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Tecnologia
Informatica
Tecnologia - MEMORIA TOTALE - Gli scienziati di tutto il mondo cercano di creare il computer del futuro: figlio della fisica dei quanti, avrà potenza immensa e servirà a genetisti, militari e biologi. Per dominare la complessità.

Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola media superiore, Formazione post diploma
Tipologia: Ipermedia

Abstract:

Tecnologia MEMORIA TOTALE

Gli scienziati di tutto il mondo cercano di creare il computer del futuro: figlio della fisica dei quanti, avrà potenza immensa e servirà a genetisti, militari e biologi. Per dominare la complessità
di S. Coyaud
Oggi un portatile pesa meno di due chili. E non somiglia né al nonno, il calcolatore da 300 tonnellate costruito nel 1941 da Konrad Zuse, né al bisnonno, concepito un secolo prima dall'inglese Charles Babbage. Eppure funziona con lo stesso meccanismo e segue le leggi della fisica classica, delle valvole, transistor, semiconduttori e microchip. Ma negli anni Venti del secolo scorso è nata una fisica più perversa, la meccanica quantistica, che detta i comportamenti di atomi e particelle nella materia. Qui, una particella può diffondersi nello spazio come un raggio di luce, e un raggio di luce comportarsi come se fosse fatto di singole particelle. Peggio ancora, un fotone - una particella di luce - emesso da una sorgente può viaggiare in due direzioni allo stesso momento, in una "sovrapposizione di stati" o percorsi possibili. Si sa dove va solo quando, in una delle direzioni, incontra un ostacolo, magari uno strumento per misurarne la posizione. Una cosa analoga accade agli atomi. Per esempio, un atomo del metallo chiamato rubidio, può esistere in due stati di energia, ma ne ha uno solo appena l'energia viene misurata. Se nel micromondo una particella o un atomo vive simultaneamente in due stati e basta un ostacolo a farli ridiventare uno, perché non fare corrispondere a uno stato un bit 0 e all'altro un bit 1 (detti "qubit" per quantum bit)? si sono chiesti gli informatici, una ventina di anni fa. Magari sfruttando atomi con una sovrapposizione di molti stati. Una manciata di quelli giusti elaborerebbe in parallelo miliardi di qubit in pochi secondi. Finalmente si potrebbero affrontare calcoli che i computer classici risolverebbero solo lavorando senza interruzione per migliaia di anni. Non ci siamo ancora. Negli Usa, quest'anno si sono costruiti sistemi di sette e otto qubit. Sulla Physics Review Letters di settembre, i fisici dell'istituto di ottica quantistica di Hannover propongono ingegnose trappole per catturare e far cooperare ottanta atomi di rubidio. Sarebbe un sistema di 80 qubit, l'equivalente di un computer classico dotato di un miliardo di miliardi di miliardi (1027 - 10 alla 27 potenza) di processori. Se funzionasse. A cosa servirà mai una potenza di calcolo così mostruosa? Alla crittografia militare, e a quella civile che protegge dagli occhi indiscreti transazioni di banche e privati, e rende unica la chiave di accesso a informazioni riservate. Alle telecomunicazioni per suddividere in maniera più fine le frequenze, o aggiungere altri gadget ai telefonini. A monitorare, in tempo reale, i figli, provvisti alla nascita di un chip sottocuteaneo o il caro Fido. E servirà alle scienze. Alla biologia che crolla sotto elenchi di geni, di fattori di trascrizione, di proteine. "È come avere la guida telefonica di una città: non dice che cosa fanno gli abitanti, dove si ritrovano, quali sono i legami, le attività comuni, eppure la vita è fatta di tutto questo", dice il genetista Richard Lewontin. Le unità sempre più minute identificate dalla biologia stanno in una cellula, che sta in un organo che sta in un corpo che sta in un ambiente. Tutti quanti hanno scambi continui, nessuno sta fermo o se sta fermo vuol dire che è morto. I computer quantistici produrrebbero modelli un po' più realistici di tutte quelle interazioni, per riportarle alla persona intera. O almeno a un suo organo. Il nostro cervello ha miliardi di neuroni, ognuno in collegamento potenziale con migliaia di altri, ognuno modificabile da centinaia di sostanze chimiche. La lista delle funzioni attribuite a neuroni singoli o a gruppi si allunga, ma il quadro d'insieme non c'è. Un po' perché manca una teoria generale, per esempio di come quella massa molle e grigiastra produca il linguaggio simbolico o il senso del sé. Un po' perché i neuroscienziati, come i genomisti, si trovano davanti una sovrabbondanza di dati che li paralizza. In attesa dei computer quantistici, si preparano Internet specializzati, super-reti o griglie per collegare in tutto il mondo i Pc dei centri impegnati in ricerche simili. Per esempio il progetto Seti@home, che spera di sintonizzarsi un giorno su una trasmissione di extraterrestri, conta sui patiti di fantascienza per farsi mettere a disposizione i tempi morti dei loro computer casalinghi e setacciare le onde radio provenienti dal resto della galassia. Ma nemmeno se esistesse un ipotetico EffettoSerra@home cui aderissero milioni di volontari sarebbe sufficiente a simulare in modo realistico gli effetti del riscaldamento globale, e a fare previsioni su come cambierà il clima tra cinque anni, paese per paese. Non ci sarebbero nemmeno i bollettini meteo se comprendessero tutte le variabili, temperature al suolo, nei mari e nell'aria, le pressioni, i venti, l'umidità, l'energia dovuta a insolazione e quella delle attività umane... sapremmo a Natale se a Ferragosto doveva piovere. I climatologi privilegiano poche variabili o si concentrano su un'area e annunciano la siccità in Africa in tempo perché i contadini seminino varietà di mais più resistente, in cambio rinunciano a dipanare le conseguenze dei ghiacciai che si sciolgono in Nepal. Per uno scienziato, la potenza di calcolo è un eccitante e dà assuefazione. Lo aiuta a scoprire differenze o affinità tra fenomeni, per cui si pone nuove domande, immagina nuove ricerche. Che necessitano di una potenza ancora maggiore. Arriverà dalla fisica classica, dalla quantistica, o forse dalla biologia: dal 1994 si prova a costruire computer in cui le sequenze di bit sono rappresentate da sequenze di Dna. (Foto ag. SPL/G.Neri)
 


http://www.dweb.repubblica.it/dweb/2002/09/07/attualita/attualita/070tot31670.html



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