di FRANCESCO MERZ
Che ci fanno qui? Sembra che i cittadini immigrati siano corpi estranei, portatori unicamente di problemi e di conflitti, più che attori sociali.
Il gruppo “Il Mondo in Trentino”, composto da Lucia Coppola, Mariapia Coppola, Mario Cossali, Carlo Dogheria, Paolo Facchinelli, Fulvio Gardumi, Adel Jabbar e Walter Micheli, ha prodotto un contributo alla riflessione per una politica dell’immigrazione. Dal documento ricaviamo interessanti considerazioni e osservazioni.
Chi sono gli immigrati?
“I cittadini immigrati nella nostra provincia sono ormai una realtà indispensabile alla nostra economia, perché svolgono in alcuni settori produttivi, un ruolo ormai insostituibile e non appetibile per i lavoratori trentini. Sono determinanti per la qualità della vita di alcune fasce della popolazione, in particolare di quella anziana, perché svolgono un'attività di assistenza, nelle famiglie e nei presidi sanitari, che il mercato del lavoro locale non riesce più a garantire. Sono in grado di determinare la continuità di apertura, soprattutto in alcuni paesi delle nostre valli, di classi e plessi scolastici, altrimenti irrimediabilmente destinati ad una malinconica chiusura, con questo contribuendo ad assicurare futuro e vitalità anche ai nostri piccoli mondi locali”.
Le politiche sociali tendono a delegare la gestione dell’immigrazione al cosiddetto terzo settore, soggetto che si è trovato a svolgere un ruolo di ammortizzatore sociale e di contenitore. Cosa si dovrebbe fare?
“È necessario trovare forme di conoscenza e di partecipazione dei nuovi cittadini alla vita dei nostri comuni. Sarà una scelta utile per tutti: per loro per capire il mondo in cui sono arrivati, storie, tradizioni, comuni, paesaggi, leggi e regole di vita. Sarà utile per i nostri piccoli mondi antichi che si troveranno a vivere con persone che conoscendo meglio noi stessi, possono a loro volta essere meglio conosciute, rendendo più facile la vita di una parte di destino comune”.
L’associazionismo di immigrati è debole per varie ragioni, per questo si è profilata una nuova figura di mediatore socioculturale. Di cosa si tratta?.
“La figura di mediatore socioculturale, è un supporto essenziale da inserire all’interno dei vari servizi. Il mediatore socioculturale verrebbe a coadiuvare e integrare la progettazione stessa del servizio socio-assistenziale, sulla base delle nuove istanze poste dagli immigrati. Con ciò si vuole sottolineare la necessità di considerare, per una ridefinizione globale del welfare, anche le trasformazioni dei bisogni che un fenomeno come quello dell’immigrazione implica, e di cogliere questa opportunità per elaborare una nuova idea di cittadinanza fondata sul riconoscimento e sulla partecipazione”.
Parliamo di scuola e quindi di educazione alla cittadinanza interculturale dei giovani.
“Le università e le scuole hanno il compito di aiutare a formare comunità più inclusive, aperte a identità diverse, a differenti livelli di maturazione. Il rimedio è l’educazione, intesa come strategia complessiva di ricostruzione e revisione della storia e delle tradizioni. C’è bisogno di una educazione antirazzista che preveda curricola storici aperti, larghi e che al tempo stesso tengano conto delle specificità, perché nessuna ricchezza del patrimonio culturale locale ed universale vada perduta, consentendo così ai giovani di individuare valori condivisi e somiglianze, rendendoli anzi sensibili a queste somiglianze condivise. E’ necessario insomma “disarmare” la storia, quella particolaristica e chiusa, per evitare che faccia danni. I giovani dovranno recuperare quest’idea di cittadinanza e di democrazia, pensando alla cultura, la propria come quella altrui, come ad un processo di trasformazione continua”.
L’informazione spesso gioca un ruolo cruciale per consolidare uno stereotipo negativo dell'immigrato. Quale contributo potrebbe venire dai media?
“L'informazione potrebbe aiutare i cittadini italiani a fare chiarezza e a spiegare che ci sono immigrati regolarmente inseriti nel lavoro e nella società, altri che sono clandestini (e non sempre per scelta) e altri infine che sono inseriti nei circuiti della malavita organizzata. In Italia gli immigrati regolari sono la stragrande maggioranza, ma si tende spesso a fare di tutta l'erba un fascio e a dare l'idea che l'ordine pubblico sia messo in grave pericolo dall'eccessiva presenza degli immigrati (cosi', generico), criminalizzando tutti allo stesso modo. Poco invece si parla delle esperienze positive e costruttive che hanno per protagonisti la maggior parte degli immigrati onesti. A partire dal positivo contributo dato da loro all'economia italiana e alla società. Gente che lavora, paga le tasse, studia, progetta, consuma... È quindi opportuno che i giornali e le emittenti parlino di più delle esperienze positive di inserimento straniero nel tessuto sociale, valorizzando anche gli aspetti costruttivi della presenza degli immigrati in Italia e favorendo gli scambi reciproci e il confronto”.
Bisognerà avere il coraggio di attuare politiche lungimiranti e coraggiose stimolando la partecipazione di questa significativa componente sociale, evidenziata spesso solo in termini di forza lavoro o di serbatoio per la criminalità, individuando opportunità che consentano una presenza sociale degli immigrati, una partecipazione effettiva, che passi anche attraverso forme di rappresentanza. La miglior politica economica per un paese moderno è l’istruzione. |