Non voglio più andare in via Quaranta
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La Maiolo: ora è inserita in una scuola pubblica
Una ragazzina araba dice basta al velo

 

«Non voglio più andare in via Quaranta».

I genitori hanno sostenuto la scelta della figlia. Presto otterrà la licenza media

 

È la storia, discreta e a lieto fine, di una ragazza di 14 anni stufa della scuola di via Quaranta. «Non voglio essere costretta a mettere il velo, vorrei vestirmi come le altre ragazze, le nostre regole sono troppo rigide e poi anche mia mamma non è contenta di come si lavora, di quello che ci insegnano...», racconta agli operatori del Comune che hanno contattato la famiglia. La ragazza viene così inserita in una scuola elementare del Comune: siede accanto a bambini di prima elementare, molto più piccoli di lei, ma sorridenti e gentili come tutti i bambini che non vedono le differenze — neppure d'età — se non sono gli adulti a sottolinearle.

 

Grazie ai supporti del Comune, però, la giovane studentessa viene seguita nel corso di studi e a fine d'anno, dello scorso anno scolastico, può presentarsi come privatista agli esami di quinta elementare. A settembre, la ragazza passerà sui banchi di una scuola media serale: l'obiettivo è di poterla preparare agli esami che garantiscono la licenza media. In due anni, insomma, la ragazza avrà recuperato gli otto anni scolastici che in via Quaranta non vengono riconosciuti, «ma soprattutto una ragazza islamica si sarà integrata alle sue coetanee e al territorio».

 

La conclusione è dell'assessore comunale Tiziana Maiolo, che lancia così un appello alle altre famiglie egiziane che continuano a mandare i figli nella scuola di via Quaranta: «Il Comune offre una reale alternativa, che salvaguarda i valori e la cultura dei bambini e dei ragazzi islamici, garantendo però allo stesso tempo una reale integrazione». Il progetto sperimentale è stato avviato dal settore Politiche sociali lo scorso anno, in collaborazione con l'associazione Italia-Egitto: ne sono interessati finora 73 bambini, tra cui 8 che hanno abbandonato via Quaranta.

 

L'accordo, in sintesi, è questo: le famiglie accettano di iscrivere i figli a una scuola pubblica italiana. Il Comune, in cambio, offre un'assistenza mirata con corsi di arabo, formazione ad hoc per gli insegnanti che hanno in classe bimbi islamici, doposcuola e perfino corsi al sabato e alla domenica per aiutare chi ha maggiori difficoltà con la lingua o con l'apprendimento o per far recuperare gli anni di scuola perduti, come nel caso della ragazza quattordicenne prossima alla licenza media. I fondi utilizzati sono quelli della legge regionale 40 sull'immigrazione e per verificare il gradimento del servizio è stato da poco distribuito un questionario a tutte le famiglie coinvolte: «La nostra ambizione — insiste la Maiolo — è fare da ponte per tutti gli alunni di via Quaranta che, grazie al nostro servizio, potrebbero transitare in una scuola pubblica senza problemi e senza traumi».

 

Il giudizio della Maiolo sul caso via Quaranta, infine, è categorico: «La scuola deve chiudere e queste persone devono uscire dalla illegalità. Ma noi offriamo anche un'alternativa, nel rispetto della loro cultura e delle loro radici che nessuno di noi mette in discussione. Riteniamo che l'integrazione cominci dalle piccole cose: ad esempio, liberare una ragazzina di 14 anni dall'obbligo del velo».



Elisabetta Soglio

 



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