oggi investire tutta la liquidazione nei fondi pensionistici, perché allora un nuovo Decreto? Perché la grande maggioranza dei lavoratori questo investimento non l'ha fatto. Il fondo pensionistico più rilevante, quello dei metalmeccanici, conta circa 350.000 iscritti su 1.500.000 di lavoratori interessati, in tutte le altre categorie le percentuali di adesioni sono molto più basse. Da qui la campagna secondo la quale la previdenza integrativa sinora è fallita e occorrerebbero ben altri interventi per farla decollare. Il fatto strano è che proprio coloro che, secondo l'opinione diffusa, avrebbero più bisogno della pensione integrativa, non accedono ad essa. I giovani, i precari, i lavoratori delle piccole e medie aziende e a salario più basso, non entrano nei fondi pensione. Sono i lavoratori con stipendi medio-alti, quelli che hanno più sicurezza del posto di lavoro e sono più vicini alla pensione, che accedono ai fondi. La ragione di questo è abbastanza ovvia. Per i lavoratori la pensione integrativa è appunto integrativa. E quindi investono su di essa coloro che hanno reddito e sufficiente tranquillità sul futuro per poterlo fare. Tutti gli altri aspettano, o perché hanno paura del futuro o perché vivono una tale condizione di precarietà, che non si pongono nemmeno il problema. La riforma pensionistica attuata nel 1995 dal governo Dini, con il consenso delle organizzazioni sindacali e il dissenso di massa dei metalmeccanici e di tanti altri, ha costruito un mostruoso doppio regime pensionistico. Le generazioni più anziane hanno un sistema di calcolo della pensione che garantisce un buon risultato. Quelle più giovani no.

Per esse la futura pensione si calcola solo sulla base dei contributi effettivamente versati e non sugli anni di lavoro, di vita e sulle retribuzioni percepite.

Così i giovani, cioè quelle generazioni precarie che un giorno lavorano e l'altro no, rischiano di arrivare alla vecchiaia senza aver accumulato contributi sufficienti per avere una pensione dignitosa. E' bene ricordare che questo è il passato che ritorna. Quando negli anni Sessanta e Settanta ci si batteva per un sistema pensionistico più giusto, si voleva prima di tutto cancellare la condizione vergognosa di donne e uomini, che avendo lavorato tutta una vita non avevano accumulato contributi per una pensione degna di questo nome. I giovani della società postfordista avranno le pensioni dei bisnonni braccianti e muratori.
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