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Transdisciplinare
Pedagogia
Bullismo ed omosessualità a scuola.

Lingua: Italiana
Destinatari: Insegnanti, Formazione post diploma
Tipologia: Materiale per autoaggiornamento

Abstract: Il mio nome da bulla è Lupo
di Delia Vaccarello

La parola alle vittime. "Io sono una ragazza socievole, eppure tra me e le mie compagne di scuola c’è una barriera, una specie di lastra di vetro sottile e invisibile, ma grande come una montagna". Isabella ha 16 anni, sente di essere lesbica e non è riuscita fino a ieri a vivere un’amicizia serena in classe. Un’amicizia solida come quella che adesso la lega ad Andrea. "A scuola sono andato sempre bene, il migliore della classe. La professoressa faceva vedere i miei compiti agli altri compagni e loro commentavano così: “Ah, è Andrea, quello frocio”. La prof ne ha parlato con mia madre e mia madre ne ha parlato con me. Ma io ho negato perché ancora non ero pronto". Andrea veniva preso in giro nei corridoi e nei bagni. Finchè ha deciso di cambiare istituto e si è iscritto al magistrale, "la scuola delle femmine e delle checche", dice lui. E aggiunge: "Le voci su di me erano infondate, ma in un certo senso erano vere e mi facevano male". Andrea e Isabella da un anno sono diventati amici e si sentono forti. Sono due ragazzi siciliani. Insieme hanno frequentato lo stand arcigay allestito per la prima volta quest’anno all’interno della festa dell’Unità di Siracusa. Hanno preso parte anche all’incontro su "Bullismo e omosessualità a scuola" organizzato anche dal Cods. Erano lì, in mezzo agli altri, partecipavano senza subire dileggi o esclusioni. Dalla discriminazione all’amicizia: con questa brevissima storia introduciamo i lettori di “Liberi tutti” nel laboratorio dell’adolescenza, alziamo il sipario sul palcoscenico dell’agenzia educativa per eccellenza: la scuola. Teatro della formazione, nelle aule e tra i banchi i ragazzi cercano se stessi, si scoprono, si esprimono, si affermano in un gruppo che a differenza della famiglia non fornisce loro immediata accoglienza ( anche se questa, purtroppo, non sempre è la regola), non ha un ruolo pronto per loro. I ragazzi che prendevano in giro Isabella e Andrea o li evitavano erano e sono ragazzi come loro, ma forse questa somiglianza li inquieta. Preferiscono pensare che l’altro sia, non un essere che sente e vive, ma una cosa da calpestare. Con le loro prevaricazioni – questa l’essenza del bullismo - volevano deliberatamente togliere ai “deboli” i diritti fondamentali. Cosa succede in un ragazzo che fa il bullo a scuola? Che mette in atto prevaricazioni, persecuzioni, forme di violenza fisica, ai danni di chi, al pari di Isabella, avverte quasi fisicamente il peso della barriera che la divide dagli altri, o di chi, come Andrea, sente dentro di sé il dolore di non essere ancora abbastanza forte dinanzi al pregiudizio? Perché c’è bisogno di colpire la debolezza che si vede fuori di sé? Interroghiamo l’aggressore. A rispondere è una giovane donna siciliana che vuole farsi chiamare “Lupo”. "Io a scuola non ho subìto grandi discriminazioni per il mio orientamento perché la mia omosessualità non era molto visibile nè io ne parlavo, e perché il bullo lo facevo io (adesso me ne vergogno). Ero sempre arrabbiata, violenta, pronta a fare a botte, a prendermela con i più deboli ottenendo da loro rispetto perché incutevo paura. Sapevo che alle mie spalle si facevano insinuazioni sulla relazione tra me la mia compagna Simona, ma tutto si limitava a dicerie. L'unico episodio spiacevole è stato a causa di una professoressa: non sopportava, la prof, che durante le sue spiegazioni io e Simona ci accarezzassimo. Noi non la prendevamo neanche in considerazione. Così mandò a chiamare mia madre e le disse che sospettava in me una tendenza omosessuale. Le disse che doveva tenermi lontana da Simona". Lupo oggi è una giovane donna che, come tante, crescendo, per proteggere all’esterno l’amore per un’altra donna, si è mascherata a tal punto da avere numerosi e sterili contatti con uomini. Tanti, quanto privi di significato sono stati i suoi gesti esterni. Tanti a segnalare il terrore che qualcuno potesse invadere e ferire a morte la parte più nascosta di sé, quella che custodiva l’amore. Lupo, dunque, ha ridotto il suo corpo a una marionetta, dandogli ordini, come quelli che dava ai suoi compagni finché è rimasta tra i banchi di scuola. Quando si è rafforzata, quando ha accolto lo “scandalo” della sua autenticità, ha accettato la sfida e ha smesso di maltrattare. I ragazzi omosex, dunque, si trovano sia sulla sponda degli offesi che su quella degli aggressori: segno che l’aggressività, subita o agita, resta l’unica relazione possibile quando non ci sono parole per gestire la diversità, quando non c’è una cultura educativa che allena al rapporto con la differenza, a partire da quella che si scorge dentro di sé. Che fare? Dileguare il terrore, rafforzando nei ragazzi il senso dell’autostima, non verso un modo di essere monocolore e automaticamente accettato, ma verso il proprio unico modo di essere. Il compito è del corpo docente intero. E qui viene il bello: "Posso capire il docente che non trova gli strumenti per affrontare il disagio, ma non posso assolutamente accettare chi si associa all’offesa, all’insulto, all’esclusione". A parlare è Vanni Piccolo, preside della scuola media Mazzini di Roma, l’unico dirigente scolastico impegnato politicamente nel movimento gay e relatore nell’incontro di Siracusa. Vanni Piccolo mette il dito nella piaga: il bullismo dei professori. Il bullo ragazzo che sfoga nell’aggressività l’inquietudine avvertita dentro di sé trova, dunque, facili alleati negli adulti. "Spesso il ragazzo che percepisce in sé un orientamento gay e non lo rifiuta si chiude nel silenzio. Ebbene, il professore non sempre si interroga, come se quel silenzio fosse privo di diritti". Il silenzio viene calpestato, non ascoltato, viene ridotta la persona a rango di marionetta da eterodirigere, così come, forse, quel docente, ha consegnato ad altri, quando era adolescente, il compito di gestire la sua unicità. La riprova? L’insegnante che tratta di questi temi può venire considerato dai colleghi non educatore attento, ma prof con tendenze gay. Così, quello di essere omosessuale – lungi dall’essere forma di identificazione al pari di altre - può diventare un insulto rivolto a chi si interroga sul senso dell’identità. Un insulto che rivela il terrore provocato da una semplice domanda sugli altri e su se stessi. Piccolo ci delinea anche l’evoluzione del bullismo. "Nella scuola primaria viene esercitato nei confronti di coloro che non si adeguano a fare da cortigiani al signorotto di turno, e può sfogare anche nell’aggressività fisica. Nella scuola media, il bullo infierisce in modo consapevole contro colui che individua come omosessuale dichiarato. Colpisce in lui la presunta negazione della virilità, l’assenza di desideri da macho, tenta di annientare, scagliandosi contro quel ragazzo, l’immagine inquietante che risveglia dentro di sé. Un’immagine che non capisce e che tende ad annientare. Una relazione, questa, che può portare nei casi estremi a atti sessuali imposti che sanciscano la sottomissione". Ecco, la perversione raggiunge il suo acme. Come spezzarla? "Il bullo che è predatore viene spiazzato quando la preda non si mostra più tale, quando la vittima rinuncia al ruolo. L’omosessuale che si pone come vittima commette il torto più grande ai danni di se stesso.. Noi dobbiamo aiutare questi ragazzi a non essere né vittime né aggressori. La scuola ha il dovere di rafforzare l’intima vocazione di ciascuno". Questa la meta da raggiungere: quanto è lontana. Se in alcune classi del Nord (e ne parleremo il prossimo numero) la discussione sull’omosessualità è sorta spontanea tra gli allievi, al Sud prevalgono, non ovunque, le storie di persecuzione. Eppure a sentir parlare di bullismo, seduti nelle prime file, c’erano Isabella, Andrea e Lupo

http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=LIBE&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=21120



I giudizi degli utenti

anna
quello di delia vaccarello è un articolo importantissimo so che lei indaga molto nella realtà scuola orientamento sessuale bullismo. so che una bellissima campagna per le scuole è stata realizata partendo da un suo libro nel comune di venezia

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