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Globalizzazione ed economia illegale - GLOBALIZZAZIONE È MASCHIO - Lo spazio. il tempo, lavoro informale, denaro informale, regole informali .

Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola media superiore, Formazione post diploma, Formazione permanente
Tipologia: Materiale di studio

Abstract:

Capitalismo mondializzato

GLOBALIZZAZIONE È MASCHIO
Elmar Altvater  

La globalizzazione è il concetto che definisce le trasformazioni economiche, politiche e sociali avvenute in tutto il mondo a partire dall'exploit della deregulation a metà degli anni Settanta, che si sono poi intensificate dopo il collasso del socialismo reale alla fine degli anni Ottanta. Da allora è diventato un grande tema della riflessione sociologica e della polemica politica, e non a torto. Le trasformazioni sociali dell'ultimo quarto del Ventesimo secolo sono effettivamente singolari nella storia dell'umanità: avvengono con un ritmo accelerato come non era mai stato. Gli effetti sociali profondi della globalizzazione sono peculiari anche rispetto alle tendenze di internazionalizzazione dei secoli passati (colonialismo, imperialismo). Tutte le forme di società con le loro istituzioni politiche, economiche, sociali e culturali si aprono di fronte alla forza del mercato mondiale, della cultura mondiale e della politica mondiale e subiscono, se non una rivoluzione, almeno una trasformazione. Sarebbe sorprendente se il rapporto degli uomini verso la natura e i rapporti tra i sessi restassero immutati. Tuttavia anche nel discorso sulla globalizzazione occorre notare il "conceptual silence" (Isabella Bakker): nel dibattito sulla globalizzazione ogni contraddizione - dalla competizione globale alla competitività locale, dalla fine dello Stato-Nazione alla formazione dello Stato "competitivo" (Cerny, Hirsch), dalla perdita di sovranità di fronte alle regole dei processi di mercato alla nascita della disoccupazione strutturale nella società dei servizi e nella società informatica, fino ai rapporti di lavoro precari e ad una "illicit global economy" (Friman-Andreas 1999) - è sottoposta ad analisi che ignorano il rapporto con la natura e la differenza tra uomini e donne.
La prospettiva di genere offre uno sguardo su aspetti della globalizzazione che rimangono nascosti alla visione dominante. Infatti, osservati dal centro del potere politico a Washington, Berlino e Londra, dal ponte di comando di un "capitano di industria", i mercati globali appaiono orientabili e l'influenza della globalizzazione sulla vita delle persone alla fine del Ventesimo secolo, sembra una esagerazione intellettuale.
Si può senza dubbio in prima approssimazione interpretare la globalizzazione come un addensamento (compressione) di tempi e spazi. Le distanze spaziali perdono il loro significato, così come le differenze temporali vengono annullate in un "tempo mondiale". Avvenimenti distanti sul piano del tempo e dello spazio possono essere vissuti contemporaneamente o, al contrario, le distanze spazio-tempo possono essere create artificialmente.

Lo spazio
La riduzione delle distanze spaziali e quindi sociali è ben rappresentata in una storia pubblicata sul New York Times del 15 Febbraio 1999 a firma di Nicholas D. Christoph e Edward Wyatt: "Who Sank, or Swam, in Choppy Currents of a World Cash Oceans", (Chi è affogato, chi è riuscito a nuotare nelle vorticose correnti degli oceani monetari mondiali). Si racconta di Mary Joe Paoni e di suo marito George che hanno versato per anni contributi a un fondo pensionistico. "Io non investirei mai in Asia. Investire in Asia mi spaventa", diceva la moglie. E il marito aggiungeva "Io non rischierò, voglio restare tra amici". Tuttavia, spiega il New York Times, la signora Paoni, che non è mai uscita dagli Stati Uniti, in effetti ha investito in Asia e in molti altri paesi del mondo senza saperne nulla. I Paoni sono infatti diventati finanziatori inconsapevoli di Paesi come la Russia, il Brasile, la Cina, venendo in contatto con le persone più incredibili, spiega ancora il quotidiano americano. Tra le "persone incredibili" con le quali i Paon hanno stabilito un legame c'è Salamet, un conduttore di risciò di una piccola città indonesiana. Salamet è pesantemente colpito dalla crisi finanziaria provocata dall'improvvisa ritirata dei fondi pensione americani dal sud-est asiatico del 1997. Non è più in grado di comprare un antidolorifico per sua madre affetta dal cancro e non può più pagare le rette scolastiche per suo figlio Dwi. A molti dei suoi concittadini avviene lo stesso: la Banca dello Sviluppo Asiatico stima che 6,1 milioni di ragazzi indonesiani abbiano abbandonato la scuola come conseguenza della crisi finanziaria.
Questo esempio si presta a rappresentare almeno tre conseguenze dell'addensamento spaziale dovuto alla globalizzazione. Anzitutto a causa della globalizzazione non esistono più zone rifugio, "paradisi" al riparo da ogni perturbazione. La distinzione kantiana spazio-tempo, che Ernst Cassirer ha così tanto esaltato nei suoi studi, diviene sempre più inconsistente. I luoghi concreti perdono la loro specificità in uno spazio astratto, configurato essenzialmente dalle forze del mercato, per divenire altrettanti punti nel sistema delle coordinate economiche mondiali. I segnali riguardanti i tassi che provengono dai mercati finanziari, i corsi delle piazze valutarie e gli indici dei prezzi delle borse merci pilotano le transazioni da un luogo all'altro, a seconda della loro attrattività, misurata sulla base della rendita per il capitale mobile globale. Diventando tendenzialmente indistinguibili, i luoghi possono essere riorganizzati in modo flessibile. Lo spazio globale si modifica con l'arrivo di una specializzazione flessibile. I tempi del fordismo sono alla fine, si impongono rapporti postfordisti.
In questo ambito, come molte volte è stato sottolineato, ci sono nuove chances per le donne, soprattutto nel campo dei servizi legati alla produzione e in quelli alla persona. Le donne sono le uniche che in qualche modo tengono insieme la struttura spaziale priva di nocciolo e flessibilizzata, tipica della globalizzazione: gli individui "flessibilizzati" (così PROKLA) hanno bisogno, nei punti nodali della rete, nelle "global cities" (vedi Saskia Sassen), di un lubrificante necessario per non surriscaldarsi durante la loro frenetica attività, cosa che farebbe crollare l'intero sistema. Il fatto che la famiglia Paoni del Wisconsin e Salamet dell'Indonesia siano entrati in rapporto, non intenzionalmente, è opera dei new professionals, quasi tutti uomini, impiegati nel settore in forte espansione dei servizi finanziari, e delle "back office people", quasi tutte donne.
Il secondo aspetto riguarda il fatto che con la globalizzazione gli spazi politici e sociali diventano spazi valutari. In un mondo con oltre 180 valute, contano davvero solo le tre-quattro valute forti: il dollaro, l'euro, lo yen e qualche fenomeno come il franco-svizzero. Ne derivano due conseguenze interessanti dal nostro punto di vista. In un mondo strutturato sulla base della moneta e della finanza, la solidarietà viene veicolata sempre di più attraverso il denaro, anziché attraverso prestazioni intra o intergenerazionali. L'esempio Paoni-Salamet lo dimostra: la pensione non viene più finanziata dalla generazione attiva di uno stato territorialmente delimitato - nel nostro caso gli Stati Uniti - ma deriva dalla rendita di fondi pensione che si muovono sul mercato globale come mutual fund o hedge fund per ricavare la massima rendita a breve termine sui mercati emergenti di qualche angolo del globo. Le piazze finanziarie che perdono la loro attrattività, perché le rendite scendono o il rischio sale, vengono evitate. Le conseguenze sono disastrose e ripartite in modo ineguale. Colpiscono i poveri, come Salamet e la sua gente, più di quanto colpiscano i ricchi come i Paoni (ricchi in confronto a Salamet, non in confronto ai veri ricchi americani), e in questo senso sono più colpite le donne degli uomini.
Questa solidarietà mediata dalla finanza, non legata al territorio e asociale, è in secondo luogo una conseguenza della individualizzazione, fenomeno che è gemello a quello della globalizzazione. L'individualizzazione ha effetti sociali distruttivi perché gli individui, quando i rapporti con gli altri sono veicolati attraverso il denaro, non sono in grado di prevederne le ricadute sociali. Il denaro nello spazio globale ha un affascinante effetto contraddittorio. Da un lato è il più potente "leveller" (Marx) della storia recente, perché è indifferente se chi possiede o spende il denaro sia bianco o nero, ricco o povero, uomo o donna: pecunia non olet. Dall'altra il denaro è uno strumento di produzione di ineguaglianze. Studi sulla ineguaglianza distributiva dimostrano quanto sia estrema la contrapposizione tra nord e sud, tra uomini e donne, nelle singole società e nel mondo intero. Ma il denaro è contemporaneamente un agente stimolante altamente efficace, per portare il sistema al massimo dei giri. Chi ha bisogno di soldi, per esempio per finanziare un progetto di investimento, deve pagare un tasso di interesse e quindi deve riuscire a fare in modo che il suo progetto ripaghi il tasso sborsato.
Ma in un mondo finito è escluso che i surplus economici prodotti realmente possano crescere con la stessa dinamica dei tassi. Si viene così a creare una situazione nella quale i surplus (in senso macroeconomico, gli aumenti del prodotto interno lordo) crescono meno dei tassi. Una situazione di questo genere domina ormai in tutto il mondo dall'inizio degli anni Ottanta: i debitori sono dunque costretti a pagare i loro debiti attingendo alla sostanza. Il Fondo monetario internazionale è un mezzo con il quale i debitori sopraffatti dai debiti vengono mantenuti in condizione di pagare, in modo che i patrimoni privati possano continuare a crescere grazie agli interessi garantiti politicamente. Ma con la crescita dei patrimoni crescono anche le pretese sui tassi, cosicché i debitori risultano sempre più schiacciati dal peso del loro debito. Le crisi debitorie hanno richiesto interventi di salvataggio sempre più grotteschi da parte delle istituzioni internazionali.
Poiché qualunque misura per la regolazione delle crisi debitorie richiede ai debitori di accettare un programma di adattamento strutturale, occorre mettere nel conto gli effetti sociali, politici ed ecologici della globalizzazione finanziaria. È noto che l'effetto è differenziato per genere, e sono noti i meccanismi sociali responsabili di ciò (Schulz, Sauer, Bakker, Adelmann). È stato invece meno studiato l'impatto via via diverso che i programmi di adattamento strutturale hanno sulle donne: le donne bianche sono colpite in modo diverso rispetto a quelle nere, le donne dei paesi industriali diversamente da quelle che vivono in Asia o in Africa (Adelmann). La condizione delle donne è determinata non solo dal sesso, ma anche dalla razza e dalla classe sociale, cioè "sovradeterminata" nel senso di Althusser.
Il terzo aspetto della compressione spaziale che accompagna la globalizzazione è il cambiamento del rapporto tra spazio pubblico e spazio privato. La contrapposizione tra pubblico-politico e privato era stata fin dagli inizi uno degli oggetti delle scienze politiche e sociali femministe. Non stupisce perciò che i cambiamenti del rapporto tra sfera pubblica e privata dovuti alla globalizzazione siano stati analizzati con particolare ricchezza di sfumature. Come cambia dunque la sfera privata, che di solito è attribuita alle donne, a causa della radicale trasformazione del rapporto tra stato e mercato in seguito alla deregulation, alla privatizzazione, alla flessibilizzazione e alla globalizzazione? Quali sono le conseguenze per i ménages familiari, quando l'individualizzazione si accompagna come fenomeno gemello alla globalizzazione e le solidarietà di tipo familiare vengono sostituite da rapporti di denaro? Qui si apre un mondo di ambiguità. Con l'erosione della sovranità statale, potrebbero fiorire spazi privati, ma prima che la prima fioritura possa sbocciare, alla pianta viene sottratto l'humus dalle misure di risparmio pubbliche e al suo posto arriva l'argilla espansa del mercato. Il mercato richiede alle donne attenzione verso i prezzi. Mentre le donne nel ménage di tipo fordista potevano essere "signore della casa", anche se in forma molto precaria, ora si trovano inserite in una condizione subalterna al pari degli uomini nella dinamica di distribuzione e accumulazione. Questo tratto in comune tra uomini e donne vale però solo in linea generale. Con un'osservazione più attenta le differenze saltano subito all'occhio. Sul mercato riescono a cavarsela meglio coloro che sgomitano e che non conoscono la parola precauzione. Gli individualismi estremi hanno migliori chances sul mercato. Ciò significa però che le donne sono tagliate fuori, dal momento che anche in tempi postfordisti e neoliberali il lavoro riproduttivo resta essenzialmente un compito femminile.
La caduta degli stati nazionali non avviene sempre pacificamente, come mostrano le guerre nei Balcani, nel Caucaso e in Africa. Ma anche quando non vi è guerra i sistemi sociali garantiti dallo stato sociale vanno in pezzi e devono essere sostituiti dai nuovi sistemi. Non è sempre detto che i nuovi apparati statali ereditino quelli vecchi senza difficoltà. Possono esservi lunghe fasi intermedie nelle quali i sistemi di regolazione sociale funzionano in modo molto insufficiente: la Russia è un esempio di ciò. In questi casi si crea una frattura temporale che si ripercuote naturalmente anche sui ruoli sessuali: gli uomini curano i loro affari e le donne restano a preoccuparsi di sostenere la famiglia. Diventano le portatrici di una precaria economia di sussistenza.
Nelle situazioni di dissolvimento dello stato attraverso un conflitto esistono due possibili attività per gli uomini: partecipare alla guerra, oppure all'economia informale, se non illegale. Entrambe le cose servono a garantire la sopravvivenza attraverso un reddito. Ma per questo è necessario un sostegno alle spalle: la famiglia, tenuta in piedi essenzialmente dalle donne. In queste situazioni estreme di disfacimento dello stato cambiano i rapporti tra i sessi, che contengono elementi premoderni, moderni e persino postmoderni.
Naturalmente la globalizzazione ha anche aspetti positivi, anche se offre meno di quanto sostengono per esempio Alain Minc, che parla di "mondializzazione felice", oppure Oskar Lafontaine e Christa Mueller nel loro libro. La globalizzazione dei diritti umani è qualcosa di più della loro universalizzazione. Globalizzazione significa in questo contesto che i diritti validi a livello universale diventano (o possono diventare) rivendicabili in tutti i luoghi globali. Ciò non vuol dire affatto che siano realizzati, ma che si è creata l'aspettativa concreta di realizzarli. I movimenti per i diritti dell'uomo e dei popoli e i movimenti delle donne fanno proprio questo aspetto della globalizzazione. Le "conferenze mondiali" dal 1992 al 1997 hanno dato un notevole contributo in questo senso. Ma qui deve anche essere sottolineato il pericolo che la retorica dei diritti dell'uomo venga usata in modo distorto per violare questi stessi diritti, come è avvenuto nel caso dell'aggressione Nato contro la Jugoslavia.

Il tempo
La compressione dello spazio non sarebbe possibile senza l'accelerazione del tempo. E per converso l'accelerazione del tempo non sarebbe possibile senza la predisposizione dello spazio alle grandi velocità: le montagne vengono attraversate dalle gallerie, le valli superate dai ponti, le imperfezioni del suolo asfaltate, tutto per accelerare la circolazione. Questo principio non si applica per la prima volta con la globalizzazione, ma attraversa tutta la storia capitalistica.
Ci porterebbe troppo lontano il tentativo di identificare le dinamiche contenute nelle modalità funzionali della società capitalistica che richiedono l'aumento della produttività - cioè l'economia del tempo - agli attori del sistema. Sotto la pressione della concorrenza si tenta di ridurre i costi, cioè di ottenere dalle forze di lavoro più prodotto per unità di tempo. Nella concorrenza globale questa pressione non è diminuita bensì è aumentata, dal momento che i tassi di cambio e le barriere doganali non offrono più nessuna protezione.
I costi di produzione vengono ridotti esternalizzando l'inquinamento ambientale, cioè l'effetto negativo della produzione. Ciò è del tutto usuale, ancora oggi. Chi ricorda le proteste contro una tassa ecologica colpevole di aumentare i costi per i produttori riducendone la competitività? L'esternalizzazione ecologica è dunque una strategia di aumento della competitività del sistema, con contraddizioni nelle quali ora non possiamo addentrarci. Il sistema conosce non soltanto limiti sul territorio e processi di esclusione nella società (tra i quali la disoccupazione), ma anche nel tempo. Ha valore soltanto il presente, e le conseguenze future dell'esternalizzazione di oggi nell'ambiente naturale vengono del tutto trascurate, talvolta in malafede. Ciò è un'espressione di quello che Alexander Kluge ha definito come "signoria del presente sugli altri tempi".
I processi di inclusione ed esclusione sociale che accompagnano l'aumento della competitività del sistema hanno naturalmente un "gender-bias", una inclinazione di genere. Mobilità, flessibilità, qualificazione sono caratteristiche di ogni "individuo flessibile", senza le quali non si può stare dietro ai "ritmi mondiali" (Brigitte Young) di crescita della competitività. Legami sociali e privati - famiglia e amicizia, bambini e confessione religiosa, partner e impegno politico - in questo contesto non sono che altrettanti ostacoli: richiedono tempo, fanno rallentare il processo della produzione, non aiutano la produttività e quindi la competitività.

Lavoro informale, denaro informale, regole informali
L'accelerazione è un processo che richiede premesse sociali, politiche, economiche e culturali. Ha bisogno di energia, di un complesso sistema tecnologico per trasformare energia e materie prime e produrre merci vendibili; ha bisogno di una cultura della prestazione, di una struttura economica della riproduzione e di una struttura per settore che sia capace di incentivare la produttività, ha bisogno di competenza politica sulle regole del processo e perciò della formazione di istituzioni politiche e sociali corrispondenti. Queste condizioni non si verificano su tutto il globo. Ciò è avvenuto al tempo del fordismo non diversamente che con in quello postfordista della produzione flessibile. Anche nel tempo della globalizzazione non tutte le società e le regioni del mondo sono ugualmente integrate nel mercato mondiale e nella società mondiale. Le differenze di sviluppo, che erano già state messe in evidenza da Rosa Luxemburg, sono diventate oggi ancora più grandi, se si osservano il nord, il sud o l'est. Le contrapposizioni si sono così acuite che la globalizzazione viene interpretata da non pochi autori come la formazione di una triade, nella quale i paesi meno sviluppati dell'Africa, dell'America Latina e dell'Asia non compaiono o vengono esclusi in maniera arrogante.
In questo contesto è particolarmente importante studiare quali forme di lavoro, denaro, politica e interazione sociale sviluppano i soggetti esclusi che non riescono a mantenere il ritmo e a prendere in considerazione l'economia del tempo richiesta dalla competitività mondiale. Ma non vi è solo una biforcazione tra coloro che sono dentro e gli altri, quelli che rimangono fuori. Piuttosto si creano molteplici modalità di lavoro, di vita, di partecipazione, che in mancanza di un concetto migliore vengono definite come informali.
Si chiama lavoro informale quello che non corrisponde alle norme sociali consuetudinarie e a quelle determinate politicamente. Il lavoro informale non è dunque tutelato né dal diritto del lavoro, né sotto il profilo sociale, né sotto quello contrattuale, il rapporto di lavoro è precario, il reddito non regolare e non assicurato, e normalmente più basso che nel settore formale. Questo tipo di lavoro è aumentato enormemente nei decenni scorsi in particolare dalla crisi della metà degli anni '70. Nei paesi industriali si calcola che fino al 30 % della popolazione attiva sia impiegato nel settore informale. In Africa i lavoratori informali arrivanofino al 90 %, in America Latina e in Asia a poco meno. Ciò non significa che in questi casi non vi sia un rapporto con il settore formale. Il lavoro precario di donne e bambini nei laboratori tessili e in quelli della lavorazione del pellame, che riforniscono le compagnie multinazionali, potrebbe essere un esempio (Altvater, CCC, Musiolek). Anche Saskia Sassen ha mostrato come appartengano all'infrastruttura sociale dei nodi della rete globale quelle donne immigrate che si occupano dei servizi alle persone, indispensabili per il funzionamento della macchina del sistema finanziario globale. Il loro status e la loro sicurezza sociale sono di solito fortemente precari. Si potrebbe concludere che il settore formale è uno strato poggiato su quello informale, che la carriera delle donne nel settore formale non sarebbe possibile senza la prestazione di servizi alle persone da parte di quello informale (Sassen, Altvater/Mahnkopf). Il lavoro informale può dunque essere interpretato come una forma specifica di strategia di sopravvivenza di fronte alle condizioni insicure del tempo della globalizzazione (Koessler/Hauck, 1999).
L'insicurezza ha diverse cause ed aspetti. Può essere la conseguenza di eventi bellici che provocano la nascita di un'economia di guerra. Ma l'insicurezza può anche essere conseguenza del carattere semilegale o addirittura criminale di una serie di attività informali (traffico di droghe e di armi, prostituzione, riciclaggio di denaro). Ma ancora può essere semplicemente la conseguenza del carattere economico-monetario del settore informale: le cose che vengono prodotte devono essere vendute in cambio di denaro. Attività di arbitraggio, per esempio il piccolo commercio frontaliero, devono produrre degli introiti monetari superiori alle spese. Ma il denaro, soprattutto il denaro forte, è un bene raro e attraverso le attività informali spesso non è facile da ottenere. In alcuni paesi la difficoltà di accesso alla moneta forte si potrebbe definire come un segno dell'appartenenza all'economia informale. Ciò vale per alcuni paesi dell'Africa ma è particolarmente vero anche per la Russia. Addirittura alcune grandi imprese sono costrette a forme di baratto poiché la valuta interna ha perso la funzione di moneta. Non solo il lavoro dunque, ma anche il denaro scivola nell'informale: non è dunque una sorpresa se in queste situazioni estreme anche le forme di regolazione politica non corrispondono più alle norme di regolazione politica ormai divenute internazionali nel tempo della globalizzazione (Gaddy/Ickes, 1998).
Anche nell'accesso alle monete forti si mostrano differenze di genere. L'amministrazione del denaro forte è di regola pertinenza degli uomini; è concentrata nelle città più che nelle campagne. Le donne della campagna sono dunque i soggetti maggiormente esclusi dalla circolazione monetaria che accompagna la globalizzazione, senza però essere meno colpite da questo fenomeno.
Con la globalizzazione finanziaria l'opera dell'accelerazione accelera ancora di più. I day-traders cercano di sfruttare le minime variazioni di prezzi e tassi. Le banche offrono, a coloro che si dedicano alla speculazione ad alta velocità, la possibilità di accedere alle trattative istantanee; le innovazioni finanziarie hanno portato alla formazione di potenti conglomerati di banche che operano a livello internazionale, alla formazione di nuovi strumenti finanziari e all'esplosiva crescita del patrimonio dei fondi che speculano in tutto il mondo per procurare ai loro sottoscrittori, per lo più individui dei paesi industrializzati, la più alta rendita possibile. Globalizzazione e individualizzazione sono due facce della stessa moneta. L'individualizzazione è in realtà una prospettiva realistica soltanto per chi dispone di patrimoni monetari. La partecipazione alle speculazioni finanziarie globali è possibile solo con il denaro, e con il denaro forte. Coloro che non ne dispongono restano fuori da questa dimensione della globalizzazione senza per questo esserne meno colpiti. Ciò è particolarmente evidente nel caso di crisi debitorie o crisi finanziarie. Gli aggregati monetari, dai tassi di interesse ai tassi di cambio fino ai patrimoni monetari e alle obbligazioni sono "portatori di genere, esprimono una inclinazione maschile in termini quantitativi e qualitativi, il denaro non è neutrale rispetto al genere. L'accesso delle donne al denaro è strutturato dalle relazioni tra i sessi" (Elson, 41). Nelle crisi finanziarie del sudest asiatico ciò assume diverse forme. Scrive Diane Elson che "l'interdipendenza tra economia della produzione monetizzata ed economia non monetaria del lavoro riproduttivo è un equilibrio delicato": il lavoro di riproduzione nell'economia non monetaria è colpito direttamente dalla crisi dell'economia monetaria. Se gli uomini perdono il loro reddito o lavoro, le donne dovranno cercare ancora di più di guadagnare qualcosa attraverso attività informali o di risparmiare sulle spese della famiglia. Isabella Bakker sottolinea "la dimensione di genere dei tassi di interesse", cioè l'influenza che le grandezze monetarie hanno sulle condizioni di vita e di riproduzione dei ménages familiari. Inflazione e deflazione, svalutazione della moneta, aumento dei tassi superiori alla crescita economica, tutti gli effetti delle tendenze della globalizzazione vengono dunque mal interpretati se concepiti soltanto come categorie economiche e non come fattori che influenzano i rapporti sociali tra povero e ricco, nord e sud, uomo e natura e tra i due sessi.
Quando si parla di trasformazioni sociali è dunque molto importante comprendere le tendenze della globalizzazione, per esempio capire perché la famiglia Paoni di una piccola città del Middlewest americano e il tassista Salamet di un piccolo paese dell'Indonesia hanno avuto a che fare l'uno con l'altro attraverso la finanza globale. I fautori del libero mercato sono sempre stati convinti che la liberazione delle forze del mercato mondiale avrebbe portato a un aumento del benessere per tutti. Ma noi sappiamo che questo ottimismo liberista resta in piedi solo se considera gli effetti più spaventosi della globalizzazione come positivi. La globalizzazione ama alcuni figli, e precisamente quelli che dispongono di denaro, e divora gli altri, quelli che non ne posseggono. Contro questo fenomeno può aiutare solo fare resistenza. L'inizio è la conoscenza delle dinamiche della globalizzazione, quindi anche la critica di quei tentativi di interpretazione che ritengono di non dover prendere sul serio la globalizzazione stessa.



http://www.larivistadelmanifesto.it/archivio/2/2A20000122.html



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