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Religione
Messaggio dai sotterranei ''Vorrei parlarvi di Gesù'' LITURGIA DI ALEX ZANOTELLI - di Paolo Mantovan

Lingua: Italiana
Destinatari: Insegnanti
Tipologia: Materiale per autoaggiornamento

Abstract:

Messaggio dai sotterranei ''Vorrei parlarvi di Gesù''
LITURGIA DI ALEX ZANOTELLI -

di Paolo Mantovan

E’ un ritorno discreto, silenzioso. Padre Alex Zanotelli è di nuovo in Italia e ci rimane per poco. Celebra il funerale del suo papà, stringe in un abbraccio la mamma e resta a Livo, in Val di Non, per qualche giorno. Poi, una visita a Rovereto. E, infine, via, verso la "sua" bidonville di Korogocho, il luogo in cui Alex incontra Gesù. "Io lo trovo lì, tra i poveri" ripete spesso.

Dovrà alzarsi presto, all’alba: alle 5 deve salire in macchina per andare all’ aeroporto, destinazione Nairobi. Ma la sera del congedo padre Alex prepara una veglia, con una piccola comunità di credenti nella pace. La celebrazione eucaristica comincia alle 22, mentre Alex sorride e intorno a lui si avvicinano giovani e anziani in silenzio.

"Vorrei parlarvi di Gesù".

Alex apre il Vangelo e va al quinto capitolo di Luca.

 

Prendete il largo

E’ l’inizio della predicazione di Gesù. Il Maestro è sulla riva del lago di Genezaret e vede i pescatori appena scesi dalle barche vuote intenti a lavare le reti. Si fa avanti: prega loro di riprendere i remi. Si siede sulla barca e insegna alla folla. Poi, d’improvviso, scuote Simon Pietro: "Prendi il largo e getta le reti per pescare". Pietro è sorpreso. "Maestro abbiamo lavorato tutta la notte senza prender nulla; però, sulla tua parola, getterò le reti". Le gettano e, subito, si impiglia una quantità così grande di pesci che le reti cominciano a rompersi. Simon Pietro si getta ai piedi di Gesù ed esclama: "Allontanati da me, Signore, perché io sono un peccatore". Non solo Pietro ma anche i suoi fratelli e gli altri pescatori sono sconvolti. Mai avevano visto tanti pesci. Gesù risponde: "Non temere, d’ora in poi sarai pescatore di uomini".

 

Padre Alex alza lo sguardo. Incontra gli occhi di tutti coloro che gli stanno attorno, raccolti in preghiera, in ascolto. "Vorrei sottolineare alcune frasi di questa stupenda pagina del Vangelo di Luca". Alex rapisce. Tutti concentrano lo sguardo sul suo volto scavato, quasi sfinito, raggiante, luminoso. "Prendi il largo, dice Gesù: non possiamo starcene fermi, seduti, dobbiamo prendere il largo, abbandonare le certezze".

Gli sguardi restano fissi, i volti si rabbuiano e quelle prime parole sono già un messaggio che affatica. Qualcuno sospira. Ma Alex non lascia tempo. "Per gettare le reti, per trovare un senso al nostro giorno, per poterci sfamare, dobbiamo prendere il largo". La piccola stanza che racchiude quella microcomunità, quelle venti anime in pena felici per la presenza di Alex, sembra ancora più piccola, pare inghiottire gli sguardi timorosi. "E perché - insiste padre Alex - il buon Pietro risponde che i pescatori hanno lavorato tutta la notte senza prender nulla? E’ semplice: perché senza Gesù è notte". Ed è veramente notte in questo Nord, in questa terra senza fede. Alex non tarda a spiegarlo. "Vedete, Pietro si convince e getta le reti; ma, prima di gettarle, l’apostolo dice: Signore, sulla tua parola, getterò le reti".

Alex è convinto, convincente, dirompente, estenuante. E ripete tre, quattro, cinque volte: "Sulla parola di Gesù, sulla parola di Gesù...".

La comunità si piega. Ha capito e si sente infinitamente debole, povera. Forse è proprio questo che serve. Adesso si sente realmente comunità: comunità di peccatori. Alex riprende: "Sì, è solo Lui, solo Gesù che compie miracoli. Noi potremo anche divenire pescatori di uomini, ma soltanto sulla sua parola. Forse le nostre battaglie sono spesso solitarie, intraprese sulle nostre misere forze, sulle nostre minuscole spalle. E’ un errore". Zanotelli sembra spogliare anche se stesso. Non ha nessuna forza lui, è solo il suo "Papi" che gli fa gettare le reti al largo. Tutti ne sono convinti eppure nessuno ci crede. Tutti sono convinti che è Gesù, il "Papi" ad operare, ma nessuno crede veramente che Alex non abbia qualche forza in più. Lo guardano e vorrebbero rubargli la fede, lo sentono e vorrebbero non averlo mai sentito. Intanto si arriva alla stretta di mano, all’augurio di pace: un giovane accarezza il ventre di una madre, un anziano si piega e chiede perdono all’Alex, una handicappata sprigiona più forze di tutti gli altri, e tutti si stringono forte come se quell’attimo fosse fondamentale. E’ un momento strano. Vien quasi paura. Ma Alex - non è facile spiegarlo, scusatemi - riporta tutto alla semplicità, alla naturalezza. Scaccia i dubbi che si insinuano in queste piccole feste intime e partecipate, riporta tranquillità dove si teme l’effetto di una suggestione, di una potente suggestione.

E’ semplice l’Alex, senza pretese, soltanto si fa strumento.

E’ già mezzanotte e nessuno se ne accorge. C’è un bel tepore. "Andate in pace, la messa è finita" chiude Alex. Nessuno vorrebbe lasciarlo andare. A qualcuno passa per la mente un sogno: potremmo accamparci qui... Alex ha una parola per tutti e conosce tutti. Ma certo non si accampa: lui prende il largo.

 

Il sorriso dei poveri

Ma, prima di andare, gli chiedo un messaggio. Un messaggio per noi, poveri diavoli.

Una piccola parola per le nostre famiglie, per l’eterna fatica di essere comunità o, semplicemente, di condividere la stessa fede. Lo prego di lasciare un sorriso oppure, che so, un pianto disperato rivolto a questa terra fredda, percorsa da mille fughe individuali, chiusa nel cappotto della propria tana, scossa "soltanto" da scandali colossali appresi alla tv. Che cosa succede? gli chiedo. Le comunità si sgretolano, il ritmo della vita toglie il saluto, affetto è una "parola" in disuso.

Alex mi guarda. Mi dice che è proprio vero, che qui c’è tanta solitudine. E, intanto, è come se egli avesse dimenticato l’aereo.

"Alcuni giorni fa, a Korogocho, ho visto una ragazza, giovanissima: stava morendo di Aids. Poi ho saputo che la sua mamma era fuggita. Sono tornato da lei: era proprio in fin di vita, e mi faceva tanta tenerezza. Ormai si era trasformata in una vera e propria maschera. Era sfinita, e tutti attendevano ormai soltanto la sua morte come una consolazione. Sono andato a pregare con lei. La tua mamma ti ha lasciata, è scappata - le ho detto - Come hai preso questa botta? Come ti senti dopo questa nuova terribile batosta? Lei mi ha guardato intensamente, poi ha allargato il suo sorriso. Un sorriso spaventoso e bellissimo. Mi ha detto: non preoccuparti, Dio è mia mamma.

Pensa che è una ragazza giovanissima, avrà sì e no 16 anni ed è una prostituta. Con me ci sono degli altri carissimi fratelli. Continuiamo a pregare accanto a lei e con lei. Io le spiego che noi stiamo cercando di essere un po’ il segno del Signore per lei in quel momento. Poi le chiedo: ma chi è oggi il segno, il volto di Dio, qui? Io sono rimasto esterrefatto perché lei mi ha risposto, candida e tremante: Sono io il volto di Dio, adesso, qui.

E mi ha sorriso ancora.

Ecco io vi dono quest’immagine. In questa immagine c’è tutto il volto della speranza. Nella disperazione di questi poveri, attanagliati dalla miseria, da una spaventosa crisi economica, dall’espandersi dell’Aids, c’è Gesù, c’è il nostro Papi. Sono i poveri, sono loro gli autentici depositari della speranza, del sorriso, della voglia di vivere. Sì il Natale è speranza, ma è da questi poveri, da questi sotterranei della vita che sgorga la speranza. E, non posso spiegarvelo altrimenti, è proprio il Vangelo che spiega dove è la speranza. E’ difficile capirmi, forse, è difficile capire soprattutto il messaggio evangelico. Ma non c’è alcun dubbio. Nell’esperienza storica di Gesù, nella sua predicazione e nella sua vita in Galilea i poveri costituiscono il soggetto primario. Badate bene, i poveri non sono nel Vangelo oggetto di beneficenza. Chissà perché succede che essi vengano capiti solo così, come oggetto delle nostre attenzioni (e soltanto nella migliore delle ipotesi!). Sono loro il centro, il perno, la vera scoperta. Gesù ci conduce in questa scoperta, ci porta per mano.

A volte ci lasciamo tradire da piccoli particolari e ci sfugge il significato pregnante. Forse ce lo lasciamo sfuggire...

Ma dobbiamo ricordare che i Vangeli sono delle ‘ritraduzioni’ della realtà, scritti qualche decina d’anni dopo la morte di Cristo. Sono delle ‘ritraduzioni’ per le comunità. Ma non c’è alcun dubbio che siano i poveri il soggetto primario dei Vangeli. Questo è anche l’autentico messaggio di San Francesco. Che faceva Francesco? Con chi stava? Quando conobbe realmente il volto di Gesù? Quando diede il bacio ai lebbrosi, quando si pose al fianco degli abbandonati, degli emarginati, quando si tolse i vestiti che lo ingombravano, che lo tenevano schiavo di una vita da ricco?".

 

Voi del Nord

"Ebbene, anche rileggendo Francesco, come ho avuto modo di fare studiando il recente lavoro del triestino Miccoli, si capisce chiaramente qual è il centro del vero messaggio di Gesù. Della scelta di Gesù. Sono i poveri i detentori della speranza.

Ecco, è questo il messaggio: a chi si sente ricco, a chi si sente sapiente...

E’ il messaggio che voglio portare a voi, al Nord del mondo. Nel Nord del mondo, dove voi vivete, c’ è un percorso a ritroso. Ogni volta che torno dai sotterranei della vita, ogni volta che rivedo questi luoghi a me cari, ogni volta che incontro voi del Nord, sento un grande freddo avvolgermi. C’è gelo nei paesini, dove un tempo c’era la vita; la gente è chiusa in se stessa, sembra quasi non conoscersi; anche se vivono in quattro in dieci chilometri quadrati; le famiglie non riescono a comunicare, e questo capita nei paesini ma ancor più nelle grandi città. Non c’è dialogo, c’è solo fretta: c’è fretta di fare che? di chiudersi in se stessi, di scappare dai fratelli sporchi, dai fratelli diversi, dai fratelli malati di Aids.

E’ questo il messaggio che voglio portare a voi del Nord: sono i poveri i soggetti per un Natale alternativo. E’ Gesù che nasce all’aperto, fuori da Gerusalemme, fuori da Betlemme, salutato soltanto da dei pastori".

"In Italia ho trovato un senso di scoraggiamento: nell’aria c’è come un senso di morte. Ora si vede il tramonto degli dei: vi piegate, ora, e raccogliete i cocci. Tutti quei personaggi politici, quei potenti dell’economia travolti dagli scandali... Molta gente ha paura. Ma dobbiamo ringraziare che sia arrivato questo importante punto di svolta. Era tempo che le cose si mostrassero nella loro nudità: lo ripeto, dobbiamo ringraziare che sia finalmente giunto questo momento.

Quello che mi preoccupa, però, è che vedo pochi fermenti. Vedo estendersi timori: la caduta degli dei rischia di trascinare con sé anche il punto di svolta. Perché tutti, prima, stavano fermi, ad adorare gli dei, ed erano in pochi a cercare di resistere, a tentare di leggere con attenzione la falsità degli dei. E, allora, mi preoccupa ancora di più che ci siano pochi fermenti. In questo momento occorrono soggetti che nascono dal basso: senza base non possiamo sperare nella nascita di nuovi politici. E sarebbe un peccato sprecare questa occasione che la storia ci offre per riprendere vitalità, per cercare vie di equità e di legalità. Ma custodite in voi questo pensiero: nulla di buono può nascere senza una buona terra, nessun uomo politico nuovo può nascere dal vecchio, la base è quello che conta, la continua ricerca e la lotta possono, sole, far germogliare nuovi personaggi che portano speranza, legalità e giustizia.

Io temo che i fermenti siano pochi: allora i ‘nuovi’ politici si formeranno nel solito legame perverso e nel ciclo imposto dai giganti dell’economia. Ho paura per voi del Nord, ma soprattutto per i fratelli del Sud: o il Nord cambia oppure non succede nulla".

 

"Ma preferisco avvicinarmi a Tonino Bello. Preferisco fare mie le sue parole.

C’è una primavera in vista, per l’Europa e per il Nord del mondo.

La fine dell’impero del denaro è forse molto più vicina di quanto noi tutti sospettiamo. Ma è chiaro che non può essere alimentata da una attesa fatalistica. Ho ben presente il libro, recentemente pubblicato in lingua inglese, dal titolo Nonviolent coming of God, in cui Douglas, autore americano e biblista, rivede l’intera esperienza di Gesù in chiave apocalittica. E quando Cristo ammonisce i farisei, è come se ammonisse tutti gli uomini: ‘O voi cambiate strada o alla fine voi tutti morirete’. Non c’è mediazione in questo ammonimento. E’ chiarissimo. Ed è un avvertimento estremamente attuale. Se non cambiate strada sarà il crollo totale come quello di Gerusalemme. Gesù, allora, indicava l’avvento di un popolo nuovo, di un popolo nonviolento, che è capace di accogliere il greco e il romano. Se non ce la facciamo crolliamo tutti. Oggi, dunque, in questa difficilissima fase, racchiusa tra la speranza e la disperazione, o ci convertiamo o ci perdiamo. Siamo tutti coinvolti. Dobbiamo fare questo salto; dal basso.

Ecco il messaggio per voi del Nord: l’accoglienza del volto dei poveri, la loro centralità, il ripartire dal basso, dagli inferi".

 

Un abbraccio, un sorriso, e Alex va a dormire. Si alza qualche ora più tardi e poi, con l’aereo, è di nuovo laggiù, a Korogocho. La ragazza malata di Aids è morta. Il suo sorriso risplende.



http://www.il-margine.it/rivista/modules.php?name=News&file=article&sid=111



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