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Pluridisciplinare
New Orleans, i giorni dell'orrore - Stupri, violenze, rapine: i racconti dei testimoni concordano, scene infernali tra chi si era rifugiato nel Superdome


Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola media superiore, Formazione post diploma, Formazione permanente
Tipologia: Documentazione

Abstract:

Stupri, violenze, rapine: i racconti dei testimoni concordano
scene infernali tra chi si era rifugiato nel Superdome
New Orleans, i giorni dell'orrore
suicidi fra poliziotti e pompieri
dal nostro inviato DANIELE MASTROGIACOMO

NEW ORLEANS - Un silenzio, cupo, profondo, quasi surreale. E poi l'odore, forte, totale, assoluto dei cadaveri in putrefazione. Un odore che ti aggredisce lo stomaco, che impregna ogni cosa. Vestiti, pelle, occhi, bocca. New Orleans è la città dei morti. Decine, centinaia, forse migliaia. Nessuno lo sa e chi lo immagina ha paura ad azzardare solo una cifra. "Credo che sia una verità", ci dice il sindaco Ray Nagin mentre inizia il suo nuovo giro di perlustrazione nella città fantasma seguito dai giornalisti. "I morti sono tanti, tantissimi. Sicuramente molti di più di quelli dell'11 settembre".

Molti cadaveri affiorano dai vicoli che dal quartiere francese immettono su Canal street. Altri sono stati restituiti dalle acque del Lago Pontchartrain. Altri ancora vengono ritrovati nelle loro case. Seduti su una poltrona, distesi sul letto, adagiati per terra, raccolti su loro stessi, aspettando, rassegnati, che morte li portasse via. Mentre un sole rosso fuoco tramonta verso ovest, anche l'ultimo pugno di profughi lascia il Convenction center e il Superdome. La città è ufficialmente evacuata.



I racconti di quello che è successo per quattro giorni nell'inferno del Superdome sono raccapriccianti. Racconti dell'orrore. Una violenza fatta non solo di sopraffazione e di arroganza dei più forti e organizzati nei confronti dei più deboli e più indifesi. Ma di torture fisiche e psicologiche, di pretese perverse e maniacali, di regole stabilite e imposte a seconda dell'umore dei capi.

Quattro giorni senza legge che si sono trasformati nell'apoteosi della brutalità. Ben presto i boss, alcuni girando con dei machete che brandivano minacciosi, sono diventati i padroni di questo teatro della sofferenza. Centinaia famiglie spaventate e confuse, coppie di anziani abituate ad una vita semplice e regolare, studentesse e commesse dei negozi, fidanzati, ragazzi e bambine, mamme e papà, hanno convissuto quattro giorni e quattro notti con banditi e tagliagole.

Nel caos che cresceva di ora in ora, con il sindaco Nagin che si sgolava invocando aiuto, con un pugno di poliziotti diventati loro stessi profughi e prigionieri, la vita dentro il Superdome è diventata un vero inferno. Duecento dei 1.300 agenti della polizia di New Orleans non hanno retto. Senza più casa, con le famiglie decimate, sporchi e laceri, aggrediti dalle gang, non se la sono sentita di andare a fare le ronde nella città preda dei saccheggiatori. Hanno preferito disertare.

"Li capisco", dice il capo della polizia, Henry White Horn. "Erano disgustati di come si stava gestendo la situazione. Hanno perso tutto e non erano disposti a perdere anche la vita". Ancora più drammatica questa notizia: almeno due pompieri si sono suicidati, e con loro ci sarebbe qualche agente.

Dentro il Superdome non c'era cibo e quel poco che si trovava veniva pagato a peso d'oro. Stessa cosa per l'acqua, per le sigarette, per una coperta, un cuscino, una pila. "Bisognava organizzarsi", racconta Dave, 20 anni, studente di Medicina all'università della città. "Per difendere la roba da mangiare, per dormire, per lavarsi. Facevamo dei turni anche per dormire. Qualcuno si era portato la pistola dietro e la teneva bene in vista".

Ma l'incubo era il bagno. Ce n'erano trenta, sparpagliati al piano terra del grande stadio dell'Nba, il campionato nazionale di basket americano. Era il posto preferito per gli assalti e gli stupri. Sembravano favole, storie nate da qualche mente troppo fantasiosa. Ma nei rapporti della polizia della città, si racconta di peggio. La testimonianza di Africa Brumfield, 37 anni, donna ovviamente di colore, come del resto la stragrande maggioranza di quelli rimasti ad affrontare "Katrina", ha squarciato il velo della vergogna. "Andare al bagno da sola", ha raccontato alla polizia e poi confermato ai colleghi della Bbc, "era impossibile. Chi lo faceva rischiava di essere violentato o sgozzato".

Una vittima è uscita sconvolta dai bagni. E la gente, stanca dei continui soprusi, ha preso coraggio, si è ribellata e si è fatta giustizia da sola. Lo stupratore è stato individuato, preso e linciato. C'è voluto l'intervento dell'esercito, i primi 3000 soldati accorsi dopo l'ennesimo appello disperato del sindaco Nagin, per riportare un barlume di umanità in quella era diventata una giungla.


Lo scalo internazionale ha riaperto solo agli aerei d'emergenza. In 24 ore, oltre 40 voli hanno trasferito 25 mila sfollati in Texas e Arizona. Altri 15 mila partiranno nelle prossime ore. Ammassati per l'ennesima volta dentro un enorme hangar, migliaia di persone hanno vissuto la loro ultima notte da incubo. Li abbiamo raggiunti e da loro abbiamo ottenuto nuove conferme delle violenze. Gli stupri sono stati molti. Nei confronti delle donne. Molti parlano di anche di uomini e bambini. E non solo nei bagni. Spesso davanti a tutti. Bloccare per tre giorni ventitremila persone in uno stadio è come fumare in un deposito d'esplosivo.

"Non c'erano regole", ci dice Nick, 45 anni, pescatore che ha difeso più volte sua figlia di 14. "Era come in carcere. Peggio del carcere. Comandavano i più forti. Si vendeva di tutto: droga, armi, cibo, gioielli, orologi. Persino le medicine". I più organizzati uscivano di notte e approfittando del buio pesto che avvolgeva la città, andavano a procurarsi la merce. Poi tornavano nel Superdome e iniziavano l'asta di vendita. Le risse erano continue. "Eravamo chiusi, bloccati in quell'inferno", ricorda ancora Nick. "Anche volendo, non si poteva più andare via. Il rifugio che ci aveva risparmiato dall'uragano si era trasformato in una trappola mortale".



La reazione, anche questa carica di rabbia e di violenza, è arrivata tra sabato notte e ieri mattina. I 50 mila soldati, poliziotti e volontari hanno decretato una sorta di legge marziale. Una vera licenza per uccidere. Si sono accaniti soprattutto i riservisti. Oltre a barche, gommoni, persino moto d'acqua, hanno caricato di armi i loro pick up e sono sbarcati a New Orleans con una gran voglia di menare le mani. Qualcuno è stato rispedito indietro. Aveva svuotato l'armeria vicino casa e si era portato appresso persino un bazooka. Ieri mattina l'ultima sparatoria su un ponte: un pattuglione ha ucciso 6 o 7 criminali che li avevano sfidati con i loro fucili.

Abbiamo visto e incontrato i riservisti. Qualificarsi come giornalisti è come un insulto. Solo l'accortezza di alcuni poliziotti con cui abbiamo diviso gli ultimi giorni, ci ha evitato un arresto del tutto arbitrario o qualche proiettile. In America tutti girano armati per difesa. Ma quello che è accaduto fino a ieri sera si chiama omicidio. Volontario. Un ragazzo di 16 anni è stato investito da un'auto della polizia e poi finito con un colpo di pistola in testa. I comandi ammettono gli episodi. "Stiamo facendo del nostro meglio", dicono, "con le riserve che abbiamo, ma la maggior parte si trova in Iraq".

Quasi 200 morti sono già allineati all'aeroporto internazionale. Ma non tutti sono vittime di "Katrina". Decine di persone sono sparite, date per disperse e poi ritrovate nei vicoli, sui marciapiedi, sotto i ponti, i cavalcavia, nelle case, dentro i cassonetti. Uccisi a colpi di pistola e fucile. Inghiottiti nel buco nero di questa Apocalisse.



http://www.repubblica.it/2005/h/sezioni/esteri/katri/suicidi/suicidi.html



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