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Filosofia
*Nancy, Jean-Luc, Essere singolare plurale. Recensione di Alessandra Callegari

Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola media superiore, Formazione post diploma
Tipologia: Materiale di studio

Abstract:

Nancy, Jean-Luc, Essere singolare plurale.

Torino, Einaudi, 2001, pp. 132, Euro 15,49, ISBN 88-06-15906-2.

Recensione di Alessandra Callegari

La storia dell'Occidente volge ormai al termine nella visione di Jean Luc Nancy, filosofo francese di scuola derridiana e heideggeriana che esprime con il suo pensiero la persistente attualità della tragicità esistenziale. Nelle sue opere, da "La comunità inoperosa" (Cronopio, Napoli,1992), sino ad "Essere singolare plurale", l'Occidente è inteso come un orizzonte determinato dalla continua ricerca, oltre i confini del mondo, di un principio trascendente che dia senso all'esistenza. La conclusione di questa ricerca porta, secondo Nancy, alla "morte di Dio", così come era già stata preannunciata dallo Zarathustra di Nietzsche. Da questo punto d’arrivo, per il filosofo francese è possibile parlare di una "riconcettualizzazione" a) dell’idea di libertà, b) della relazione tra gli uomini e c) della comunità.

In primis, ritengo utile sottolineare che con l’espressione "morte di Dio", Nancy non vuole intendere la morte del dio della fede, ma la fine di un pensiero filosofico che pone un essere supremo come causa e fine del mondo. In presenza di questo essere supremo, la libertà si configura come libertà di scelta (il libero arbitrio della tradizione occidentale), intesa come capacità di scegliere il bene e l'amore di dio contro il male e il rifiuto di dio. Allo stesso modo, in una visione più secolare, tale libertà consiste nella scelta del bene o del male secondo un certo fine della storia o una certa visione dell'umanità da realizzare. Con la morte di dio il mondo non ha più né principio né fine e la libertà emerge come il "fatto" di essere gettati nell'esistenza, senza più la necessità né di un principio né di un fine. Si assiste, quindi, a una riconcettualizzazione dell’idea di libertà (sub. a), (mi riferisco all’elencazione da me fatta all’inizio della recensione) rispettivamente da libertà di scelta, che presuppone una conoscenza di cosa è bene e cosa è male (che precede la decisione), in libertà d'invenzione, che invece non presuppone più alcun sapere su cui fondare la decisione individuale.

A sua volta, la riconcettualizzazione della relazione tra gli uomini (sub. b) è esplicata proprio dalla libertà d'invenzione, che rappresenta, per Nancy, una libertà che pone l’individuo in rapporto con gli altri uomini e con tutto il resto del mondo. La libertà d’invenzione è la posizione di un rapporto che non ha un fine, che non ha un obbiettivo aldilà di se stesso. La relazione con gli altri uomini emerge quindi come qualcosa che precede e rende possibile il rapporto di ogni uomo con se stesso.

Infine, la riconcettualizzazione dell’idea di comunità (sub. c) presuppone questo nuovo modo di intendere la relazione tra gli uomini. La comunità non è più considerata qualcosa di dato dall'alto, di governato da un essere supremo, ma una relazione originaria in cui le singole esistenze si incrociano in un nodo comune. Questo nuovo modo di intendere la comunità comporta, però, come contropartita, la dispersione di una sua identità forte, che dona un senso e un obiettivo all'esistenza e alle relazioni. Infatti è la relazione stessa l'origine. Viene perciò a dissolversi l'immagine, che ha dominato la tradizione occidentale, dell'uomo come soggetto che tende ad un fine, ad un'identità che sta oltre la relazione con gli altri. La relazione, non più rinviante ad un essere che la trascende, si manifesta come l'orizzonte insuperabile dell'esistenza, senza fine e sempre inventata.

L’attualità del pensiero tragico è efficacemente esposta dalle pagine di questo libro, e ciò è particolarmente verificabile analizzando la riconsiderazione dell’Essere proposta da Nancy. L’Essere non è più inteso nei termini della tradizione metafisica, che lo considera come "fondamento ultimo e immutabile", fuori da ogni storicità autentica, ma è considerato come un "evento"". Il filosofo francese sostiene che la pluralità dell’essente è a fondamento dell’essere, per cui l’origine si configura come irrimediabilmente plurale (p. 21). Non esiste quindi più un’unica origine, perché ogni singolarità rappresenta un’origine del mondo in continuo contatto con altre origini del mondo, con altre singolarità. L’Altro, (ogni altra singolarità che incontriamo nel mondo), ci è senz’altro accessibile; non c’è alcun insondabile abisso nascosto nell’altro, ma solo una diversa prospettiva sul mondo. Quello che noi, quindi, consideriamo come alterità nell’altro che ci viene incontro (con cui ci scontriamo, con cui concordiamo) rappresenta un diverso accesso al mondo.

In Essere singolare plurale, appare particolarmente interessante la critica che Nancy propone verso la globalizzazione capitalistica (pp. 59-100). Secondo il filosofo francese, è necessario prendere in considerazione preliminarmente la critica situazionista alla società dello spettacolo, intesa come il compimento della "mercificazione generale dei feticci […] con la produzione e il consumo di beni materiali e simbolici (tra cui, in primo luogo, l’ordinamento del diritto democratico) che hanno tutti il carattere d’immagine, d’inganno o di sembiante" (pp. 69-70). La società dello spettacolo criticata dal situazionismo consiste in quel tipo di società in cui l’inganno si concretizza con l’alienazione, attraverso un’appropriazione immaginaria dell’appropriazione reale. Secondo Nancy "l’appropriazione reale non è altro che una libera immaginazione creatrice di sé, indissolubilmente individuale e collettiva ma la merce spettacolare, in tutte le sue forme, non è a sua volta altro che un immaginario venduto al posto di questa immaginazione autentica" (p. 70). Nancy critica la critica situazionista, rilevando come la giustezza dell’analisi

situazionista sia connessa all’implicita obbedienza alla tradizionale e metafisica contrapposizione di una verità dell’essere contrapposta alla menzognera apparenza (p. 74). Quindi, il limite della critica situazionista consiste, per il filosofo francese, nel non aver compreso appieno ciò che rendeva manifesto, ossia la costitutiva dimensione simbolico-spettacolare del legame sociale (p. 76).

Dopo aver posto in evidenza i limiti della critica situazionista, Nancy cerca di ridefinirne le condizioni, per evitare che la critica alla "critica" ne elimini la stessa possibilità, sostenendo che è necessario che la critica sia all’altezza di quell’evento che il filosofo francese chiama com-parizione, cioè l’evento di un essere-in-società che si riduce all’esposizione del con-essere (p. 79).

Guardandolo da un certo punto di vista, "lo spettacolo non è altro che la comunicazione, e viceversa", per cui non è teoricamente più praticabile l’idea di una comunicazione inter-umana "autentica" da contrapporre ad una "alienata". Nancy parla di rivoluzione copernicana dell’essere sociale, che gira ormai intorno a se stesso, o su se stesso, e non più attorno a qualcos’altro (Soggetto, Altro o Stesso). L’essere sociale è l’essere che è apparendo di fronte a se stesso, con se stesso: è com-parizione. Nancy è consapevole che la com-parizione potrebbe essere solo un nome diverso del capitale. Tuttavia, egli sottolinea "questo rischio non è una ragione per accontentarsi di una critica del capitale che resti ingabbiata nella presupposizione di un "altro soggetto" della storia, dell’economia e dell’appropriazione del proprio in generale" (p. 88). Bisognerebbe seguire, afferma Nancy, la profonda intuizione di Marx in base alla quale il capitale esibisce al tempo stesso l’alienazione generale del proprio (la disappropriazione generalizzata, o l’appropriazione della miseria in tutti i sensi del termine) e la messa a nudo del con come tratto dell’essere o come tratto del senso, Secondo il filosofo, tuttavia, il nostro pensiero non è ancora all’altezza di una simile ambivalenza, per cui l’ontologia della com-parizione è da considerarsi il primo e fondamentale passo verso tale prospettiva. Con essa si tratterà allora di capire, con il Nietzsche della "morte di Dio", che non esistono "valori assoluti" e ciò vale anche per la sfera dei diritti umani: "che cosa potrebbe valere per sé solo? "Valore" può valere unicamente nella sfera dell’essere-con, cioè nella sfera di un commercio, in tutti i sensi della parola. Ma è appunto la spartizione di questi sensi — commercio della merce / commercio dell’essere-insieme — che il capitale espone: la spartizione dei sensi dello scambio, la spartizione della spartizione stessa. Il capitale la espone come una violenza, in cui l’essere-insieme diventa un essere-merce e un essere-mercificato. E l’essere-con viene così eluso nel momento stesso in cui viene esibito nella sua nudità (p. 102).

Concludendo, l’originale tesi proposta da Nancy può essere riassunta nell’idea che il mondo non ha origine fuori di sé, ma esso stesso è la propria origine. Essa è l’"ogni volta" dell’essere e il suo è il regime dell’essere-con di ogni volta con tutte le altre volte.

"Con" è la misura di un’origine di mondo come tale, o di un’origine di senso come tale. Essere-con significa fare senso in modo vicendevole. Il senso (dell’essere), a sua volta, è la misura intera dell’incommensurabile "con", e viceversa.

http://www.swif.uniba.it/lei/recensioni/crono/2002-10/nancy.htm



http://www.swif.uniba.it/lei/recensioni/crono/2002-10/nancy.htm



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