Appunti sul ritratto, prendendo spunto da un recente saggio del filosofo francese, Jean-Luc Nancy
Se andate agli Uffizi potrete ammirare un autoritratto di Johannes Gumpp (1646), la cui composizione è valsa all'autore una significativa notorietà. In questo dipinto l'ambizione del pittore non è tanto quella di autorappresentarsi, quanto quella di "restituire" il processo stesso della rappresentazione. Questo obiettivo è raggiunto attraverso la calligrafica resa pittorica di una composizione che vede riprodotto lo stesso autore di spalle mentre, osservando l'immagine del suo volto riflessa su uno specchio collocato alla sua sinistra, procede alla realizzazione dell'autoritratto su una tela situata alla sua destra. Il volto dell'autore quindi è riflesso dallo specchio e rappresentato dal quadro, entrambi resi pittoricamente.
Lotto, Matisse, Tiziano e gli altri
E' palese l'intenzione di scegliere la pittura stessa, l'atto del dipingere, come soggetto della sua opera, ma anche quella di affermare implicitamente la superiorità della pittura su ogni altro mezzo di riproduzione della realtà, compreso quello apparentemente fedele dello specchio. L'obiettivo di Gumpp è pienamente raggiunto. Il volto sulla sinistra, infatti, che dallo specchio fissa gli occhi del pittore essendone riosservato, si connota per la precisione e la fredda fedeltà dei tratti e anche per l'idea della tecnica raffinata che lo ha prodotto, ma niente di più. Quello di destra, invece, "vive", e gran parte di questa impressione di vita è dovuta alla percezione di uno sguardo che si rivolge altrove, che si rivolge al mondo.
Quest'opera rifinitissima, ma anche "concettuale ante-litteram", è ampiamente esaminata e analizzata nel breve libro di Jean-Luc Nancy 'Il ritratto e il suo sguardo' (Raffaele Cortina Editore, euro 9.30) e permette al filosofo francese, insieme alla disamina di alcuni altri ritratti di una sua personale galleria di autori eccellenti (Lotto, Matisse, Tiziano ecc.), di sviluppare acute riflessioni su quell'oggetto misterioso che è il ritratto, e dentro di esso sull'oggetto ancora più misterioso dello sguardo.
Il libro è breve ma denso, a volte persino troppo denso. Procede attraverso scatti di luce in una materia affrontata da un'angolazione originale ed erudita.
Sembra che la sola frase di Rembrandt che si conosca sia: «Io faccio ritratti». La parola ritratto nella lingua francese per secoli ha individuato la pittura nel suo complesso. E ancora, era Hegel a protestare energicamente contro la sottovalutazione del genere ritrattistico nel quale, viceversa, egli rintracciava l'essenza stessa della pittura, e addirittura, secondo Nancy: «il compimento medio dell'arte in generale: …il punto di equilibrio tra esteriorità ed interiorità». Affinché questo compimento possa essere realizzato è ovviamente indispensabile la mano di un maestro. Se questa mano c'è, ogni magnificenza è possibile, ogni segreto cede. La pittura allora «mostra alla vita il vivo dello spirito» (Hegel).
E la Gioconda somigliava a Monna Lisa? Nel ritratto il problema della somiglianza è secondario. Nessuno ha potuto mai sapere se Monna Lisa somigliasse realmente alla Gioconda. Eppure probabilmente questo quadro è il più famoso al mondo. La rappresentazione del modello è di importanza accessoria. Il modello non c'è, è andato via, o addirittura è scomparso; si vuole solo ricordarlo. La presenza del suo volto è stata solo uno spunto. Quello che veramente conta è la sua assenza che dà senso al ritratto e alla pittura stessa. L'esatto contrario di un volto riflesso da uno specchio, riflesso che scompare in assenza del volto.
L'idea che ispira la pittura non è diversa da quella della pittura stessa. «L'idea dell'arte - sostiene Nancy - è sempre l'arte stessa, ogni volta differente».
C'è un nesso misterioso tra filosofia e arte, tra filosofia e pittura. Wittgestein sostiene: «Quando vedi l'occhio vedi qualcosa uscirne. Vedi lo sguardo dell'occhio», con ciò sottolineando la sua versione dell'idea dell'occhio come semplice recettore, ancorché sofisticatissimo, di immagini. Lo sguardo procede da un "dentro" a un "fuori". La pittura è in grado di raccoglierlo e di restituire l'enigma del rapporto fra il sé e l'altro da sé, mentre celebra il rito rappresentato dall'illustrazione di se stessa.
Le riflessioni suscitate dalla lettura del libro rinviano a tempi di attualità, soprattutto in ordine all'influenza della tecnologia sulla rappresentazione della realtà, sulla produzione di immagini, e quindi di volti e di sguardi. Allo specchio di Gumpp oggi si sostituisce lo schermo che a velocità sorprendente riproduce immagini digitali in continuo movimento, che riempiono l'occhio e catturano lo sguardo, facendolo rientrare "dentro" l'orbita di un circuito tutto chiuso ed autosufficiente in grado di produrre unicamente solitudine, passività, debolezza e rassegnazione.
Il trionfo della "tecnica come fine" sancisce la deriva del senso. La pittura (il ritratto), l'arte si oppongono a questa deriva, vi resistono. Non sono i soli a resistergli ma neanche i meno importanti. Si tratta di una resistenza non al progresso o alla modernità, è chiaro, ma nei confronti di una modernizzazione che produce mostri (come il sonno della ragione).
La crisi della pittura che ha segnato e segna l'evoluzione dei codici di espressione visiva negli ultimi decenni è un aspetto della più generale crisi del pensiero creativo, la cui intensità sembra essere direttamente proporzionale allo sviluppo pervasivo e apparentemente onnipotente delle pratiche del dominio capitalistico. Il rosario nero delle guerre imperiali, insieme alle controreazioni sanguinose che produce, diffonde in più quell'atmosfera luttuosa, quella minaccia di morte che tendono a reprimere sul nascere ogni tentativo di riscossa.
Nonostante tutto, però, la pittura rinasce come rinasce il ramarro. E la voglia di riscatto pure. Se ne vedono gli effetti nel movimento dei movimenti che coinvolge l'intero pianeta. Nel frattempo il ritratto e il suo sguardo sono ancora coltivati da un numero ridotto di artisti eccellenti che tengono acceso un fuoco destinato a non spegnersi mai, e che forse un giorno diventerà un incendio.
Roberto Gramiccia da liberazione.it |