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Musica
Educazione linguistica Italiano
NELLA MUSICA UN ABBRACCIO - considerazioni attorno ad un brano di Francesco Guccini - di Andrea D'Anna

Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola media superiore, Formazione permanente
Tipologia: Materiale di studio
Abstract:

NELLA MUSICA UN ABBRACCIO
di Andrea D'Anna

 

Molto tempo fa, in Cina, c'erano due amici, l'uno molto bravo a suonare l'arpa e l'altro
molto bravo ad ascoltare. Quando il primo suonava a proposito (…) di un ruscello, colui
che ascoltava prorompeva: “Odo l'acqua che scorre!” Ma quello che ascoltava si ammalò
e morì. Il primo amico tagliò le corde della sua arpa e non suonò mai più. (Storia zen)


Ogni arte possiede un carattere enigmatico e ambiguo quando incontra i sensi di un fruitore che a suo modo la interpreta, tale operazione condiziona la vita stessa di ogni opera d'arte. Se da un lato è l'artista che dà il La al suo arte-fatto, dall'altro è la sensi bilità di colui che lo ammira che ri-anima il fatto artistico, cosicché ha luogo l'esperienza dell'immaginazione interpretante: gioco dinamico che, nell'illusione dell'arte, permette di allacciare rapporti tra la poetica dell'artista (forme espressive) e la partecipazione emotiva del pubblico (forme di vita).
Se interprete, in primis , è colui che esegue un brano musicale, l'esecuzione di un pezzo non può essere separata dall'artista, inteso come strumento necessario per rendere manifesta e, quindi, fruibile l'impalpabile armonia tradotta in musica.
È, inoltre, interessante considerare come la parola strumento derivi dal verbo latino in-struo che può indicare l'azione di colui che indirizza e forma. In tal senso, perciò, l'interprete-autore, con la sua musica, istruisce l'ascoltatore non nei termini didascalici di un maestro “so-tutto-io”, bensì nei termini colloquiali di chi lascia spazio e tempo all'interpretazione altrui; in sintesi, l'interprete è un mediatore e un testimone.
Nella musica, perciò, l'interpretazione dell'esecutore si traduce nella possibilità di interpretazione dell'ascoltatore; cosicché, i sensi di quest'ultimo interrogano l'opera alla ricerca di un senso, di un perché, di una ragione, di un ricordo. Tutto ciò rappresenta un esercizio dell'immaginario che, contemporaneamente, comprende l'essere coinvolti e l'essere estranei alla realtà di una finzione melodica, la quale, vibrando attraverso l'etere, sfiora le corde dell'animo e quest'ultimo non può far altro che ri-suonare…
Per il fruitore di musica un brano è significativo nel momento in cui possiede delle qualità che veicolano immagini capaci di evocare emozioni. Gioia, tristezza, malinconia, rabbia, ironia, angoscia, esultanza, ecc. sono emergenze della relazione complessa che lega la forma dell'opera (tortuosa, lineare, incerta, cadente, morbida, ascendente, ecc), l'interpretazione dell'artista e l'interprete in ascolto.
Nel caso specifico di quest'ultimo, egli instaura un dialogo contraddistinto da un doppio ascolto: da un lato, tende l'orecchio all'armonia generata dall'interpretazione dell'artista e, dall'altro lato, sente il proprio palpitare interiore che svela un di più di conoscenza. Questo di più emerge dal tentativo di fornire una spiegazione del senso, di darne ragione, di motivarlo per giungere ad una comprensione . Tale termine deve essere letto nella sua accezione originaria di abbraccio che consente di dilatarne il significato al di là dei processi cognitivi e mentali, per includere quelli legati alla soggettività dell'emozione e dei sentimenti.
Interpretare è comprendere ri-formulando, ri-esprimendo o ri-traducendo sotto una nuova forma; non si tratta, dunque, di una traduzione fedele all'originale, ma di un processo che chiama in causa la libertà di esprimere tutta la soggettività racchiusa da un « forse vuol dire…» oppure da un « per me significa…».
In sintesi, quanto qui affermato tenta di esprimere il complesso legame esistente tra l'arte dei suoni e l'arte dell'apparire. Nella musica ciò che appare si esplica in un sembrare , un sembrare che non è puro inganno, ma che affida ad ogni amante della musica il compito di accostarsi al fiume delle note, ri-pescando in esso il senso del proprio pianto o della propria risata.
Tutto ciò, trova riscontro (è una mia personale interpretazione) nelle parole di una canzone che parla di sé, una metacanzone. Il titolo di questa opera non poteva che essere “ Una canzone ”. Il suo autore è Francesco Guccini.
Egli tenta di far abbracciare all'ascoltatore ciò che per lui è il senso di un motivo musicale. Quest'ultimo racchiude in sé il senso di alcune esperienze della vita del cantautore, le quali possono motivare in chi l'ascolta, non solo una riflessione su ciò che una canzone è (ciò sarebbe limitante e sterile), ma anche, e soprattutto, su quel fragile di più emotivo che essa può far germogliare.
Il lettore non potrà percepire, in questa sede, la melodia della canzone, ma potrà ascoltare il ri-chiamo silenzioso delle parole che si inseguono nel testo e, perciò, tentare il gioco dell'immaginazione interpretante una interpretazione…


Una canzone

La canzone è una penna e un foglio
così fragili fra queste dita,
è quel che non è, è l'erba voglio
ma può esser complessa come la vita.
La canzone è una vaga farfalla
che vola via nell'aria leggera,
una macchia azzurra, una rosa gialla,
un respiro di vento la sera,
una lucciola accesa in un prato,
un sospiro fatto di niente
ma qualche volta se ti ha afferrato
ti rimane per sempre in mente
e la scrive gente quasi normale
ma con l'anima come un bambino
che ogni tanto si mette le ali
e con le parole gioca a rimpiattino.
La canzone è una stella filante
che qualche volta diventa cometa
una meteora di fuoco bruciante
però impalpabile come la seta.
La canzone può aprirti il cuore
con la ragione o col sentimento
fatta di pane, vino, sudore
lunga una vita, lunga un momento.
Si può cantare a voce sguaiata
quando si è in branco, per allegria
o la sussurri appena accennata
se ti circonda la malinconia
e ti ricorda quel canto muto
la donna che ha fatto innamorare
le vite che tu non hai vissuto
e quella che tu vuoi dimenticare.
La canzone è una scatola magica
spesso riempita di cose futili
ma se la intessi d'ironia tragica
ti spazza via i ritornelli inutili;
è un manifesto che puoi riempire
con cose e facce da raccontare
esili vite da rivestire
e storie minime da ripagare
fatta con sette note essenziali
e quattro accordi cuciti in croce
sopra chitarre più che normali
ed una voce che non è voce
ma con carambola lessicale
può essere un prisma di rifrazione
cristallo e pietra filosofale
svettante in aria come un falcone.
Perché può nascere da un male oscuro
che è difficile diagnosticare
fra il passato appesa e il futuro,
lì presente e pronta a scappare
e la canzone diventa un sasso
lama, martello, una polveriera
che a volte morde e colpisce basso
e a volte sventola come bandiera.
La urli allora un giorno di rabbia
la getti in faccia a chi non ti piace
un grimaldello che apre ogni gabbia
pronta ad irridere chi canta e tace.
Però alla fine è fatta di fumo
veste la stoffa delle illusioni,
nebbie, ricordi, pena, profumo:
son tutto questo le mie canzoni.


 

Bibliografia minima

Jean-Jacques Nattiez (diretta da), Enciclopedia della musica , Einaudi, Torino 2001
Pierluigi Malavasi, Etica e interpretazione pedagogica , La scuola, Brescia 1995
Antonio Valleriani (a cura di), Il viandante e la sua strada. Uno sguardo ermeneutica all'orizzonte estetico , Andromeda, Teramo 1997
Francesco Guccini, Una canzone , in Ritratti, 2004.




http://www.saveriani.bs.it/cem/Rivista/arretrati/2004_11/musica.htm


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