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La
scuola dell'obbligo e gli alunni stranieri. L'educazione interculturale. |
Circolare
Ministeriale 26 luglio 1990, n. 205
I - Premessa
II - La situazione attuale: dati e considerazioni
III - Competenze a livello periferico
e coordinamento degli interventi
IV - L'ammissione dell'alunno straniero nella scuola dell'obbligo.
Riconoscimento dei titoli di studio
V - L'organizzazione scolastica in presenza di alunni stranieri
VI - L'educazione interculturale
VII - L'aggiornamento degli insegnanti
VIII - Interventi per i lavoratori adulti
IX - Indagini ricognitive e dibattiti
I - Premessa
Le dimensioni sempre più ampie
dei flussi migratori e la nuova disciplina prevista in materia di immigrazione
dal D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, convertito con modificazioni dalla
Legge 28 febbraio 1990, n. 39, rendono opportune -a complemento della
C.M. 8 settembre 1989, n. 301, che si intende integralmente richiamata- alcune considerazioni sulla
presenza degli alunni stranieri nella scuola italiana e ulteriori indicazioni
operative per la scuola dell'obbligo, nella quale il fenomeno risulta
più consistente e complesso.
E' da rilevare che, mentre per gli alunni provenienti dai paesi della
Comunità europea il D.P.R. 10 settembre 1982, n. 722 - emanato in attuazione
della direttiva CEE n. 77/486 del 25 luglio 1977 - contiene apposite norme in materia, per gli alunni provenienti
da paesi extracomunitari sono disponibili solo alcune indicazioni normative
ricavabili dalla Legge 30 dicembre 1986, n. 943 (artt. 1 e 9).
Peraltro, le presenti esigenze
degli alunni extracomunitari richiedono più specifica attenzione e interventi
di maggiore complessità
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II - La situazione attuale: dati e considerazioni
Sulla presenza degli alunni stranieri
in Italia, nell'anno scolastico 1988-89, una ricerca promossa dal Centro
studi emigrazioni di Roma (CSER), in collaborazione con questo Ministero
(vedi C.M. Gab. del 14 novembre 1988, n. 845) ha fornito, in via provvisoria,
alcuni dati significativi, che riguardano oltre due terzi delle scuole
interessate. Degli alunni stranieri segnalati dalle scuole che hanno risposto
all'inchiesta CSER, il 14,3% frequenta le scuole dell'infanzia, il 46,3%
le elementari, il 20,3% le medie e il 19,1% le superiori. L'86% degli
alunni stranieri gravita sulle scuole statali: la residua parte è presente,
in prevalenza, nelle scuole dell'infanzia comunali o private. Per quanto
riguarda le provenienze geografiche, circa un terzo degli alunni stranieri
proviene dai paesi europei (per il 44% da paesi CEE e per il 56% da paesi
extra-CEE). I paesi asiatici e quelli africani forniscono un quinto ciascuno
dell'intera utenza straniera.
In complesso gli alunni stranieri provengono da 114 paesi diversi. Sono
segnalati, in ordine decrescente di presenza, i cinesi (6,6%), gli jugoslavi
(compresi i nomadi: 5,8%), i polacchi (5,1%), gli statunitensi (4,9%),
i marocchini (4,7%), i tedeschi (4,7%), gli etiopi (3,9%), gli iraniani
(2,6%), i cittadini del Regno unito (2,3%), i francesi (2,3%), gli egiziani
(2,3%), i vietnamiti (2,3%), i brasiliani (2,2%), ecc.
L'indagine del CSER ha anche messo in evidenza che delle scuole che hanno
segnalato la presenza di alunni stranieri, la stragrande maggioranza ne
accoglie uno o due. Le scuole frequentate da un numero di alunni stranieri
superiore a 20 sono relativamente poche o quasi sempre concentrate in
alcune grandi città; raramente accolgono una sola etnia.
Un'analisi dei flussi migratori pone in rilievo la differenziazione tra
stranieri con prospettive di stabilizzazione in Italia, stranieri in transito
per altra destinazione e migranti in cerca di lavoro temporaneo. Tali
realtà, oltre che il livello culturale, sociale ed economico delle famiglie,
determinano aspettative e bisogni educativi differenziati e incidono in
modo diverso sull'interesse per la lingua e la cultura italiana e sulle
richieste di valorizzazione della lingua e della cultura d'origine.
Rispetto ad un fenomeno così complesso, le strategie di intervento educativo
richiedono una elaborazione in sede locale sulla base della conoscenza
puntuale delle situazioni, dell'analisi dei bisogni e della ricognizione
delle risorse disponibili.
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III - Competenze a livello periferico e coordinamento
degli interventi
Si ritiene necessaria la costituzione
presso i Provveditorati agli studi (ove non siano già operanti) di comitati
o gruppi di lavoro e di un ufficio di riferimento per le problematiche
degli alunni stranieri, anche al fine di assicurare il necessario collegamento
con gli Enti locali ed altre istituzioni interessate, la collaborazione
con il servizio ispettivo, la consultazione dei sindacati e delle associazioni
professionali e un rapporto costante con qualificate rappresentanze delle
comunità straniere, per l'individuazione dei bisogni, la programmazione
degli interventi e l'assistenza alle iniziative attuate dalle scuole,
sulla base degli indirizzi contenuti nella C.M. n. 301/1989 e nel presente
testo.
Saranno curate in particolare la raccolta e la diffusione di documentazione
sulle esperienze attuate e in corso; l'informazione bibliografica e attinente
ai sussidi audio-visivi; l'organizzazione di incontri per un confronto
di esperienze fra i docenti coinvolti; il coordinamento di iniziative
di aggiornamento, con la segnalazione alle scuole delle iniziative promosse
da enti culturali e scientifici e da associazioni professionali (vedi
appresso, paragr. VII, aggiornamento degli insegnanti).
Sarà utile acquisire la collaborazione di docenti con competenze nel settore
dell'educazione degli adulti e dell'alfabetizzazione nonchè di esperti
di comunicazione e di organizzazione.
E' da ricordare che alle competenze degli enti locali in materia di diritto
allo studio si aggiunge, per la Regione, il compito di promuovere "appositi
corsi di lingua e cultura italiana al fine di favorire l'integrazione
nella comunità italiana dei lavoratori extracomunitari e delle loro famiglie",
nonchè, "anche attraverso altri enti locali", "programmi culturali per
i diversi gruppi nazionali, anche mediante corsi effettuati presso le
scuole superiori o istituti universitari" (art. 9, II e IV comma della
Legge n. 943/1986).
Una funzione di rilievo è esercitata dagli IRRSAE per la ricerca di strategie
educativo-didattiche adeguate, l'aggiornamento degli insegnanti e l'assistenza
a progetti sperimentali. Al riguardo risultano già assunte, in varie regioni,
iniziative di particolare interesse, anche con significativi apporti delle
istituzioni universitarie.
In considerazione della pluralità dei soggetti abilitati a intervenire
in materia di istruzione degli alunni stranieri, è da rinnovare l'invito,
rivolto ai provveditori agli studi con la circolare n. 301, ad
attuare "le opportune modalità di coordinamento, al fine di promuovere,
anche attraverso protocolli di intesa, progetti operativi interistituzionali
che utilizzino e valorizzino ogni forza presente nel territorio" (VI comma).
Il coinvolgimento dei consigli scolastici distrettuali e dei consigli
scolastici provinciali potrà favorire una conoscenza più diretta della
situazione e delle esigenze emergenti, anche al fine di una programmazione
più articolata degli interventi.
Le Sovrintendenze scolastiche potranno costituire una sede di confronto
delle esperienze nella dimensione regionale, per la più efficace collaborazione
tra l'amministrazione scolastica periferica, la Regione, gli IRRSAE e
il corpo ispettivo.
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IV - L'ammissione dell'alunno straniero nella scuola
dell'obbligo. Riconoscimento dei titoli di studio
Al momento dell'ingresso nella
scuola italiana, si pone l'esigenza di una ricognizione della situazione
di partenza dell'alunno straniero ad un duplice fine:
a) determinazione della classe d'iscrizione;
b) elaborazione di un percorso formativo personalizzato.
Fin da questo primo momento i capi d'istituto promuoveranno la collaborazione
della scuola con le famiglie
e con le comunità interessate.
Come già suggerito con la C.M. n. 301/1989 (punto 1, V comma) "si dovranno
distinguere i soggetti di recente immigrazione da quelli il cui arrivo
nel nostro paese è più remoto: i primi avranno non solo problemi di integrazione
linguistica, ma manifesteranno problemi di adattamento alle nuove condizioni
di vita. I secondi, di regola, dovrebbero in qualche misura possedere
i rudimenti della nostra lingua e dovrebbero non più subire problemi acuti
di adattamento ai nuovi costumi". Si presterà altresì attenzione al tipo
di immigrazione e alle condizioni delle famiglie (vedi sopra, paragr.
II, penultimo comma).
La necessaria specificazione non deve tuttavia far dimenticare che gli
alunni stranieri sono prima di tutto alunni: bambini e bambine, ragazzi
e ragazze, con le loro individualità e differenze, fra le quali l'appartenenza
ad una diversa etnia si colloca come una delle variabili da prendere in
considerazione, senza tuttavia escludere gli opportuni accertamenti sul
piano motorio, cognitivo e socio-affettivo che sono alla base di una corretta
azione programmatoria per tutti gli alunni.
Per quanto riguarda la determinazione della classe d'iscrizione, l'art.
1, I comma, del D.P.R. 722/1982 dispone che "gli alunni figli di lavoratori
stranieri residenti in Italia che abbiano la cittadinanza di uno dei paesi
membri della Comunità europea sono iscritti alla classe della scuola d'obbligo
successiva, per numero di anni di studio, a quella frequentata con esito
positivo nel paese di provenienza".
La C.M. n. 301/1989 ha già affermato la possibilità di estendere il disposto
di questa norma agli alunni provenienti da paesi extracomunitari, con
l'avvertenza che sarà necessario confrontare la struttura del nostro sistema
scolastico obbligatorio con quella del paese di appartenenza. Allo stesso
tempo la circolare ha richiamato "la necessità che siano avviate le procedure
attualmente seguite, ivi compresa la delibera del consiglio di classe
e la dichiarazione dell'autorità diplomatica o consolare italiana sul
carattere legale della scuola estera di provenienza dell'alunno" (punto
1, VI e VII comma).
Con riferimento alla citata C.M., sono stati formulati quesiti sull'opportunità
di iscrivere gli alunni, di cui si accerti un insufficiente livello di
conoscenza della lingua italiana, a classe inferiore a quella cui aspirano
in base agli studi pregressi, ricorrendo alla possibilità di "sottoporre
l'aspirante ad un esperimento nelle materie e prove da stabilirsi" (prevista
dall'art. 14 del R.D. 4 maggio 1925, n. 653). Al riguardo si rileva che
le prove, soprattutto per quanto concerne il livello di conoscenza della
lingua italiana, risultano opportune, piuttosto che in funzione selettiva,
ai fini della programmazione mirata alle attività didattiche.
L'iscrizione alla classe sarà disposta, in linea di principio, sulla base
della scolarità pregressa (cfr. richiamata C.M. n. 301/1989) in considerazione
delle responsabilità specifiche della scuola dell'obbligo. L'inserimento
in classe inferiore potrebbe risultare addirittura penalizzante per l'alunno,
se disposto soltanto a causa dell'insufficiente padronanza della lingua
italiana.
Si impiegheranno pertanto le opportune strategie (es., formazione di gruppi,
laboratori) e le risorse disponibili per colmare quel divario con interventi
specifici di consolidamento linguistico (vedi paragr. V, "L'organizzazione
scolastica in presenza di alunni stranieri"), in un clima di apertura
interculturale (vedi paragr. VI, "L'educazione interculturale").
In presenza di situazioni di particolare difficoltà , i consigli di classe
valuteranno responsabilmente la possibilità di iscrivere l'alunno alla
classe immediatamente precedente a quella cui aspira per numero di anni
di studio.
E' ancora da tenere presente che, ai sensi del IV comma dell'art. 10 del
D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, come modificato dalla Legge 28 febbraio
1990, n. 39, il riconoscimento dei titoli di studio (e professionali)
dei cittadini extracomunitari sarà disciplinato, in conformità con la
normativa comunitaria, con apposito decreto presidenziale.
Si ricorda, infine, che all'atto dell'ingresso dell'alunno straniero nella
scuola italiana dovrà essere richiamata l'attenzione dei servizi sanitari,
per gli interventi di competenza, con particolare riguardo alle necessità
di vaccinazione. Saranno altresì tenute in considerazione le consuetudini
alimentari connesse alle tradizioni del paese di origine.
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V - L'organizzazione scolastica in presenza di alunni
stranieri
La C.M. n. 301 ha già rilevato
che l'attuale quadro normativo (in particolare: Legge 24 settembre 1971,
n. 820 per la scuola elementare e Leggi 4 agosto 1977, n. 517 e 20 maggio
1982, n. 270 per la scuola materna, elementare e media) offre alle scuole
ampie possibilità progettuali per affrontare il problema degli alunni
stranieri ed ha assicurato l'attenta considerazione del Ministero per
tutti i progetti sperimentali specificamente predisposti (cfr. artt. 2
e 3 del D.P.R. 31 maggio 1974, n. 419).
Di immediata evidenza è il problema dell'integrazione linguistica. Nelle
esperienze in atto è risultata assai proficua l'alternanza di periodi
di presenza degli alunni stranieri nelle classi con momenti di applicazione
e attività di laboratorio linguistico in gruppi di soli stranieri.
Ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 1 del D.P.R. 722/1982 richiamato
dalla circolare n. 301, l'assegnazione alle classi è effettuata, ove possibile,
raggruppando alunni dello stesso gruppo linguistico che, comunque, non
devono superare il numero di cinque per ogni classe. Al riguardo sembra
opportuno ripartire gli alunni stranieri in ragione di qualche unità soltanto
per classe, al fine di agevolarne la naturale integrazione linguistica
con gli alunni italiani, mentre può essere utile costituire gruppi anche
superiori alle cinque unità nei momenti di specifiche attività linguistiche.
Il raggruppamento di più alunni stranieri in un'unica classe di scuola
elementare è comunque da riferirsi agli iscritti nello stesso plesso.
Per quanto possibile, le attività di sostegno linguistico saranno intensificate
nella fase iniziale dell'anno scolastico.
La specifica destinazione di insegnanti ex art. 14 Legge n. 270/1982 favorisce,
ove praticabile, l'adeguato svolgimento delle attività programmate.
E' qui da richiamare il disposto dell'art. 4 del D.M. 12 aprile 1990 (trasmesso
con C.M. 27 aprile 1990, n. 113), concernente la determinazione delle
D.O.A. per l'anno scolastico 1990- 91, per il quale "entro il limite fissato
dall'art. 24 della Legge 11 marzo 1988, n. 67, i docenti appartenenti
alle stesse dotazioni potranno essere impegnate nelle attività di cui
al VI e IX comma dell'art. 14 della Legge 20 maggio 1982, n. 270, secondo
i criteri indicati dall'O M. sulle utilizzazione di personale" (I comma).
"Ai fini indicati al precedente comma si terrà conto, prioritariamente,
delle esigenze connesse ... alle attività di sostegno, recupero e integrazione
di alunni portatori di handicap o provenienti da paesi extracomunitari"
(II comma) (vedi anche artt. 2 e 3 della stessa circolare).
Per la scuola elementare è da tener conto del nuovo assetto previsto dalla
Legge 5 giugno 1990, n. 148. L'art. 9, II comma, prevede che "nell'ambito
delle ore di insegnamento, una quota può essere destinata al recupero
individualizzato o per gruppi ristretti di alunni con ritardo nei processi
di apprendimento, anche con riferimento ad alunni stranieri, in particolare
provenienti da paesi extracomunitari".
Sempre per la scuola elementare, la C.M. 22 giugno 1990, n. 170, al punto
2, lettera c, prevede che "i posti D.O.A. utilizzati per progetti particolarmente
rilevanti sul piano sociale ed in armonia con gli aspetti portanti della
riforma (ci si riferisce, in particolare, ai progetti relativi alla dispersione
scolastica e all'integrazione degli extracomunitari) potranno essere mantenuti
per le stesse iniziative qualora ancora necessarie".
E' da ricordare che nelle scuole secondarie le attività di sostegno costituiscono
anche una delle possibili forme di utilizzazione dei docenti tenuti al
completamento di orario. La presenza di alunni stranieri pone all'attenzione
della scuola l'ulteriore tema della "valorizzazione della lingua e cultura
d'origine".
Per gli alunni comunitari, il D.P.R. n. 722/1982 prescrive di "promuovere
l'insegnamento della lingua e della cultura del paese d'origine, coordinandolo
con l'insegnamento delle materie obbligatorie e comprese nel piano di
studio" (art. 2, punto b) e prevede, per l'attuazione, apposite intese
con le rappresentanze diplomatiche degli Stati dei quali gli alunni medesimi
abbiano la cittadinanza (art. 4).
Per gli alunni extracomunitari la Legge n. 943/1986 prevede che "analogamente
a quanto disposto per i figli dei lavoratori comunitari e per i figli
degli emigrati italiani che tornano in Italia, sono attuati specifici
insegnamenti integrativi, nella lingua e cultura d'origine" (art. 9, punto
5). Nella pratica scolastica, tale disposizione ha assunto una duplice
valenza: in primo luogo si cerca di includere la "valorizzazione della
lingua e cultura d'origine" in progetti di educazione interculturale validi
allo stesso tempo per gli alunni italiani e per gli alunni stranieri;
sotto altro profilo, in presenza di richieste di corsi specifici di lingua
e cultura del paese d'origine e in carenza di apporti delle competenti
rappresentanze diplomatiche, si favoriscono, per quanto possibile, le
iniziative degli enti locali e lo svolgimento dei corsi da parte delle
comunità interessate.
Al riguardo è da raccomandare la massima collaborazione della scuola,
sia per quanto riguarda la disponibilità dei locali e delle attrezzature,
sia per il necessario coordinamento delle iniziative degli enti locali
e delle comunità interessate con le attività didattiche della scuola stessa,
da realizzarsi possibilmente nella programmazione scolastica.
L'intervento degli enti locali e la collaborazione delle comunità e delle
famiglie consente in alcune sedi scolastiche l'impiego di "mediatori"
di madre lingua per agevolare la comunicazione nell'ambito scolastico
ed i rapporti scuola-famiglia, nonchè l'utilizzo di "esperti" di madre
lingua per attuare le iniziative per la valorizzazione della lingua e
cultura d'origine. Risulta anche utile la collaborazione di studenti più
anziani.
La materia può trovare al momento sistemazione nei protocolli d'intesa
locali, in attesa di più organici interventi.
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VI - L'educazione interculturale
La realtà della presenza di stranieri,
così come delineata, rende di particolare attualità una nuova e mirata
attenzione della scuola alle tematiche connesse all'educazione interculturale
quale condizione strutturale della società multiculturale. Il compito
educativo, in questo tipo di società, assume il carattere specifico di
mediazione fra le diverse culture di cui sono portatori gli alunni: mediazione
non riduttiva degli apporti culturali diversi, bensì animatrice di un
continuo, produttivo confronto fra differenti modelli.
L'educazione interculturale -si osserva- avvalora il significato di democrazia,
considerato che la "diversità culturale" va pensata quale risorsa positiva
per i complessi processi di crescita della società e delle persone. Pertanto
l'obiettivo primario dell'educazione interculturale si delinea come promozione
delle capacità di convivenza costruttiva in un tessuto culturale e sociale
multiforme. Essa comporta non solo l'accettazione ed il rispetto del diverso,
ma anche il riconoscimento della sua identità culturale, nella quotidiana
ricerca di dialogo, di comprensione e di collaborazione, in una prospettiva
di reciproco arricchimento.
E' qui da sottolineare che l'educazione interculturale, pur attivando
un processo di acculturazione, valorizza le diverse culture di appartenenza.
Compito assai impegnativo, perchè la pur necessaria acculturazione non
può essere ancorata a pregiudizi etnocentrici. I modelli della "cultura
occidentale", ad esempio, non possono essere ritenuti come valori paradigmatici
e perciò non debbono essere proposti agli alunni come fattori di conformizzazione.
Ogni intervento che si colloca su questo piano tende così, anche in assenza
di alunni stranieri e nella trattazione delle varie discipline, a prevenire
il formarsi di stereotipi e pregiudizi nei confronti di persone e culture
ed a superare ogni forma di visione etnocentrica, realizzando un'azione
educativa che sostanzia i diritti umani attraverso la comprensione e la
cooperazione fra i popoli nella comune aspirazione allo sviluppo e alla
pace.
Può essere opportuno ricordare che nei documenti programmatici dei diversi
ordini scolastici sono presenti numerose indicazioni in materia, di cui
si riportano alcuni esempi significativi.
"Un contesto didattico così articolato potrà favorire, sulla scia di vissuti
di socializzazione fra bambini appartenenti ad etnie nazionali ed internazionali
diverse, prime forme di educazione multiculturale. La prossima apertura
delle frontiere europee potrà avere già nella scuola del bambino una sede
significativa di integrazione culturale, nella prospettiva di una educazione
alla comprensione, alla solidarietà e al reciproco rispetto dei comportamenti
e dei valori di bambini appartenenti a diverse culture regionali e nazionali"
(rapporto della commissione per la revisione degli orientamenti per la
scuola materna, cap. 3, par. 3, punto B).
"La scuola deve operare perchè il fanciullo ... abbia consapevolezza delle
varie forme di diversità e di emarginazione allo scopo di prevenire e
contrastare la formazione di stereotipi o pregiudizi nei confronti di
persone e culture" (programmi didattici per la scuola primaria, premessa
generale, parte I, paragr. "educazione alla convivenza democratica").
"Ponendo gli alunni a contatto con i problemi e le culture di società
diverse da quella italiana, la scuola media favorirà anche la formazione
del cittadino dell'Europa e del mondo, educando ad un atteggiamento mentale
di comprensione che superi ogni visione unilaterale dei problemi ed avvicini
all'intuizione di valori comuni agli uomini pur nella diversità delle
civiltà, delle culture e delle strutture politiche" (programmi della scuola
media, premessa generale, parte IV, paragr. 5).
E' evidente che le dichiarazioni programmatiche prima citate e la consapevolezza
di convergenze e differenze che le attività disciplinari potranno esplicitare,
non possono restare mere enunciazioni di principi o semplici constatazioni.
Occorre, infatti, che il senso e il rispetto dell'"altro", il dialogo,
la solidarietà vengano promossi soprattutto nel concreto quotidiano dei
rapporti interpersonali all'interno del gruppo classe, tra i gruppi e,
in collaborazione con la famiglia, anche nella dimensione extrascolastica.
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VII - L'aggiornamento degli insegnanti
Si rammenta che la C.M. (Ufficio
Studi e Programmazione) 18 maggio 1990, n. 136, concernente il piano nazionale
di aggiornamento per l'esercizio finanziario 1990, ha invitato i provveditori
agli studi ad avviare, "in stretta relazione con le variabili territoriali",
"attività di formazione in servizio, secondo moduli che saranno definiti
in sede periferica, per la predisposizione di competenze e strumenti idonei
che siano in grado di favorire l'inserimento di soggetti, culture e problematiche
extracomunitarie nel sistema educativo nazionale" (quartultimo comma).
A tal proposito la circolare auspica "una fruttuosa collaborazione con
altri soggetti istituzionali sui quali gravano problemi della stessa natura
(gli IRRSAE, per esempio), o di altra (enti locali territoriali), con
i quali dovranno stabilirsi sistematiche intese" (terzultimo comma).
Le attività di aggiornamento nella materia in discorso dovranno inquadrarsi
nel sistema organizzativo delineato dalla C.M. 18 maggio 1990, n. 136,
considerando, in particolare, il ruolo delle università (punto 2, terzultimo
comma) e l'utilizzabilità delle iniziative proposte da enti culturali,
scientifici ed associazioni professionali (punto 4, comma 9).
Saranno tenuti presenti, in particolare, i temi dell'educazione interculturale,
dell'insegnamento dell'italiano come lingua seconda e della valorizzazione
della lingua e cultura d'origine.
Si ritiene opportuno riaffermare che "la concezione, implicita nel dettato
costituzionale secondo cui la scuola è aperta a tutti (art. 34, primo
comma, Costituzione), che vede nella scuola una comunità chiamata a realizzare
il pluralismo delle scelte, esige che si faccia progressivamente strada
nel personale interessato una attitudine relazionale, capace di istituire
un collegamento non soltanto fra le persone, ma anche fra le diverse prospettive
culturali" (C.M. n. 136, punto 3, comma 7).
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VIII - Interventi per i lavoratori adulti
Con C.M. del 28 giugno 1990, n.
176 e con l'annessa ordinanza sono state emanate le disposizioni per il
funzionamento dei "corsi sperimentali di scuola media per lavoratori"
con particolare considerazione dei problemi dei cittadini extracomunitari.
Per i "corsi di alfabetizzazione" a livello di scuola elementare, si fa
riserva di ulteriori comunicazioni.
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IX - Indagini ricognitive e dibattiti
L'emergenza dei problemi relativi
alla presenza straniera nella scuola dell'obbligo richiede inoltre specifiche
attività di studio e di ricerca per questo settore, nella prospettiva
di una graduale estensione alle scuole di ogni ordine e grado.
Questo Ministero intende pertanto promuovere, nel corso del prossimo anno
scolastico, un convegno nazionale di studio, per consentire, anche con
il confronto di esperienze significative, l'approfondimento dei problemi
organizzativi e didattici connessi con la presenza degli alunni stranieri
nella scuola dell'obbligo e l'elaborazione di un quadro generale di riferimento
per gli interventi da adottare.
Con lettera successiva sarà altresì trasmesso un modello per una indagine
aggiornata sulla presenza e sulla condizione degli alunni stranieri nella
scuola dell'obbligo.
Si rappresenta intanto ai provveditori agli studi l'opportunità di attivare
il più ampio dibattito sulle problematiche dell'integrazione scolastica
degli alunni stranieri, sulla base degli indirizzi contenuti nella C.M.
n. 301/1989 e nel presente testo, mediante incontri con gli ispettori
tecnici e i capi d'istituto e successive riunioni dei collegi dei docenti.
Si pregano inoltre i provveditori agli studi medesimi di trasmettere in
duplice copia a questo Ministero (Direzione generale istruzione elementare
- Div. II e Direzione generale istruzione secondaria di I grado - Div.
I), entro il 15 ottobre c.a., una relazione di carattere generale sulla
presenza scolastica degli alunni stranieri nelle rispettive province,
con riferimento ai problemi emersi ed alle più significative esperienze
in atto per la scuola dell'obbligo e di allegare i testi di eventuali
protocolli d'intesa adottati per favorire la collaborazione interistituzionale
in materia.
Si pregano, infine, gli IRRSAE e il CEDE di inviare ai medesimi uffici
di questo Ministero le possibili notizie sulle attività di ricerca, assistenza
e aggiornamento svolte o programmate in merito all'integrazione scolastica
degli alunni stranieri.
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