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Religione
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UN DIO STRANIERO, ZINGARO, NEGRO, DIVERSO - di Vitaliano Della Sala.
Anno B - 22 dicembre 2002 - IV Domenica di Avvento
(2Sam 7,1-5.8-12.14.16; Sal 88; Rm 16,25-27; Lc 1,26-38)


Lingua: Italiana
Destinatari: Formazione permanente
Tipologia: Ipermedia

Abstract:

Fuga in Egitto


Il re Davide, dopo essersi costruito una ricchissima reggia, vuole costruire una casa, una bella casa al Signore. Com'è possibile, infatti, che il Signore stia sotto una povera tenda mentre lui, Davide, abita una dimora di cedro? Nobile proposito, sembrerebbe. E invece non coincide con i desideri e le intenzioni di Dio. In fondo al re interessa servirsi di Dio per giustificare se stesso e le sue scelte, lo vuole complice. I versetti 6 e 7 purtroppo sono stati omessi nella liturgia di questa quarta domenica di avvento, eppure sono straordinariamente illuminanti: "Ma io non ho abitato in una casa - risponde il Signore a Davide per mezzo del profeta Natan - da quando ho fatto uscire gli Israeliti dal-l'Egitto fino a oggi; sono andato vagando sotto una tenda, in un padiglione. Finché ho camminato, ora qua, ora là, in mezzo a tutti gli israeliti, ho forse mai detto ad alcuno dei Giudici, a cui avevo comandato di pascere il mio popolo Israele: Perché non mi edificate una casa di cedro?".

Dio non vuole e non ha mai voluto una casa, non ha mai voluto essere imprigionato in uno spazio determinato e definito, addirittura non ha mai voluto essere rinchiuso in un nome: quello di Dio è misterioso, impronunciabile e quasi sconosciuto all'uomo; ha sempre preferito girare di qua e di là con il suo popolo di nomadi, vagabondare con esso, guidarlo, andargli appresso, stargli dietro, comunque condividerne il cammino. Non ha voluto essere chiuso in un santo recinto, isolato dai suoi, incastrato in un pur sacro perimetro di legname pregiato. Il Signore ha voluto condividere le peregrinazioni degli Israeliti, il loro vissuto. E al re Davide, che vuole "sistemarlo" sia pure tanto decorosamente, Dio risponde e rilancia, stupefacente giocatore d'azzardo: non solo non vuole chiudersi in casa, ma non gli basta neanche continuare a star vicino al suo popolo. Vuole fare molto di più: promette una "casata" a Davide, una discendenza, promette il Messia. E la grande annunciazione, tema del Vangelo di Luca, è proprio questa: Dio ha deciso di mischiarsi al suo popolo, di intrufolarsi nella discendenza di Davide; ha deciso di diventare uno del popolo, uomo pure lui. Quelle noiose e lunghe genealogie con cui si aprono i vangeli di Matteo e di Luca questo vogliono significare, che in mezzo a tanti figli di donna è nato pure Dio. E non è una lezione da poco. Bisogna pensare un momento al giudaismo, alle leggi circa la purità, al contatto come contaminazione: quale cosa impura è mai entrare in un ventre di donna, bagnarsi del sangue del parto!

Bisogna pensare, e non per un momento soltanto, alla voglia attualmente diffusa di non mescolarsi agli altri, bisogna pensare con terrore ai miti risorgenti della razza, al modo in cui trattiamo gli stranieri, gli zingari, i musulmani, i "negri", i diversi: gente sporca da cui stare alla larga, meglio mettere il mare o il filo spinato tra noi e loro. Bisogna pensare agli integralismi raccolti dietro le bandiere o, peggio, dietro i crocifissi assurti a simbolo dell'identità nazionale invece che di Gesù Cristo, il Dio incarnato. Separare, dividere, alzare steccati: noi egoisticamente in paradiso, gli altri inesorabilmente all'inferno. E invece, apriamole bene le nostre orecchie all'annuncio di Dio-paradossale: ha inizio il grande melting pot tra l'uomo e Dio, incomincia il meticciato di Dio. Prepariamoci ad adorarlo, a cadere in ginocchio, sconvolti, davanti al nostro Dio-bastardo.


Omelie fuoritempio
da Adista n°87 del 7 dicembre 2002

http://www.adista.it/omelie/ome87.htm

http://www.adista.it/



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