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Maratea archeologica
Marino Faggella
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Volendo ricostruire l’origine storica di Maratea, pur ammettendo di non poter sempre disporre di dati e documenti certi, si può in ogni caso argomentare che la città ha avuto sicuramente una vicenda millenaria, come testimoniano anche le recenti ricerche effettuate nel suo territorio (l’area archeologica del lagonegrese, all’interno della quale si iscrive anche la città tirrenica, si è rivelata in questi anni ricchissima di dati storico-documentari appartenenti ad ogni epoca e in grado di interessare tutti i campi dell’archeologia da quella preistorica alla più recente archeologia industriale (1) che, confermando ancora oggi significative presenze fin dalla fase preistorica, hanno definito un’età cronologica che giunge presumibilmente fino al quindicesimo secolo a.C. Ma è nel periodo magnogreco e romano che probabilmente l’insediamento di Maratea prese consistenza prima di polis poi di civitas. Da allora la città ha percorso la sua storia dal momento paleocristiano, poi medievale, fino a giungere attraverso l’età moderna ai giorni nostri, facendo registrare alti e bassi nella marea del tempo, dove storia, mito e leggenda si mescolano quando si voglia far riferimento alle civiltà che lì prosperarono o furono semplicemente di passaggio limitandosi ad una fugace apparizione. Ma anche in questo caso, siano stati uomini di fede e di mercato o semplicemente predoni, quelli che hanno calpestato le terre di questo secolare crocevia di popoli, a partire dai Micenei, Greci, Romani, Longobardi, Normanni o Bizantini (soprattutto monaci basiliani) nulla è andato perduto in questi luoghi. In misura maggiore o minore tutto si è versato nella varia e complessa vicenda storica, sociale e culturale di Maratea, la cui civiltà è niente altro che il prodotto di assimilazione delle caratteristiche e dei valori appartenenti a quei popoli che vennero in qualche modo in relazione con la gente del luogo, che conserva ancora nel nome delle località, nella lingua, nelle tradizioni, nei costumi e oltre che nella complessa varietà della sua storia, i segni tangibili di una secolare ed intensa frequentazione che permangono ancora attuali e visibili anche nell’epoca della rivoluzione telematica. L’antica Maratea fu in principio, forse dal tempo dei Greci, località religiosa, un luogo di culto cui facevano capo le città greche della costa, Laos, Vibone e Blanda, edificata alle foci del Noce e localizzata dagli storici odierni non tanto sul monte di Maratea ma alquanto più a sud sulla collina di Palècastro, tra Castrocucco e l’abitato di Tortora, dove ancora oggi le pale meccaniche non mancano di portare alla luce resti di antiche costruzioni e arredi di tipo sepolcrale. La localizzazione di Blanda (2) nei pressi del mare e alla foce del fiume Noce è oggi abbastanza sicura, essa è inoltre suffragata dal fatto che gli antichi greci, siano stati Focesi o altri, preferivano costruire le loro città alla confluenza dei fiumi, i quali, particolarmente nella nostra regione erano grandi vie di comunicazione, autentiche “autostrade del mondo antico”(3) che anche in quest’area della Lucania antica consentivano un continuo scambio fra le popolazioni della costa con quelle interne. Adamasteanu ha già chiarito che nella nostra regione esistevano due mondi, quello indigeno e quello greco che, pur avendo usi e costumi diversi, avevano frequenti contatti fra loro che avvenivano proprio attraverso le colonie greche della costa. In effetti il Noce e la sua valle costituivano una porta e una naturale via di penetrazione che consentiva agli uomini della costa, greci o non greci, di raggiungere le zone interne del lagonegrese per commerciare. In questo senso assumevano grande rilievo le correnti di traffico che provvedevano a smistare verso l’interno i prodotti che approdavano sul lido di Maratea, a cominciare dall’ossidiana proveniente dalle Eolie, alle anfore, alle coppe di tipo ionico, ai vasi a vernice nera, ai grandi crateri che ancora affiorano oggi a Rivello (Serra città) e a Capo La Timpa di Maratea, onde ci proviene abbondante ceramica che, negli esemplari più fini, presenta motivi decorativi caratteristici della cultura appenninica (4). Quest’ultima località, trovandosi al di sopra della costa, costituiva certamente un importante approdo di merci che venivano smistate via mare lungo la direttrice jonico-tirrenica verso la valle del Noce, o seguivano le vie interne utilizzando il Passo della Colla, situato a nord della cittadina tirrenica, che era un’altra importantissima via di comunicazione e di penetrazione delle merci verso l’interno.
La questione di Blanda
Il problema delle origini di Maratea, per mancanza di sicuri dati storici, è stato per molto tempo associato a quello della città di Blanda che è stato inoltre in passato “un problema bipartito” tra Lucania e Calabria, nel senso che gli storici delle due regioni hanno disputato a lungo rivendicando l’ubicazione della antica città entro i rispettivi confini regionali. Carmine Iannini a proposito della complessa situazione locale di Blanda così sostiene:«sono stati sempre discrepanti gli Autori tra di loro, ed in maniera, che l’hanno fatta camminare a guisa di una carrozza pèl Mondo, volendola chi in Calabria: chi, in Basilicata: chi vicino al lido; e chi in mezzo delle montagne, tra Potenza, e Vignola. Altri finalmente nel Territorio di Maratea, vogliono che fosse stata il di lei Castello…» (5). Per porre anche noi un termine alla questione dirò, anche alla luce delle ultime conclusioni degli storici, che una cosa oggi comunque è certa che se proprio non è possibile identificare Maratea con Blanda (per l’assenza delle necessarie condizioni richieste dai Greci a fondare una città, ed in particolare un ampio approdo situato alle foci di un fiume), la storia di quest’ultima ha influenzato non poco le vicende di quella che nell’epoca futura sarà detta Maratea, la quale non fu edificata dai Greci che, come è risaputo, preferivano costruire le loro città sul mare per ragioni commerciali, ma ebbe origine intorno all’anno Mille (6) nella parte alta del Castello, dove probabilmente esisteva già un precedente insediamento religioso, e fu in parte abitata dai blandesi, dopo che la loro città venne distrutta da un terremoto, evento non raro nelle nostre contrade, o dai Saraceni che imperversarono a lungo intorno a quelle coste. Fu allora che probabilmente vennero eretti i castelli della zona, quello ancora minaccioso di Castrocucco, e quello che esisteva un tempo sul monte, oggi diruto. Quanto alle torri che si ergono ancora lungo la costa (Caina, Filocaio, l’Imperatrice di Santavenere, etc.), esse non facevano parte delle fortezze e dei castelli medievali, ma erano parte di un sistema difensivo fatto costruire inizialmente dagli Angioini per frenare l’assalto degli Aragonesi che guidati da Ruggiero di Lauria non mancavano di compiere atti di pirateria contro i centri della costa tirrenica.
Il Castello di Maratea, che prima della distruzione di Blanda aveva ospitato comunità religiose di origine greca, dopo la scomparsa della città divenne il fondamentale centro gravitazionale sia politico che strategico della zona, fino a quando, con la nascita del Borgo di Maratea Inferiore nella valle, cominciò a perdere parte delle sue prerogative a vantaggio del nuovo centro, continuando tuttavia a mantenere la funzione difensiva, gestita per diversi secoli (7) e conservando le fondamentali prerogative religiose che ancora oggi detiene. A proposito della nascita di Maratea Inferiore che progressivamente erose le funzioni politiche inizialmente gestite dal Castello, vi sono due diverse opinioni, ognuna delle quali potrebbe essere plausibile. L’interpretazione più ricorrente farebbe sorgere il Borgo intorno al decimo secolo ad opera dei braccianti del monte, che scesi a valle per ricercare una terra da coltivare più adatta di quella aspra e rocciosa del monte, dovendo risalire ogni sera sull’altura, pensarono bene per evitarsi la fatica del duro tragitto di fermarsi definitivamente nella valle abitandola. Tale opinione, formulata inizialmente da Iannini,(8) a dire il vero, senza il conforto di una concreta documentazione storica, viene accettata anche da altri storici locali come Damiano e Cernicchiaro. Vi è chi, come il Campagna, adduce invece una diversa e più fondata opinione circa la nascita di Maratea Inferiore attribuendola all’arrivo dei monaci orientali, i quali per primi si sarebbero insediati nelle grotte ai piedi del monte, costituendo in tal modo il primo nucleo abitativo del Borgo.
Che la storia di Maratea antica si scopra partendo soprattutto dal sud è dimostrato anche dalla presenza di altri fattori che riguardano questa parte della costiera che fu battuta con sicurezza per diversi secoli dai Greci, ai quali però si sostituirono a partire dal II secolo a.C. i Romani, dopo la crisi politica ed economica delle locali colonie costiere della Magna Grecia. L’importanza di Maratea e della sua costa meridionale anche nell’epoca romana è confermata più che dai ritrovamenti terrestri, dagli interessanti giacimenti marini presenti lungo tutta la costiera sud da Castrocucco al Capo di Santavenere. In queste acque l’archeologia subaquea italiana ha messo a punto, si può dire, i suoi sistemi e le sue tecniche più moderne per portare alla luce numerosi frammenti di anfore (Secca della Giumenta), relitti di antichi naufragi. Più innanzi nel fondale adiacente all’isolotto di Santojanni sono stati ritrovati, assieme ad un relitto di nave, marne e numerosi ceppi d’ancora in pietra o in metallo, la cui presenza non è certamente dovuta al naufragio della flotta di Ottaviano (il fatto è riferito dallo storico romano Velleio Patercolo) che incrociava in quel tratto di mare alla ricerca di Sesto Pompeo, ma essi sono la testimonianza che questa costa era spesso frequentata da navi romane presenti nella zona per commerciare o per rifornirsi di acqua (9). Tutti questi ritrovamenti attestano l’importanza di quello che viene definito “il blocco sud” dell’intero sistema integrato di Maratea e dintorni, che non cessa ancora oggi di stupire gli storici a causa della ricchezza dei giacimenti archeologici.
Inoltre, proprio ai limiti della zona sud si trova un’altra area, compresa fra Fiumicello-Santavenere e il già ricordato Capo La Timpa, che è di grande interesse sia per gli appassionati dell’archeologia classica sia per gli studiosi di archeologia preistorica. Se a Capo La Timpa è attestata una frequentazione che va dall’età del bronzo al periodo imperiale romano, sul lato nord della spiaggia di Fiumicello è possibile andare ancora più indietro fino al Paleolitico. Nelle grotte di Fiumicello, infatti, sono stati rinvenuti molti strumenti litici utilizzati dall’uomo di Neanderthal più di 50.000 anni or sono. Le grotte di Maratea, scavate per lo più nella roccia dall’acqua del mare, sono fenomeni naturali particolarmente attraenti. Molte di esse, come quelle che si susseguono dal Vallone di Mezzanotte a Marina, sono splendide ed accessibili solo dal mare. Tali antri, di straordinario valore paesaggistico, testimoniano anche con segni tangibili la presenza dell’uomo sia nelle età preistoriche che in quelle successive. All’interno di questi primitivi abituri si stanziarono anche, fin dagli albori del cristianesimo, i primi eremiti che scelsero di fermarsi in questi luoghi. Ciò è testimoniato dal nome di alcune grotte (la Grotta del Monaco) e dai ritrovamenti di piccoli arredi religiosi, di graffiti e oggetti dell’arte paleocristiana (Grotta di Zio Bianco). Nell’antico centro storico di Maratea esiste ancora la Grotta dell’Angelo che, come sostiene il Damiano, fu:«il sicuro asilo, forse per molto tempo, per coloro che abbracciarono la fede; fu quella la prima chiesa cristiana dove, ancora coperto dalla patina del tempo, si vede un affresco, uno dei primi affreschi che abbia riprodotto l’arte cristiana, ma ascetica, almeno inizialmente, professata dal monachesimo orientale in grotte» (10).
L’ipotesi basiliana, che si fonda sulla presenza dei monaci greci nella zona, corrisponde ad un altro capitolo della storia di Maratea che gli storici e gli archeologi stanno cercando di scrivere. E’ noto infatti -scrive Cernicchiaro- «che nell’area corrispondente al nord della Calabria e al sud della Basilicata si era stabilita una consistente popolazione di monaci basiliani i quali avevano creato, con la fondazione di una capillare rete di monasteri, cenobi e grangie» (11) una vera e propria “regione religiosa”. Maratea, trovandosi proprio ai limiti di questa ideale “regione” inevitabilmente era non solo coinvolta ma ebbe sicuramente parte attiva nell’importante fenomeno della presenza del monachesimo orientale, che ha certamente lasciato tracce tangibili nella toponomastica (si pensi alla contrada San Basilio situata proprio al centro della valle di Maratea) e duratura memoria di sé nella grande quantità di chiese che, dall’imponente basilica di San Biagio sul monte alle innumerevoli chiese, chiesette e cappelle del paese e della valle, mostrano da lontano i loro campanili e svelano talvolta ai viaggiatori insperati tesori.
NOTE
1) L’archeologia industriale che dimostra particolare attenzione all’operosità dell’uomo (dal latino industria) e agli oggetti della sua cultura materiale, è l’ultimo tra i settori della scienza archeologica.
2) La bibliografia intorno alla localizzazione di Blanda è particolarmente abbondante, sicché è opportuno fare una distinzione fra gli scrittori dell’età antica che hanno riferito sulla città ( Plinio il Vecchio, Pomponio Mela, Strabone e Tito Livio ) i quali senza volerlo hanno fornito lo spunto ai moderni (il cui elenco è lunghissimo) per dare inizio alla cosiddetta “questione blandana” che ha trovato finalmente una soluzione solo ad opera di studiosi contemporanei, fra cui è il caso di citare, A.Maiuri, F. Russo, L.Tancredi, Amedeo e Aleardo Fulco, cui spetta il particolare merito di aver posto fine alla vexata quaestio localizzando la città presso la foce del fiume Noce, in località “Timpone dei Pagliari” nel comune di Tortora (Cs).
3) D.Adamasteanu, Identità e specificità di una regione:la Basilicata, in “ Documentazione Regione”, n.12/87, p. 99 sgg.
4) P.Bottini – A.Frieschi, Il lagonegrese nell’antichità, Tip. Zaccara, Maratea 1968, p. 10.
5) C.Iannini, Di San Biase e di Maratea, Discorso storico, libri II, I.G.E.I., Napoli 1935, p.112.
6) L’anno 1000 è ritenuto dagli storici locali un momento cruciale nella storia di Maratea, in quanto costituirebbe un limite fra due momenti della storia, il primo scarsamente documentato e segnato dal problema di Blanda con la connessa questione delle origini del centro abitato di Maratea, il secondo in cui compaiono i primi certi dati storici, come testimonia la bolla del 1079 dell’Arcivescovo Alfano I di Salerno nella quale è citata per la prima volta Maratea, che prelude alla successiva storia moderna della città.
7) Il Castello ha conosciuto la sua ultima ora nel 1806 per mano dei Francesi di Giuseppe Buonaparte che, dopo aver conquistato la fortezza per punire i marateoti della loro fedeltà al Borboni, completarono l’opera di distruzione del maniero iniziata già dalle loro artiglierie.
8) C.Iannini, cit., pp.111-116.
9) A tal proposito nel Catalogo della mostra Archeologia subaquea di Maratea, a cura di P.Bottini, A.Frieschi, E.DeMagistris, p. 47, si riporta: «Occorre pensare ad un punto di approdo frequentato nel tempo e posto lungo le rotte commerciali dell’antichità, non un porto ma piuttosto un ormeggio in mare aperto ( come indicato dalla profondità dei ritrovamenti), in una zona protetta a sufficienza dal protendersi della costa in corrispondenza di Santojanni, forse vicino ad un punto di rifornimento di acqua dolce».
10) D.Damiano, cit.,p.100.
11) Le grangie, o grancie, erano fattorie monastiche organizzate non solo per pregare, ma anche per lavorare la terra al fina di produrre tutto ciò che potesse servire al mantenimento dei monaci.
marzo 2007
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