L’identità culturale
Alessandra Micheli
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L’identità culturale


 


Di identità culturale se ne sente parlare sempre più spesso. In questo nuovo ciclo cosmico, si assiste al disfacimento della cosiddetta omogeneità culturale e alla sostituzione di un modello culturale multietnico o per dirla, parafrasando i sociologi, a un nuovo ambiente Fuzzy. L’ambiente fuzzy è quello in cui le sfumature fanno da padrone. Non più una suddivisione gerarchica tra bianco e nere, tra bene e male, tra amico e nemico. Un ambiente in cui la flessibilità è la risposta più valida al vivere sociale e umano. Certo significa  scardinare modi di pensare  e di vivere e questo porta con se necessariamente un po’ di paura. Per tale motivo ci si aggrappa con forza all’identità culturale, alle radici, alla tradizione. Come se fosse uno scoglio sicuro che permette la conservazione di se stessi e della propria uniformità. Ci si riscopre cristiani, islamici, indiani.


Per me la situazione è molto più complessa. La mia formazione antropologica mi porta ad avere uno spiccato interesse per le altre culture e tradizioni, la mia vena storica mi porta a cercare di capire  se dietro i grandi eventi, li rannicchiata nella microstoria, esistano legami indissolubili o differenze insormontabili. Ma a dettare legge su tutto è il mio viaggio attraverso la cosiddetta tradizione primordiale. Questo viaggio incominciato per caso attraverso il sacro e le sue forme, non ha sicuramente quell’impronta scientifica che caratterizza i miei interessi ,ma mi porta a credere che, la parola identità culturale non spiega ne esaurisce la vasta esperienza umana. Attraverso miti, storie leggende, allegorie, simboli, si cela la vera scienza dell’uomo, una scienza codificata in strabilianti ed eccezionali miti dell’origine. Non solo storie, non solo superstizioni, non solo vagheggiamenti mistici ma un vero e proprio linguaggio comune, voci di millenni che ci parlano di noi, di chi siamo, da dove veniamo. Ma, soprattutto, ci ricordano che tutto questo vociferare di razze, culture, etnie, radici, sono solo parole umane prive di senso.


Il primo lascito  di questi grandi uomini del passato, di grandi patrimoni di conoscenze è che tutti noi apparteniamo al cielo. In tutte le tradizioni c’è questo splendido racconto di uomini caduti o discesi dall’alto per errori di orgoglio cecità, per oblio o solo per portare un dono alla terra. Da questo punto di partenza, in cui dal paradiso siamo sprofondati nel caos, vi sono stati nei secoli personaggi straordinari, gruppi di illuminati che hanno avuto l’intelligenza di conservare il patrimonio culturale dell’umanità. Non di una etnia specifica ma dell’umanità intera L’adamas della bibbia. Oramai il mondo si era diviso in cielo e terra, gli uomini erano dispersi dimentichi della realtà del mondo. Una realtà semplice e bellissima. Nonostante le apparenti diversità siamo tutti parte di un tutto più grande che ci comprende e ci trascende. Uniti in una immensa rete di cause ed effetti, interazioni e scambi.


L’identità culturale vista in quest’ottica non esiste. La tradizione primordiale appartiene a tutti. Forse l’abbiamo dimenticata. Ma ci sono sempre stati gruppi che hanno conservato piccoli frammenti del mosaico originale. Non esistono identità culturali diverse, civiltà superiori e inferiori. Esistono uomini che dimenticano e uomini che cercano di ritrovare il punto di origine. Ogni religione, ogni tradizione conserva una piccola scintilla della verità originaria. Per questo io non mi considero italiana cristiana o latro. Perché considero tali limiti semantici concetti statici che mal si accordano  con l’originaria flessibilità e dinamicità della vita. Ognuno di noi uomini, divisi pere comodità scientifica in etnie e culture, siamo participi della stessa natura. Ognuno con talenti diversi , con capacità diverse e mentalità diverse. Questo non per distinguerci ma perché ognuno porti il suo personale  e unico contributo alla ricerca eterna della unità originaria. Bellissima a questo proposito l’immagine dell’albero con tanti rami, come tante le strade che portano alla verità. Mandei, falasha, dogon, sufi, incas, maya, taoisti,greci, etruschi, indù, celti, nativi americani,italici e tanti altri hanno trovato un piccolo ma prezioso pezzo della nostra storia.


Ma noi  ci fissiamo con le parole: la mia tradizione, la mia terra, il mio progresso. Le parole sono utili ma spesso di distolgono dalla realtà. Non esiste mio e tuo, noi e loro. La terra non può essere di nessuno, la terra esiste per tutti. Il sole splende su tutti. Un fiore profuma per tutti. Essere fieri delle proprie radici è forse una bella cosa ma la domanda che mi pongo è: quali sono in verità queste radici? Limitarle al suolo in cui si è nati, alla cultura e religione in cui si è stati socializzati ed educati è riduttivo. Significa porre limiti all’uomo, alla sua vera essenza. In fondo potrebbe essere frutto del caso. O addirittura se le radici sono un argomento così importante averle solo per diritto di nascita e non come scoperta o ricerca costante sarebbe un controsenso che vanificherebbe la loro presunta importanza. Per me ad esempio L’Italia è stata un importante punto di partenza. Conoscere la storia le culture che qui hanno prosperato mi ha permesso di spingermi verso l’eterna ricerca della Verità. Ma, la mia identità, è qualcosa di più vasto di ciò che è racchiuso in un nome, in una nazionalità, in una tradizione. E un qualcosa che si collega con l’eternità.. La vera identità non nasce come acquisizione esterna ma nasce e si sviluppa come ricerca ininterrotta, avvicinandosi a chi, nei secoli, ha appreso la saggezza, l’ha conservata, l’ha protetta. E ha capito che questa saggezza appartiene a tutti. A noi figli del cielo.


 

Alessandra Micheli
email:
alessandramicheli@virgilio.it  

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