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Fisica
Abilità di base
Musica
Per una didattica della fisica del suono nella scuola materna ed elementare.

Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola dell'infanzia, Alunni scuola elementare
Tipologia: Materiale per esercitazioni

Abstract:

Per una didattica della fisica del suono nella scuola materna ed elementare.

di Mario Campanino

Nell'ambito dell'educazione al suono e alla musica, ma non meno in quello dell'educazione alla scienza, il campo della fisica acustica rimane piuttosto inesplorato. Eppure tutti i fenomeni sonori verso i quali si vogliono educare gli alunni della scuola hanno alla base una ragione d'essere innanzitutto fisica e scientifica. Per questo l'acustica può diventare uno dei motivi portanti della nuova educazione musicale: il dilemma tutto da sviscerare del binomio suono-rumore, il superamento del concetto di tonalità che Schoenberg - ad esempio - fondava sul fenomeno "naturale" degli armonici, il fenomeno "artistico" del timbro sono legati in modo evidente alla natura fisica ondulatoria del suono.

Questa riflessione non sarà un'analisi a tavolino delle proposte didattiche sull'acustica quanto piuttosto il parziale resoconto di una serie di esperienze condotte da alcuni anni nell'ambito del LaViM - Laboratorio Vivo della Musica di Città della Scienza. Le esperienze hanno avuto luogo in quattro tipi di contesti (o "laboratori") differenti: il primo è quello della ricerca interna alla Sezione Didattica di Città della Scienza; il secondo riguarda attività didattiche rivolte a classi ospiti del LaViM; il terzo è quello della formazione docenti (svoltasi presso il LaViM o presso le scuole); l'ultimo quello realizzato dagli insegnanti che durante o dopo i propri cicli formativi hanno intrapreso percorsi sul suono a scuola con gli alunni.

La linea di ricerca su cui si muove la nostra didattica è legata alla nozione di gioco intesa in senso ampio: sono gioco l'osservazione di fenomeni, il rilevamento di dati, la manipolazione di oggetti così come le attività di gruppo più tradizionalmente utilizzate nella pratica educativa odierna. In quest'ottica l'interrogativo principale è: che giochi fare? Il "gioco" didattico, infatti, deve avere la caratteristica di portare oltre l'agito stesso, precisamente verso la comprensione e la formalizzazione (in misura adeguata ai casi) dei fenomeni riprodotti.

I "giochi" attraverso cui questa didattica si concretizza non hanno una sistemazione tematica o progressiva molto rigida; da un lato perché i temi, in uno stesso gioco, si intrecciano (la natura ondulatoria del suono, la differenziazione dei parametri, ecc.), dall'altro perché se alcuni procedimenti sono effettivamente proponibili solo ad alunni delle ultime classi elementari, la maggior parte delle esperienze, magari sotto forma di semplici osservazioni, risulta educativa e coinvolgente per i bambini della scuola materna così come per i loro genitori. In questa breve riflessione ho scelto di presentare solo alcuni dei giochi più volte sperimentati legandoli alle affermazioni che i bambini solitamente associano ai fenomeni riprodotti. Vorrei in questo modo fornire un esempio di operatività didattica sui concetti fondamentali legati alla comprensione della natura del suono.

Le onde sono quelle del mare
Il tema principale attorno a cui si sviluppa tutta la riflessione sulla fisica del suono è quello relativo alla sua natura ondulatoria, e quando si domanda a un bambino cosa sono le onde egli solitamente risponde che "le onde sono quelle del mare". Perché allora non partire proprio da qui?
In una teglia piena d'acqua per metà facciamo cadere, col contagocce, una goccia di liquido. Come si comporta la superficie dell'acqua? Che strada fanno le onde? Vanno solo in avanti o tornano anche indietro? Sono tutte alla stessa distanza? I disegni che vediamo sono uguali se la goccia cade al centro oppure verso il bordo della teglia? E se utilizziamo una teglia ovale?
Proviamo a immergere parzialmente in vari punti della teglia alcuni ostacoli pesanti: che succede? Posando sul pelo dell'acqua un pezzetto di polistirolo espanso si vedrà che le creste d'onda avanzano ma il polistirolo non si sposta. Perché?

Questo è un Uauu-Uauu
La molla Slinky (molla a spirale in plastica o metallo del diametro di 8-10 centimetri) è un oggetto bello e piacevole da manipolare. La si può distribuire agli alunni e domandare loro cos'è e come si può utilizzare.
Sostenendo la molla per un'estremità e lasciando l'altra libera di muoversi, essa ondeggia secondo le leggi del moto armonico. Allungando o accorciando la parte libera si vede variare la frequenza di oscillazione: molla lunga, frequenza bassa; molla corta, frequenza alta. Tenendo la molla tesa orizzontalmente in aria si può provare a muoverne un'estremità: i bambini riescono a "sintonizzarsi" senza difficoltà sulla frequenza di oscillazione naturale della molla (producendo così, senza saperlo, un'onda stazionaria).
Appoggiando la molla su un tavolo e tendendola si possono osservare due tipi di onde, quella trasversale (pizzicandola) e quella longitudinale (comprimendo alcune spire e liberandole di colpo) con i relativi fenomeni di riflessione. Con un po' di nastro isolante colorato applicato ad una spira si noterà meglio che è l'onda a propagarsi e non le spire a spostarsi lungo la molla.

L'onda in mezzo non si muove più
Con una corda elastica abbastanza lunga (anche 10 metri) si può lavorare in grande gruppo sull'onda trasversale. Pizzicandola ad un'estremità si osserva l'onda partire, giungere all'estremità opposta e ritornare, rovesciata, al punto di partenza.
L'onda si estingue lentamente cosicché è anche possibile, con gli alunni delle ultime classi, eseguire misurazioni sulla frequenza. Quante volte l'onda compie il ciclo di andata e ritorno in 10 secondi? Cosa succede variando la lunghezza o la tensione della corda?
Pizzicando la corda nel mezzo si ottiene un'onda fissa, stazionaria (come accade pizzicando le corde della chitarra). In questo caso in che modo si propaga l'onda sulla corda?

La lama suona perché si muove
Chi ci assicura che il suono sia qualcosa di simile a un'onda? L'esperienza più immediata è distribuire alla classe oggetti che suonano: diapason, tamburelli, tubi di alluminio, una chitarra, una radio con altoparlante e quant'altro a disposizione. I bambini osserveranno (anche mediante la sensazione tattile) che tutti i suoni sono associati a un movimento del corpo che li produce. Ma tutti i movimenti producono suono?
Prendiamo una lama di seghetto per ferro e, bloccandola per metà sul bordo del banco, pizzichiamone l'estremità opposta. Si vedrà la parte libera oscillare piuttosto velocemente e si udirà un suono. Allunghiamo gradualmente la parte libera: la lama vibrerà più lentamente, il suono diverrà più grave... finché scomparirà! Avremo raggiunto la soglia degli infrasuoni e avremo scoperto che non basta che un oggetto si muova perché produca suono: deve oscillare e anche piuttosto velocemente. Ecco perché la molla Slinky e la corda elastica già utilizzate non suonano, perché non raggiungono frequenze di oscillazione naturale udibili.

La bottiglia si muove perché sente le musica
Su un tamburello spargiamo dello zucchero o alcuni chicchi di riso. Percuotiamo nelle sue vicinanze un vassoio di metallo piuttosto violentemente: si osserveranno i granelli saltare, mossi dalle vibrazioni della membrana. Prendiamo due diapason uguali montati su cassette di risonanza. Mettendoli sufficientemente vicini basterà percuoterne uno perché anche l'altro entri in vibrazione (questo sarà evidente se si smorzeranno con le dita le oscillazioni di quello percosso e si continuerà a udire il suono). Le vibrazioni, in generale, partono dalla sorgente, si trasmettono all'aria e arrivano agli altri oggetti, tra cui il timpano dell'orecchio. Ma l'aria può davvero vibrare?
Diamo ad ogni bambino una piccola bottiglia di plastica vuota e produciamo un suono corrispondente alla frequenza di risonanza della bottiglia: ogni bambino sentirà la bottiglia vibrare tra le sue mani. Ma cosa vibra, l'aria o la bottiglia? Facciamo soffiare contro il bordo dell'imboccatura: ogni bottiglia produrrà un suono di frequenza uguale a quella di risonanza. I bambini sanno, per averlo già sperimentato, che toccando un corpo oscillante lo si smorza e il suono cessa. Perché allora tenendo la bottiglia tra le mani il suono continua?

Io mi sento dopo
Un tubo del diametro di almeno 6-8 centimetri e lungo una cinquantina di metri può rafforzare l'idea del suono come vibrazioni che viaggiano nell'aria con una velocità definita. Parlando in un'estremità e avvicinando l'altra all'orecchio i bambini avvertono un ritardo sensibile nell'ascolto giustificato solo dal fatto che il suono, per raggiungere l'orecchio, deve percorrere il tubo in tutta la sua lunghezza. Che succede se grido o sussurro? E se produco suoni gravi o acuti?

I tubi corti suonano piccolo piccolo
Piastre e tubi metallici di lunghezza diversa, campanelle di varia grandezza, flauti di Pan (tubi di plastica) lunghi e corti servono a discriminare due fondamentali parametri del suono: altezza e timbro. Si possono raggruppare gli oggetti, dopo averli ascoltati, secondo l'omogeneità timbrica o l'altezza del suono prodotto (l'attività sarà più difficile ma più efficace se ripetuta ascoltando gli strumenti senza vederli). Una volta assimilati i concetti, si potranno cercare le ragioni delle differenze di timbro e altezza: quale caratteristica accomuna gli oggetti dal suono acuto? quale gli oggetti con timbro uguale (o simile)?
Con gli stessi oggetti si può introdurre il parametro dell'intensità: cosa succede suonando piano o forte? Cosa cambia e cosa non cambia nel suono?

I risultati della sperimentazione di questi e altri "giochi" hanno portato, in alcuni anni, alla elaborazione di una didattica abbastanza precisa in alcune sue linee, una didattica che si definisce "di laboratorio".. Essa assume come imprescindibili due aspetti propri dell'attività: da un lato la trasformazione del rapporto frontale insegnante-alunni e dall'altro lo sviluppo di ambienti e momenti didattici alternativi alla lezione in classe. L'attività di laboratorio, dunque, non si baserà su una serie di conoscenze trasmesse dal docente ai discenti ma piuttosto su un'azione di allargamento dell'esperienza degli alunni fatta al fianco dell'insegnante-operatore (o, meglio ancora, suggeritore di operazioni). Il rapporto dovrà essere quindi laterale e cooperativo a partire da un'indagine sulle nozioni già possedute dagli alunni, attraverso l'esperienza di laboratorio vera e propria, fino al confronto delle conoscenze iniziali con i risultati delle osservazioni effettuate. Parallelamente anche il luogo fisico per lo svolgimento delle attività non sarà la classe (ancora intesa nel senso del rapporto uno a molti). Sarà invece l'aula-laboratorio attrezzata (ma in certi casi basterà spostare un poco i banchi), l'aula arredata di oggetti, lo spazio aperto. Il "momento" del laboratorio sarà all'interno o all'esterno dell'orario curricolare, suddiviso in "attività didattiche" caratterizzate da una grande elasticità di struttura e di durata: dall'incontro di poche decine di minuti al ciclo di esperienze sviluppato su periodi più o meno lunghi.

In un'azione formativa che tende a diventare compagna di crescita del bambino avranno particolare peso le strategie di ripetizione e variazione dei giochi. Uno stesso gioco, infatti, può essere ripetuto in maniera identica per giungere alla padronanza percettiva e sensoriale del fenomeno, alla constatazione della sua realtà e scientificità (nell'accezione galileiana del termine) in un obiettivo largo di educazione di base; ma può essere anche ripetuto con opportune variazioni per mettere alla prova esperienze e osservazioni successive e le leggi desunte da esse.

Questa didattica di laboratorio coincide, oggi, con le linee programmatiche enunciate nel documento ufficiale della commissione ministeriale per la musica, documento dedicato alla "diffusione della musica come fattore educativo nel sistema scolastico italiano" (29 settembre 1998) in cui si prospettano "la definizione, identificazione e creazione di appositi spazi fisici strutturati e attrezzati per la didattica della musica" nelle scuole.

Mario Campanino
E-mail: campanin@zeus.idis.unina.it
LaViM - Laboratorio Vivo della Musica
Città della Scienza - Napoli

Bibliografia essenziale:

AA. VV., Fondazione IDIS-Città della Scienza: Catalogo delle Attività Didattiche 1998-1999, Fondazione IDIS, Napoli, 1998;
AA. VV., Per una educazione scientifica di base, C.N.R. Commissione Didattica, La Goliardica Pavese, Pavia, 1991;
Critchley, Macdonald; Henson, R. A., La musica e il cervello, Piccin, Padova, 1987;
Finocchiaro, Alfio; Laeng, Mauro, Materiali didattici: schede di scienze, Mursia, Milano, 1990;
Molli Arcomano, Anna Maria, Educazione musicale di base, La Nuova Italia, Firenze, 1998.



http://www.edumus.com/news/wmview.php?ArtID=15



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