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Emigrazione - Luciano, il minatore calabrese andato a morire in Islanda

Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola media superiore, Formazione post diploma
Tipologia: Documentazione

Abstract: Luciano, il minatore calabrese andato a morire in Islanda
ORSOLA CASAGRANDE
Luciano Cistaro aveva 49 anni. Una moglie e quattro figli, tre maschi ed una femmina. Era nato a Pagliarelle. Duemila abitanti. Provincia di Crotone. Faceva il minatore. Come suo padre e i suoi tre fratelli. Suo padre è morto di silicosi. Suo fratello di infarto. L'altro suo fratello lavorava nei cantieri dell'alta velocità, in Toscana, e quando ha scoperto di essere malato di silicosi è andato in pensione. Luciano aveva deciso di andare a lavorare all'estero. Non una scelta, ma una decisione obbligata. I soldi non bastano mai. L'euro ha di fatto raddoppiato il costo della vita. I figli sono poco più che adolescenti, il più grande ha 22 anni. Hanno tante esigenze. Studiano. Forse studiare li esimerà da quello che da tre generazioni sembra un destino ineluttabile per quella metà dei giovani uomini (l'altra metà è disoccupata) che a Pagliarelle lavora. Forse non faranno i minatori, non rischieranno quotidianamente la vita. Non dovranno vivere in una continua relazione pericolosa con la natura. E non dovranno neppure vivere cercando di soddisfare gli azzardi di padroni spesso senza scrupoli, che per i soldi vendono l'anima al diavolo senza pensarci due volte. Chissà quante volte Luciano, da solo nella sua stanzetta, a fine turno, avrà pensato queste cose. Quattordici mesi fa era partito per l'Islanda. Terra freddissima e lontana per lui che veniva dal sud, che aveva il cuore caldo per definizione. La solitudine per uno abituato al calore della compagnia, della famiglia dev'essere stata insopportabile, specie in quel panorama bianco di neve e dove il termometro segna sempre temperature improbabili. Eppure Luciano era partito.

Quei tremila euro che offriva il padrone per scavare gallerie in quella gelida landa, avrebbero contribuito a superare qualche difficoltà. Tornava a casa, a Pagliarelle, ogni tre mesi. L'ultima volta con il suo amico d'infanzia Pietro Mirabelli, minatore pure lui (ma in Toscana), aveva chiacchierato del più e del meno, delle condizioni di lavoro, di quel dannato lavoro che ti porta nelle viscere della terra. Aveva parlato della politica che ha disertato Pagliarelle, i suoi minatori come sembra aver abbandonato tutto il sud. Poi i due amici avevano fatto un giro per la piazza e ammirato con orgoglio e tristezza quel monumento che finalmente due anni fa sono riusciti ad inaugurare. E' il monumento ai caduti sul lavoro. Tanti a Pagliarelle, dagli anni `60 almeno una quarantina, tutti morti lontano dalla Calabria. Luciano e Pietro si erano chiesti chi sarà il prossimo, come se fosse una domanda normale. Chi sarà il prossimo morto sul lavoro?

E' stato proprio Luciano, morto di infarto, stando al referto dei medici islandesi. Venerdì scorso aveva passato la serata giocando a carte con i colleghi. Quindi si era ritirato nella sua stanza. L'infarto lo ha sorpreso nel sonno. Non un lamento, non un grido. E' morto nella solitudine di quella stanzetta, lontano dai suoi cari. Nessuno se ne è accorto fino alla domenica. Un cugino, anche lui minatore, non vedendolo e non ricevendo risposta al telefono è andato a cercarlo solo per fare la macabra scoperta.

Luciano aveva passato il colloquio e i test alla Impregilo per andare a lavorare in Islanda, quattordici mesi fa. Forte della sua esperienza. «Un altro schiavo», dice l'amico Pietro Mirabelli che è anche presidente dell'associazione minatori. L'associazione ha riempito il paese di manifesti per esprimere cordoglio alla famiglia di Luciano, ma anche per dire basta ai morti sul lavoro. «I minatori si ribellano - dice Mirabelli - il sud si ribella a queste morti. Alla politica chiediamo dov'è? Che intende fare, perché noi siamo stufi di aspettare che capiti il prossimo incidente». I minatori sono «schiavi - dice ancora Mirabelli - perché l'alternativa alla disperazione è accettare di andare a lavorare in condizioni bestiali. Per poi essere sepolti in un cimitero che non è nemmeno degno di questo nome. A Pagliarelle non c'è nemmeno un campo sportivo. Non un giornalaio, non un benzinaio, non un cinema. Le strade sono tutte buche e molte sono sterrate». Queste strade Luciano le percorrerà per l'ultima volta oggi. Molti suoi amici e compagni di lavoro non ci potranno essere (dolore nel dolore) perché sono a lavorare lontano dalla Calabria. Luciano sarà sepolto nel pomeriggio. Nel giorno di Santa Barbara, protettrice dei minatori.

http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/04-Dicembre-2004/art69.html


http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/04-Dicembre-2004/art69.html



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