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Grafica e disegno
Storia

<B>Addio a Rosenthal, firmò lo scatto<br>simbolo della II Guerra mondiale</B>


Joe Rosenthal: foto bandiera dell'America



Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola media superiore, Formazione post diploma, Formazione permanente
Tipologia: Materiale di studio

Abstract: Quella foto bandiera dell'America. Spiegò: "Ciò che vedo in quell'immagine
è la forza che ci voleva per salire su quell'altura, il sacrificio di quei ragazzi"

Addio a Rosenthal, firmò lo scatto
simbolo della II Guerra mondiale

L'unica cosa che lo aveva profondamente addolorato fu l'accusa
mai provata, di aver chiesto ai marines di mettersi in posa
dal nostro inviato ALBERTO FLORES D'ARCAIS


<B>Addio a Rosenthal, firmò lo scatto<br>simbolo della II Guerra mondiale</B>
NEW YORK - Era il 23 febbraio del 1945 e da cinque settimane trentamila marines stavano combattendo contro i soldati giapponesi per conquistare Iwo Jima, l'isola del Pacifico roccaforte delle truppe imperiali del Sol Levante. Una battaglia sanguinosa e feroce in cui i soldati a stelle e strisce avevano lasciato sul campo seimilaottocento cadaveri (i giapponesi ventimila) ma che in quella mattina d'inverno stava volgendo alla fine, con i soldati del Mikado ormai allo stremo e i marines pronti all'assalto finale per conquistare il monte Suribachi, la vetta dell'isola.

Joe Rosenthal non era un marine. A 34 anni aveva coronato il suo sogno di ragazzo, scattare fotografie, e nel febbraio del '45 si trovava nel Pacifico inviato dell'Associated Press al seguito delle truppe americane. Quella mattina restò indeciso fino all'ultimo; girava voce che il Suribachi fosse già stato preso, che un manipolo di marines avesse raggiunto la cima del monte piantandovi la bandiera americana, che la battaglia fosse ormai finita. Era vero ma non del tutto e l'istinto da fotoreporter convinse Rosenthal a tentare la pericolosa scalata.

Non se ne sarebbe pentito mai. Vinse il fiatone e la paura e arrivò in vetta nel momento in cui sei marines della "Easy Company" stavano piantando una enorme bandiera a stelle e strisce sulla cima del monte; la seconda, la prima era troppo piccola perché si vedesse da sotto. Rosenthal inquadrò la scena con l'obiettivo della sua pesante Speed Graphic: posizionò la lente tra 8 e 11, velocità un quattrocentesimo di secondo. Poi scattò.

"È stato come fotografare una partita di football, non sai mai cosa resterà impresso nella pellicola", racconterà in seguito. Nel momento in cui scattava non sapeva ancora che quella che aveva impresso sulla pellicola in bianco e nero sarebbe divenuta un'immagine storica, una delle foto più famose al mondo, sicuramente la più celebre dell'epopea americana. Una foto che gli valse in premio Pulitzer del 1945 e la fama eterna tra i grandi fotoreporter di guerra: come Robert Capa per il miliziano spagnolo o Evgenij Chaldej per la bandiera sovietica sul Reichstag.

Quell'immagine divenne il simbolo della potenza e del patriottismo americano, ne vennero stampati (e si continuano a stampare) milioni di poster; nell'immediato dopoguerra (e in qualche caso ancora oggi) non c'era stanza di un ragazzo americano dove non facesse bella mostra, nel corso dei decenni è diventata fonte (diversa) d'ispirazione per altri fotografi, per artisti, per guerrafondai e pacifisti, è servita come modello al memoriale del cimitero nazionale militare di Arlington.

"Ciò che vedo in quella foto è la forza che ci voleva per salire su quelle alture, il tipo di devozione verso il loro paese che quei giovani avevano e i sacrifici che fecero", ha raccontato in una delle tante interviste che diede nei 35 anni successivi quando continuò la sua routine di fotoreporter al San Francisco Chronicle. L'unica cosa che lo addolorò profondamente fu l'accusa, più volte lanciata e mai provata, di avere chiesto ai marines di mettersi in posa.
Joe Rosenthal è morto ieri nella sua San Francisco. Aveva 94 anni.

(22 agosto 2006)

http://www.repubblica.it/2006/08/sezioni/spettacoli_e_cultura/rosenthal/rosenthal/rosenthal.html



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