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Memorie di un insegnante, ventuno.
Aldo Ettore Quagliozzi
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Ove la brillante prosa di Placido Cerri, tratta dal suo volume “Tribolazioni di un insegnante di Ginnasio”, offre uno spaccato di vita scolastica, colta nella sua più assoluta immobilità, così come l’hanno potuta vivere migliaia e migliaia di insegnanti, alle prese spesso con regole o norme di tradizione orale, alle quali norme o regole hanno di fatto improntato una carriera tutta, disattendendo ben altri più importanti impegni e doveri.
“( … ) Trattenendomi qualche volta coi miei colleghi, avevo notato che un nome ne formava lo spauracchio. Era questo il nome di una persona che tuttora occupa un posto eminente nel governo dell'istruzione pubblica, e fu l'unico ispettore che sia capitato là, dopoché era stato istituito quel Ginnasio. Egli si era dichiarato poco soddisfatto di tutto e di tutti, il che punse al vivo specialmente il Direttore, il quale una volta, parlandomi dell'ispettore, mi diceva:
- Il rimprovero più grave che ci fece è che qui non si lavora, ma io ho trovato il modo di far sì che nessun altro ispettore potrà ripeterci quest'accusa. Spero che Ella farà come gli altri, e mi seconderà. Daremo molti lavori da farsi ai giovani nelle ore di scuola, ed io raccogliendo questi scritti li unirò ad altri molti che tengo in serbo al medesimo fine, che è di farli vedere a qualunque ispettore possa venire, il quale non dirà più che qui non si lavora. Per animare poi i giovani a lavorare di buona voglia, distribuisco attestati d'onore a quelli che hanno fatto meglio. Quando crede lei che potremo incominciare?
- Ma, Dio mio! delle ore di scuola ne ho tanto bisogno per fare esercizj a voce con questi giovani, che sono tanto indietro! Attenda alcune settimane per vedere se mi riesce di avviarli a far qualche cosa di buono.
- Attenderò; ma appena sarà tempo, mi avverta subito.
- Non dubiti. –
Intanto io vedevo che le mie fatiche erano pressoché senza frutto. I miei discepoli per 1e poche cognizioni che possedevano e più per una svogliatezza quasi generale, facevano pochissimo progresso. Il Direttore era impaziente di dare i suoi lavori e tutti i giorni mi domandava se non era ancor tempo. Finalmente un giorno comparve nella scuola in sul cominciare della lezione, e porgendomi un foglio mi disse imperiosamente:
- Dettasse (tale per lui era la forma dell'imperativo) questo lavoro! -
Dettai senza osservazioni, e d'allora in poi mi toccò di dettare molte volte, e lo facevo non più tanto di mala voglia, vedendo che la fatica dell'insegnare era in gran parte sprecata. Il giorno che seguiva quello in cui i giovani avevano fatto qualche componimento, il Direttore ricompariva in iscuola col numero promesso di attestati di onore. Poi mi consegnava i compiti perché li correggessi, e que' due o tre che avevano commesso meno errori (non oso dire che avevano lavorato meglio), ricevevano l'attestato. Questo era stampato, e precisamente quale lo trascrivo:
Pubblica istruzione
Ginnasio di***
ATTESTATO DI ONORE
L'amore della gloria che rende' cara la fatica è la prima nobiltà dell'animo. Esso ha spinto voi, Signor……. a quella solerzia di che ci avete fatto contenti, e distinzione di merito in che siete in vostra classe distinto.
Noi coroniamo di amplissime laudi il vostro nome, facendovi presagio di rinomanza e di utilità per la patria.
Dato, ecc.
E quel pover’ uomo, che forse aveva sudato tanto a comporre questo capolavoro, non era meno infelice nell'interpretare le Circolari ed i Regolamenti scolastici. E ne sia prova il fatto che sto per riferire, e quello che dirò nel capitolo seguente parlando degli esami.
Era il tempo in cui dovevasi tumulare solennemente in Santa Croce di Firenze la salma di Ugo Foscolo. Una Circolare del Ministero invitava tutti gli Istituti d'istruzione a farsi rappresentare in questa solennità, e quindi una copia dell'invito pervenne anche al nostro Direttore. Ora vediamo come l'intese. Mi chiamò mentre facevo scuola. e quando fummo nel cortile mi disse:
- Ho bisogno che mi faccia tre temi su Foscolo.
- E per qual uso?
- Per mandarli al Ministero.
- E che deve farne il Ministero de' suoi temi su Foscolo?
- Non lo dice, ma li domanda. Ecco la lettera.
E me la porse. Dove quella circolare ci invitava ad eleggere una Commissione che ci rappresentasse, egli invece di commissione aveva letto composizione. Gli spiegai la cosa ed egli se ne persuase, specialmente dopoché anche i miei colleghi trovarono giusta la mia interpretazione.
Ma già io gli avevo domandato:
- Perché voleva tre temi? Anche dato il caso, la lettera non ne avrebbe richiesto più d'uno.
- Eh, non ha capito? Era per farci vedere zelanti.
Appressavasi intanto il tempo degli esami. Chiuse le scuole una settimana prima che incominciassero, ci raccoglievamo poi tutti i giorni a proporre e discutere i temi, che dovevano servire per i lavori in iscritto. Durante queste sedute osservai che in latinità il classico prediletto dai miei colleghi era il Perosino.
Avevamo appena compiuta la scelta dei temi, che ricevetti la visita di uno del paese che aveva con me una certa confidenza.
- Sono venuto, -mi diss'egli con franchezza,- a prendere i temi degli esami.
- Per mandato di chi?
- Di… (e pronunziò il nome di uno dei più indocili ed infingardi fra i miei allievi).
- Ma credo che Ella dica per celia.
- No, parlo sul serio. E poi è cosa tanto naturale…
- Allora parlerò sul serio anch'io. Per me non è cosa naturale il tradire i miei doveri. Altrove riterrei la sua domanda come un'offesa gravissima fatta alla mia delicatezza; qui, poiché sono cose naturali, mi limito a pregarla di uscire.. -
Se ne andò sbalordito, ed affermando che non ne capiva nulla. Quando i compiti d'esame furono eseguiti, si trattò di correggerli. Or vedasi quanto illegalmente soleva procedersi in questa correzione. Il Regolamento prescrive che i gradi di merito siano segnati con voti dal dieci all'uno. E quei professori là non votavano che dal dieci al sei. Tutti i lavori che a loro giudizio non potevano raggiungere i sei voti, venivano indistintamente segnati con la parola rimandato, meritassero essi cinque o nessun punto.
Questa illegalità conduceva necessariamente ad un'altra più grave: ad impedire che si applicasse una disposizione dello stesso Regolamento, per cui chi ottiene cinque punti in un lavoro, può avere l'approvazione se raggiunge i nove nell'esame orale sulla stessa materia. Più oltre è prescritto che chi in un lavoro non raggiunge i quattro decimi di merito, non sia più ammesso all'esame orale su quella materia. Il che vuol dire che chi ottiene almeno i quattro decimi in tutti i suoi scritti, ha diritto di essere ammesso all'esame orale.
La parola rimandato scritta a tergo di un lavoro, ne escludeva l'autore da tutti gli esami orali.
Io cercai di far vedere l'ingiustizia di un tal procedere; ma il Direttore non mi lasciò neppur finire e mi rispose che si era sempre fatto e si doveva far così. Il superiore aveva parlato; in tal caso al subordinato non rimaneva altro che obbedire e tacere; il che feci specialmente perché non volevo crearmi impicci, che ritardassero la mia partenza.
Ma è pur da notarsi il modo onde si diedero gli esami orali. La Commissione esaminatrice per la licenza ginnasiale era stata nominata dal Provveditore della provincia, e doveva comporsi di tutti gli insegnanti, meno l'incaricato d'aritmetica. Ed agli esami orali ci trovammo io e lui e nessun altro. Di più, per questi esami è prescritto che ogni candidato sia esaminato per un quarto d'ora sopra ciascuna materia, ed io interrogai per un quarto d'ora sul greco il primo giovane che mi si presentò. Però dopo quattro o cinque minuti d'esame notai che egli mi osservava con una certa aria, che pareva volesse dire che non voleva più rispondere. Io non ne feci caso, lo congedai dopo quindici minuti, credendomi che dovesse essere esaminato da altri sulle restanti materie. Ma tosto mi si appressò il Direttore domandandomi tutti i voti.
- Ma io 1'ho esaminato soltanto sul greco.
- Doveva interrogarlo su tutte le materie.
- Se non 1'ho trattenuto che un quarto d’ora?
- È appunto il tempo che ci voleva. Via, in dieci minuti lo esamini sulle materie che restano. -
E si fece così per lui e per tutti gli altri che vennero dopo. ( … )“
marzo 2005
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