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Intercultura
Testimoni di pace - Kossovo -Le sorelle M.

Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola media superiore, Formazione post diploma, Formazione permanente
Tipologia: Ipermedia
Abstract:

Kossovo
Le sorelle M.

Imbocco la strada sterrata, è quasi impossibile evitare le enormi buche tra fango e pozzanghere piene d'acqua scura, sembrano le strade di periferia russe, mi fa quasi piacere percorrerla, mi fa vivi i ricordi… se non fosse per quegli alberi che si abbracciano al centro del viottolo e formano una specie di arco verdeggiante , dalle cui foglie filtrano minuscoli raggi di sole, davvero parrebbe la Russia. Ma eccomi lì, a pochi metri dalla casa delle sorelle M. parcheggio e mi chiedo come mai i campi intorno siano verdi o appena arati, mentre giunti lì, alla loro casa, si sia circondati da una brughiera...il prato è immenso, le sterpaglie sono cresciute ovunque, che contrasto quel colore marrone-grigio con l'azzurro del cielo e il verde scuro delle montagne… cosa è successo!? Ci sono rami imbruniti e tronchi sparsi un po' ovunque, avanzo piano a piedi, sento i cani abbaiare...sono due, tre, no arrivo a contarne almeno una decina tra cui molti cuccioli... piccoli e grandi code che spiano tra le alte sterpaglie...i più coraggiosi, si agitano verso i miei passi. Vedo da lontano S., una delle due sorelle M...percorre tutto il vasto campo, intravedo i capelli sciolti, quell'andare rapido e armonioso allo stesso tempo, la sua mano è già nella mia, con l'altra si scosta dal viso i capelli dal colore indefinito e mi accoglie con il suo "buongiorno, come sta?" tutto italiano.

Le sorelle M., son da tutti considerate "strane" , un modo più gentile che dire "matte" o "non del tutto a posto"...la loro casa, si trova a un paio di Km fuori dal check-point che "protegge" il villaggio serbo di G., dove abito anch'io...la loro casa, per uno strano caso del destino o delle regole, si trova a poche centinaia di metri, in linea d'aria, dai loro connazionali serbi...i quali però vivono dentro l'enclave! La loro casa si trova a due km. da quella che per loro significherebbe avere la ''sicurezza'' che gli albanesi non le minaccino... la loro casa invece, quella vera , si trova lì a pochi metri dagli occhi, completamente distrutta durante la guerra...quella in cui vivono ora non è più di una stanza o due , in cui si sono rifugiate loro, i loro ricordi e la loro "pazzia".

S. mi accompagna in casa, più mi avvicino, più il disordine mi avvolge, non so dove mettere i piedi...lei accarezza le capre che belano e annunciano il nostro arrivo, le guarda e sorride e ancora in italiano mi dice: " ...capre come bambini, da!?".

Sorrido anch'io tra incredulità e stupore....tolgo le scarpe, come si usa fare qui quando si entra in casa ...c'è solo una stanza, un piccolo tavolino al centro ricolmo di pentole e vettovaglie, una credenza , qualche pensile improvvisato ed una tenda che separa un piccolo angolo cottura, forse.. non ci sono mai entrata.. infine due divani che sono i loro letti ed una poltrona ...non c'è una cosa in ordine, tutto è confuso, come le loro menti... valige, cibo, vestiti, cassette con le noci appena raccolte, delle altre invece con profumate mele rosse, le mosche e qualche topo che gira in cerca di cibo... S. sorride coprendosi il viso con la mano , desidera nascondere quegli spazi vuoti in cui un tempo c'erano i denti...che sorriso bello pur tra quelle voragini, mentre mi dice che ora, che il freddo sta arrivando, di topi in casa ce ne sono molti... non ci sarebbe niente da ridere eppure rido anch'io.

Le chiedo come sta, con il mio serbo stentato, a lei basta un qualunque impercettibile spunto per iniziare il racconto della sua storia, della sua vita , delle sue sofferenze. Ascoltarla è quasi come leggere un libro, le parole corrono veloci, perché c'è sempre molto da raccontare, ma sempre troppo poco tempo per dire e condividere con qualcun altro quello che ci si tiene nel cuore e nei ricordi . Molte delle cose che racconta sono vere, altre, chissà...ma ascolto volentieri pur capendo ben poco, perché credo che il dolore che abbia come compagno l'ascolto, prima o poi trovi sollievo.

Ci raggiunge N., sua sorella...ha una corporatura più robusta di S., è rientrata dal campo in cui ha fatto pascolare le capre, lì a pochi metri da casa, perché le sorelle M. da cinque anni a questa parte, cioè da quando è finita la guerra , non sono mai più andate in città o al villaggio e le rare volte che una di loro è uscita scortata dalla Kfor (contingente NATO in Kossovo) o da noi, il tutto è stato vissuto nell'ansia e nel timore che la sorella rimasta a casa potesse venire aggredita, ferita o che gli albanesi potessero rubare o incendiare la casa.

Dentro di me rifiuto di crederlo, è vero, loro hanno subito alcune azioni molto pesanti da parte degli albanesi da quando è finita la guerra... è stato loro bruciato il fieno per gli animali, rubato del cibo, sono state minacciate verbalmente, ma se davvero gli albanesi avessero voluto far loro del male , lo avrebbero già fatto da molto. Quello che ha reso N. e S. incapaci di leggere ciò che sta loro intorno è la paura, sono gli strascichi indelebili della crudeltà della guerra, della violenza che hanno visto e subito dall'Uck (Esercito di Liberazione del Kossovo), ma come loro così anche molte altre persone dall' altra parte del conflitto...quello che qui appare impossibile per serbi ed albanesi è ammettere che entrambi i popoli abbiano subito violenze e soprusi...sembra per loro impossibile riconoscere il dolore dell' altro, eppure senza questo passo, senza capire che le lacrime bagnano volti diversi , ma gli stessi cuori d'uomo , sarà difficile la riconciliazione. La bilancia sui cui piatti si debbano pesare le maggiori o minori ingiustizie e violenze subite da una parte o dall'altra non potrà mai dare il peso giusto , anche quando le colpe e le responsabilità sono indiscutibilmente più marcate nei confronti di un popolo piuttosto che di un altro. La guerra è una lacerazione profonda dell'anima, della coscienza di popolo, della dignità di ogni persona e del diritto di ciascuno di vivere nella libertà e nella giustizia su questa terra. Se è vero, come e ' stato per grandi uomini della nostra storia, che si può essere liberi anche dentro una prigione se lo si è dentro se stessi, credo però che non si possa accettare che una prigione possa divenire garanzia di incolumità e salvaguardia della propria esistenza, come accade qui nel Kossovo, dove le prigioni non sono formate da muri e sbarre, ma da check-point e filo spinato a un capo e all' altro delle enclaves. Se le sorelle sono davvero pazze, allora mi lascio immergere nella loro follia e guardo gli occhi azzurri di N. cercare i bicchieri su cui versare il succo di una bacca, il drenine, preparato da loro e versarvi poi dell'acqua raccolta in un annaffiatoio di metallo verniciato di verde e con un fiore colorato dipinto nel mezzo...si muove con delicatezza in quello spazio angusto...rivolgo lo sguardo ai piedi di S., è entrata in casa scalza, i piedi sono coperti di terra, la sua terra di Kossovo, li tiene vicini e sollevati come pronti ad una danza, così quando si muove, fa uscire da quei piedi spaccati e duri un' inaspettata grazia e leggerezza di passi...sì, la “Fracci dei Balcani”!

Le parole e i minuti scivolano veloci come i loro ricordi, soffro nell'ascoltare quella paura che ora non dovrebbe più essere così viva, soffro nel sentirmi impotente e incapace di rassicurarle...

È ora di lasciarle, ma non riuscirò ad uscire prima che le mie mani non siano ricolme di noci e mele che è impossibile rifiutare...non però delle mele e delle noci qualsiasi, ma le più belle che hanno raccolto ...nessun ricco saprebbe fare tanto!




http://www.operazionecolomba.org/kos021204.php


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