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Olocausto - Le immense colpe del fascismo - di Michele Sarfatti

Lingua: Italiana
Destinatari: Insegnanti
Tipologia: Materiale per autoaggiornamento

Abstract: Le immense colpe del fascismo
di Michele Sarfatti

In occasione del giorno della memoria ricordiamo prima di tutto le vittime, e poi i giusti. Ma non dimentichiamo che le prime e i secondi furono tali a causa degli ingiusti. Che vi fu chi agì affinché si realizzasse quella loro condizione.
Ebbene, tanto le vittime e i giusti sono facilmente identificabili e memorizzabili, tanto gli ingiusti e le ingiustizie possono sfuggire a una facile identificabilità e quindi alla loro cristallizzazione nella memoria. Nella persecuzione novecentesca degli ebrei molte decisioni, fossero esse apertamente criminali o apparentemente asettiche, furono il risultato di processi complessi, ai quali contribuirono più autorità, più enti, più persone. Parlare degli ingiusti quindi comporta maggiori difficoltà. Appunto per ciò, in questo terzo «giorno della memoria» vale la pena di iniziare ad affrontarne i lati tuttora meno noti e meno memorizzati.
Lo spunto concreto mi è venuto constatando che negli ultimi anni sono stati pubblicati numerosi volumi su Chiesa cattolica e antisemitismo, su Santa Sede e Shoah. Ebbene, come ciascuno può agevolmente verificare negli scaffali della propria biblioteca o della libreria sottocasa, non è possibile paragonare questa realtà quantitativa con il lieve numero dei volumi su fascismo e antisemitismo, su Mussolini e lo sterminio degli ebrei. Eppure, a qualunque opinione si pervenga relativamente a ciò che venne fatto o non fatto oltretevere, una cosa è indubbia: di qua dal Tevere fu fatto di peggio, le responsabilità di parte fascista furono più gravi. Nevvero? E allora perché esse «attirano» meno interesse e meno memoria? Ahi ahi, qui si ritorna sul tema del lavaggio a secco dell'identità nazionale. Beh, vediamo intanto di dare un piccolo contributo alla loro messa a fuoco. Affrontiamo ad esempio il periodo terminale del Regno fascista: l'inverno 1942-1943.
A tale epoca la Germania nazista sta sterminando gli ebrei delle proprie zone, l'Italia fascista no. Tutti i governanti del globo dotati di uno straccio di servizio di informazioni sanno che è in atto qualcosa di tremendo ai danni degli ebrei europei, per responsabilità dei nazisti, coadiuvati e talora preceduti da forze antisemite locali. Lo sa anche Mussolini. Lo sanno anche i capi dell'Alleanza democratica che combatte nazismo e fascismo. Alla fine del 1942 qualcosa si muove nelle sensibilità dei governi di questi paesi e il 17 dicembre Londra, Washington e Mosca rilasciano simultaneamente una dichiarazione che reca la firma anche dei governi liberi di Belgio, Cecoslovacchia, Grecia, Lussemburgo, Olanda, Norvegia, Polonia, Iugoslavia e del Comitato nazionale francese. Il testo recepisce, avvalla e divulga la notizia che «le autorità tedesche … stanno mettendo in atto le ripetute minacce di Hitler di sterminare gli ebrei d'Europa» e che «questa bestiale politica di sterminio eseguita a sangue freddo» ha già portato a morte «molte centinaia di migliaia di innocenti, uomini, donne e bambini». «I responsabili di questi crimini - conclude la dichiarazione - non sfuggiranno alla giusta sanzione». Il significato della dichiarazione è chiaro: il Terzo Reich sta assassinando l'ebraismo europeo, deve smettere, lo puniremo. Possiamo dedurre quindi che con questa dichiarazione la Germania nazista viene messa pubblicamente di fronte alle sue responsabilità? Mi pare di sì. E possiamo dire lo stesso dei suoi alleati, a partire da quello preferito? La domanda esula un po' dai complessi canoni storiografici, ma la risposta è comunque affermativa.
Cosa fa allora l'Italia fascista? Come già detto essa a quell'epoca non ha in atto una politica di sterminio dei «propri» ebrei (ossia di quelli italiani e, conseguentemente, di quelli delle proprie zone di occupazione). Sì, ma cosa fa l'Italia fascista di fronte alla pubblica denuncia dello sterminio effettuata con la dichiarazione del 17 dicembre (e alla pubblica conferma delle notizie già pervenute a Roma)? L'Italia fascista fa qualcosa in favore delle centinaia di migliaia (centinaia di migliaia!) di morituri delle zone tedesche? O, più semplicemente, fa qualcosa per differenziarsi pubblicamente dall'alleato macellatore? Ebbene, questo è uno dei temi non ancora indagati dalla storiografia. Proviamo allora a riportarne alla luce un momento particolare. Dal 24 al 28 febbraio 1943 il ministro degli esteri tedesco Ribbentrop è a Roma, ove incontra Mussolini e gli consegna una lettera di Hitler datata 16. Questa contiene un solo accenno antisemita, relativamente marginale: «la plutocrazia giudaica ammantata da anglosassone …». Nel comunicato stampa congiunto pubblicato il 1°, Mussolini e Ribbentrop riaffermano una «perfetta identità di vedute» e si riferiscono agli ebrei in termini non dissimili da quelli di Hitler: nel nuovo ordine europeo i popoli saranno «liberi da ogni dipendenza plutocratico-giudaica». Bottai al riguardo annota nel proprio diario: «Nel comunicato odierno c'è la formula della “plutocrazia giudaica”, che consacra, credo per la prima volta per quanto riguarda l'Italia ufficiale, il carattere antisemita della lotta. Una formula contro i nemici comuni o contro noi, per impedirci eventuali contatti con loro? È un interrogativo di Federzoni».
Non era esattamente la prima volta; ma qui ora interessa evidenziare il fatto che la frase finale rimanda chiaramente alla svolta impressa dalla dichiarazione alleata del 17 dicembre: lo schierarsi nel conflitto comporta ormai anche lo schierarsi per lo sterminio o per la salvezza degli ebrei sotto Hitler. Beh, Mussolini si schiera; rispondendo personalmente a Hitler l'8 marzo, dopo essersi soffermato su una sua infermità, prosegue: «La cosa, in fondo, non mi preoccupa. L'importante è di combattere e di vincere. Le piccole infermità personali sono episodi insignificanti di fronte alle infermità che le demoplutocrazie e il giudaismo hanno inflitto al genere umano, infermità che il ferro e il fuoco guariranno». È vero, siamo un po' tra la piaggeria e l'ambiguità, tra il dire e non dire; ma siamo di fronte a un appoggio, e non a una condanna, dello sterminio in atto.



http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=DOSSIER&TOPIC_TIPO=E&TOPIC_ID=22785&DOSSIER_ID=53



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