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IL TUO GIUDIZIO SULLA RISORSA
Transdisciplinare
Pluridisciplinare
PERSONALIZZAZIONE FORMATIVA di Giuliana Petrini - La scuola: un luogo di incontro per la dimensione personale e la dimensione collettiva.
Lingua:
Italiana
Destinatari:
Formazione permanente
Tipologia:
Materiale per autoaggiornamento
Abstract: PERSONALIZZAZIONE FORMATIVA di Giuliana Petrini
La scuola: un luogo di incontro per la dimensione personale e la dimensione collettiva
“Quando un sarto fa un vestito lo adatta alla corporatura del cliente e se questi è grosso e piccolo, non gli fa indossare un abito troppo stretto, col pretesto che ha la larghezza corrispondente , di regola, alla sua altezza. Il calzolaio che fa una scarpa comincia dal tracciare su un foglio di carta il contorno del piede che deve calzarla, e ne segna le particolarità, ossia le deformazioni. Il cappellaio adatta i suoi copricapo ad un tempo alla forma e alle dimensioni dei crani…..
Al contrario l’insegnante veste, calza, incappella tutte le menti alla stesso modo. Egli ha solo roba fatta in serie, e i suoi scaffali non consentono la minima scelta: qualche numero di grandezza, è vero, ma sempre lo stesso modello! Così tra gli alunni delle nostre scuole ne vediamo alcuni che annegano negli anfratti di un programma troppo immenso per le loro deboli aspirazioni e le loro capacità problematiche, ed incespicano ad ogni passo nelle falde sovrabbondanti di quella uniforme che essi non riescono a riempire né fino alla cima né fino al fondo – mentre altri sono soffocati da una disciplina troppo stringata che impedisce lo sviluppo normale della loro personalità intellettuale e morale, tanto che non possono permettersi un movimento senza fare saltare qualche bottone.
Perché non si avrebbero per le menti i riguardi di cui si circondano il corpo, la testa, i piedi”.
Edouard Claparède si poneva un problema quanto mai attuale, come “soddisfare la doppia esigenza di un’educazione integrale: il collettivismo e l’individualismo”.
Realizzare in una ”scuola per tutti”, una “scuola su misura”, adatta alla mentalità dei singoli, rispondente alle diverse forme delle intelligenze, in grado di rendere capace l’individuo del maggior rendimento possibile.
La risposta organizzativa di questo autore è il sistema delle opzioni: un programma minimo che assicuri le conoscenze comuni “una specie di legame spirituale fra gli uomini dello stesso ambiente e della stessa generazione”, affiancato dalla possibilità di scegliere dei percorsi individuali (lezioni, corsi generali, studi speciali, esercitazioni, approfondimenti) adeguati alle attitudini speciali di ciascun allievo.
“Creiamo il più rapidamente possibile questo ambiente favorevole, che permetterà ad ognuno di dare il massimo e di espandere la sua personalità. E non dimentichiamo che lavorando per l’individuo, svolgendo le sue capacità, la sua originalità, mettendo in valore le sue forze e le sue ricchezze, lavoriamo anche, forse soprattutto, per la società”.
Alla scuola e a tutti i suoi operatori il compito di “creare questo ambiente favorevole”.
Un ambiente descrivibile come un luogo di incontro tra gli allievi e il sapere, funzionale allo sviluppo dei singoli soggetti impegnati nel personale processo di apprendimento ed inseriti in un contesto di relazioni significative.
“Operare dal personale al generale culturale” è quanto viene richiesto ai docenti.
Operare e progettare l’azione didattica partendo dalla situazione concreta:
- dalla storia narrativa personale e di gruppo
- dalle realtà familiari e territoriali
- dall’esperienza personale e collettiva
- da problemi ed attività specifici e significativi per ogni alunno
Una progettazione condivisa e partecipata tra docenti, alunni e famiglia per la definizione di compiti di apprendimento accessibili, significativi, percepiti come traguardi importanti.
Un compito educativo delicato scandito, secondo le Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati, in una serie di passaggi che conducono dagli obiettivi specifici di apprendimento agli obiettivi formativi, da questi alla progettazione delle unità di apprendimento.
La riflessione di Edouard Claparède, datata 1920, propone il tema dell’individualizzazione della relazione educativa in una estensione storica che ha visto alternarsi proposte operative di insegnamento individualizzato capaci di sconfessare “le tre finzioni scolastiche che troppo spesso sono state scambiate per realtà e che hanno provocato pratiche negative nell’insegnamento e nell’educazione.
Sono le finzioni dello scolaro medio, pura astrazione, la finzione dello scolaro atto a tutto e la finzione del buon scolaro”, il quale poi sarebbe non già “colui che manifesta un’originalità qualsiasi, ma colui che riesce in tutto, che ottiene delle medie soddisfacenti nei vari rami”.
Ogni allievo, al contrario, al momento del suo ingresso a scuola si presenta con una personalità specifica, con bisogni, cognitivi, metacognitivi, affettivi ed emotivi individuali caratterizzanti il personale percorso di apprendimento.
Un’assunzione di responsabilità nei confronti di tale considerazione presuppone il passaggio da una scuola centrata sull’insegnamento ad una scuola che contempla anche le problematiche relative all’apprendimento, con lo scopo di assicurare ad ogni alunno “un apprendimento, reale, effettivo ed efficace”.
Scopo quanto mai complesso considerando che la diversificazione della relazione educativa nei confronti di soggetti diversi coinvolge sia le condizioni didattiche (tempo, ambiente, qualità dell’istruzione, tecnologie educative, relazioni) che le condizioni del soggetto (attitudini, capacità).
Individualizzare la relazione educativa può significare, certamente, porre le differenze personali come punto di partenza del processo di insegnamento/apprendimento che si caratterizzerà, inevitabilmente, in modo articolato e vario (in quanto rispondente ad interessi, capacità, ritmi, difficoltà, attitudini, inclinazioni, carattere, esperienze diverse). Ciò, però, può non essere sufficiente per la promozione dell’auspicato “apprendimento efficace”.
Al rispetto delle peculiarità personali corrisponde, infatti, la consapevolezza del ruolo dell’alunno come “ agente principale” del proprio processo di apprendimento. Un ruolo che lo conduce, da un lato ad una maggiore consapevolezza e responsabilizzazione, dall’altro ad un attribuzione di valore al contesto di apprendimento - alla situazione scolastica - alla stessa relazione educativa.
In questo senso emerge l’attenzione agli atteggiamenti dell’alunno nei confronti della relazione educativa. Al “saper essere” che accompagna, anzi precede la formazione di competenze (“se manca il bisogno di leggere, non ci si impegna ad imparare a leggere”).
Nell’intenzione ad apprendere va, dunque, ricercata la molla che muove verso un nuovo apprendimento.
E l’intenzione si manifesta nel significato attribuito alla situazione da parte dell’alunno, un significato determinante per la messa in atto delle competenze possedute.
“Esiste in ogni uomo, bambino come adulto, un potere di decidere ciò che nell’infinità del mondo è, a un dato istante, degno di attenzione. E’ questo potere che “inquadra” la situazione, ne determina il limite e le caratteristiche.”
La disponibilità ad apprendere completa così il quadro delle condizioni del soggetto verso cui si rivolge la proposta di un intervento diversificato. Condizioni che si intrecciano ed interagiscono con quelle relative alla situazione scolastica nel suo complesso.
La risposta all’istanza di personalizzazione dell’insegnamento/apprendimento mette in gioco, quindi, tutte le variabili che caratterizzano la relazione educativa: quelle relative all’alunno, al gruppo, al docente, alle condizioni didattiche.
Per questo si può immaginare la scuola come un luogo di incontro/confronto. E il concetto di personalizzazione, centrale nella Riforma della scuola, come un reale “sguardo nuovo nei confronti dell’alunno” se si qualifica con il carattere della relazionalità proprio della persona umana .
Il personale percorso di apprendimento, infatti, si sviluppa in un contesto relazionale significativo, la scuola, un luogo attrezzato per coniugare processi di apprendimento diversi e comuni.
Nella progettazione delle proposte didattiche i docenti sapranno, quindi, incaricarsi:
- di rispondere sia alle esigenze del singolo alunno, sia a quelle del gruppo;
- di integrare un livello di conoscenze personali, definito dal percorso di apprendimento individuale, e un livello di conoscenze di gruppo, definite dal riconoscimento del sapere comune e condiviso, “un pensare insieme”.
La convivenza civile, del resto, presuppone che nella realtà scolastica si costruisca una fusione dei contributi personali con l’attività di gruppo, una cooperazione tra alunni realizzata nella misura in cui riescono a esprimere se stessi anche a vantaggio degli altri.
Un’ottica che mira alla maturazione di comportamenti essenziali per la vita sociale e personale: la capacità di collaborare, l’apertura alle critiche e alle proposte degli altri.
L’esperienza scolastica
Il riconoscimento e il rispetto delle due dimensioni umane fondamentali (la dimensione personale e la dimensione collettiva) si fonda anche sulla consapevolezza che l’esperienza scolastica venga vissuta da ogni alunno in modo globale, in tutte le dimensioni e le occasioni.
Al momento in cui un alunno entra nella scuola, infatti, qualsiasi situazione alla quale viene esposto assume ai suoi occhi un significato, diviene oggetto di rappresentazione personale, punto di riferimento di atteggiamenti, stimolo od ostacolo per il percorso di apprendimento.
Un’esperienza che può essere descritta in chiave sistemico-relazionale, cogliendo il soggetto in apprendimento coinvolto nella relazione:
- con le mete formative
- con lo spazio
- con il tempo
La relazione con le mete formative
La relazione con le mete si realizza, nella legge di Riforma della scuola, in un processo di apprendimento teso allo sviluppo delle capacità personali (potenzialità, propensione dell’essere umano) in competenze (ciò che siamo in grado di fare), attraverso la costruzione di conoscenze (il sapere teorico e pratico) e di abilità (il saper fare). In un’ottica centrata sulle esigenze e potenzialità formative di ogni alunno corresponsabile, assieme alla famiglia e al territorio, nel raggiungimento dei traguardi.
I processi di apprendimento in atto in una situazione scolastica sono comunque sempre descrivibili sia nella dimensione personale sia in quella collettiva. Sono processi, infatti, che si dirigono e svolgono su binari paralleli ed intrecciati; processi che usufruiscono della personalizzazione come della possibilità di arricchire, completare e diversificare percorsi formativi comuni dettati da esigenze e storie personali.
Una scuola impegnata ad assicurare il successo formativo a tutti gli alunni, l’uno diverso dall’altro, si colloca, pertanto, in una situazione di ricerca continua di soluzioni adeguate alle diverse storie personali e del gruppo.
Soluzioni che possono concentrarsi in specifiche strategie organizzative, metodologiche e didattiche, progettate muovendo da alcune considerazioni di fondo che definiscono la relazione tra il soggetto e le mete formative.
LA RELAZIONE TRA SOGGETTI E METE FORMATIVE: CONSIDERAZIONI DI FONDO
Ø Apprendimento significativo
La personale conoscenza del mondo si costruisce attraverso la connessione, in modo non arbitrario e soggettivo, delle nuove informazioni a concetti e proposizioni già esistenti, rappresentate dal personale bagaglio conoscitivo. Il processo di conoscenze e di esperienze che struttura gli eventi di apprendimento in una catena di sequenze di senso, acquista, infatti, significato, se in grado di incorporare le nuove informazioni nella personale struttura cognitiva, se realizza, cioè, una relazione nella rete di elementi che costituiscono la mente del soggetto.
Sia il docente che l’allievo sono coinvolti in questo processo “costruttivo, strategico, ordinativo e interattivo” di acquisizione della conoscenza e sapere che cosa si produce nella mente allorché si apprende fornisce ad entrambi indicazioni interessanti nel rapporto di insegnamento/apprendimento personalizzato.
E se, da un lato, l’apprendimento è il risultato di un’attività personale e responsabilità che l’individuo deve assumersi (dimensione personale), dall’altro è anche la possibilità di attribuire significati alla realtà, significati confrontabili e condivisibili con gli altri (dimensione collettiva).
Ø Riflessione e consapevolezza
La personalizzazione dell’apprendimento presuppone una gestione attiva e partecipe del soggetto.
Essere consapevoli e riflettere su ciò che si deve fare, su quello che si fa e su quello che si è fatto significa impegnare l’alunno nell’individuazione chiara e precisa del punto di partenza e del possibile arrivo (la distanza tra soggetto e oggetto della conoscenza), nella gestione delle varie tappe e variabili del percorso, nella valutazione in itinere e finale. E’ un livello di conoscenza metacognitivo di cui non può non avvalersi un apprendimento personalizzato, ma è anche la pratica di una valutazione autentica rivolta ai processi e ai percorsi di crescita degli alunni. |
LA RELAZIONE TRA SOGGETTI E METE FORMATIVE: CONSIDERAZIONI DI FONDO
Ø Soggetto e oggetto di conoscenza: esperienza personale e sapere generalizzato.
La costruzione della conoscenza personale si concretizza in un passaggio graduale e significativo dai diversi saperi individuali e del gruppo, legati a contesti esperenziali, ad un sapere più generalizzato e specifico, organizzato in teorie, concetti, contenuti disciplinari.
La personalizzazione, in questo senso, è un processo da ricondurre verso chi apprende, ma anche verso ciò che va insegnato ed appreso. L’azione dell’insegnare è, quindi, bilaterale e vede il docente impegnato verso l’alunno e verso l’oggetto culturale, i saperi scolastici, per predisporli in modo da essere appresi (rappresentati in forme adeguate nelle situazioni di apprendimento).
Il rapporto di insegnamento/apprendimento, del resto, può dirsi significativo per la persona, nel momento in cui realizza le condizioni al verificarsi di situazioni che spontaneamente generino problemi atti a provocare indagine riflessiva. Un’indagine che valorizza la combinazione soggetto – oggetto come “un’azione scambievole di energie”.
“L’esperienza come tentativo – sostiene J.Dewey - implica un cambiamento, ma il cambiamento non è che una transizione senza significato a meno che non sia coscientemente connesso con l’ondata di ritorno delle conseguenze che ne defluiscono. Quando proseguiamo l’attività nel senso di sottoporci alle conseguenze di essa, quando il mutamento determinato dall’azione si riflette in un mutamento apportato in noi, non si può più parlare di puro flusso, poiché esso si carica di significato e noi impariamo qualcosa”. Non è attraverso l’esperienza in sé che si apprende, ma attraverso la riflessione sull’azione, la presa di coscienza dell’ “azione scambievole di energie”.
Ø La proposta didattica
Le ricerche degli ultimi anni sullo sviluppo e il funzionamento del cervello hanno raggiunto delle conclusioni importanti per la comprensione dei processi di apprendimento. “L’attribuzione all’esperienza – afferma S. Tagliagambe – della possibilità di modificare e modulare in maniera fine il sistema nervoso che sta maturando porta infatti a concludere che non possano esistere due cervelli totalmente identici” e ciò porta ad “escludere l’efficacia di procedure e metodi standardizzati, che non tengano nella debita considerazione le specificità e le differenze degli apparati percettivi e cognitivi dei singoli individui e le differenze che ne scaturiscono in termini di modalità e tempi di apprendimento”.
Emerge, pertanto, la necessità di differenziare, diversificare gli stimoli e le condizioni per apprendere.
Il rispetto e la considerazione dei diversi modi di apprendere degli alunni (stili cognitivi) orientano, quindi, l’azione didattica verso l’attivazione di un insegnamento/apprendimento che utilizzi una molteplicità di linguaggi (verbale, scritto, corporeo, informatico..) e diversi mediatori didattici.
L’uso di materiali e sussidi classici, quali il libro di testo, integrato da sussidi didattici specifici per le varie discipline, materiali di sviluppo, schedari software didattici, videocassette ecc.
Al modo di apprendere simbolico ricostruttivo si affianca, con pari dignità, quello percettivo motorio basato sul principio che la conoscenza si costruisce attraverso l’esperienza e l’attività sperimentale.
Ø I diversi ruoli del docente
“Il docente non è più un applicatore di “programmi”, ma un vero ‘magister di apprendimenti integrati’. Condizione essenziale affinché il suo magistero possa risultare efficace è che egli sappia vivere e far vivere il curricolo come struttura narrativa e relazionale agli occhi e alla mente del suo allievo; e questo può ottenere solo in virtù di una continua triangolazione tra contenuti, metodi e apprendimenti a cui sottopone i processi cognitivi e metacognitivi degli allievi nel corso della loro esperienza scolastica”.
Il docente si caratterizza, in definitiva, sempre più come un educatore capace di svolgere ruoli diversi funzionali a specifiche situazioni di apprendimento: frontale (nel momento della proposta al gruppo), di affiancamento (nel momento del lavoro personale e a coppie), di coordinamento (nel momento della ricerca, di attività diverse e contemporanee, di attività in piccoli gruppi), di osservazione, di incoraggiamento, di valutatore.
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Il “cuore” del processo educativo - il compito delle istituzioni scolastiche e dei docenti – risiede nella progettazione volta a garantire la trasformazione delle capacità di ciascuno in reali e documentate competenze (Indicazioni Nazionali per i “Piani Studio Personalizzati” nella scuola primaria).
D’altra parte, la relazione tra il soggetto in apprendimento e le mete formative si connota, non solo prestando attenzione ai meccanismi di costruzione o di esercizio di una competenza (la parte terminale del processo), bensì, considerando, anche, gli atti intenzionali. Atti che, a monte, interpretano una situazione come luogo di elaborazione o di utilizzo di una competenza.
Non si tratta, infatti, sostiene Bernard Rey, di un problema di competenze, ma di intenzione.
“Non basta che un soggetto possieda la competenza cognitiva adeguata ad un problema, affinché la usi per risolverlo. E’ necessario ancora che egli lo voglia o, piuttosto, che la sua comprensione della situazione, il significato che gli dà, l’intenzione che egli ha in relazione ad essa, gliela faccia percepire come un oggetto possibile per l’applicazione di questa competenza”
Da questo punto di vista centrare l’attenzione sull’allievo significa preoccuparsi della sua attività, della sua intenzione ad utilizzare una competenza in relazione ad una situazione in quanto valutata come interessante, dotata di senso. Si tratta, ancora una volta, di prendere in considerazione, oltre al sapere e al saper fare, anche il saper essere, gli atteggiamenti.
Atteggiamenti praticabili in una situazione di apprendimento significativa.
La relazione con lo spazio
I Piano di studio Personalizzati, secondo le Indicazioni Nazionali, si articolano in Unità di Apprendimento individuali e di gruppo (di classe, di livello, di compito, di elezione). Nei documenti precedenti, in particolare nelle Raccomandazioni, si indicano, per la crescita e la valorizzazione della persona, soluzioni organizzative di progettazione delle UA, anche in relazione all’ambiente scolastico.
Il sistema dei laboratori prevede, infatti, che le attività per gruppi vengano orientate all’attivazione di situazioni di apprendimento in grado di coniugare conoscenze e abilità su compiti significativi in una dimensione operativa e applicativa che favorisca l’acquisizione di una logica operativa semplice. Ma le attività laboratoriali sono previste anche per il gruppo classe, quindi, anche nell’aula: il luogo di riferimento collettivo.
Al di là dei richiami, più o meno espliciti, l’aula, i laboratori, tutti gli ambienti scolastici, sono luoghi nei quali si intrecciano la dimensione personale e quella collettiva; luoghi da costruire come “ambienti facilitanti” per la promozione di processi di apprendimento diversi e comuni.
In questo senso una scienza come l’ergonomia (lo studio dei rapporti intercorrenti tra l’uomo e l’ambiente durante un’attività lavorativa) confrontata con le problematiche dell’apprendimento, ha fornito contributi per la scuola, tanto da poter parlare di “ergonomia didattica”.
“Ogni elemento presente nell’azione formativa non deve essere sottovalutato: anche l’ambiente fisico ha un’influenza predominante e non deve essere considerato un semplice “contenitore” o uno sfondo sul quale il formatore agisce, ma uno strumento da utilizzare per facilitare gli obiettivi formativi, la crescita professionale e psicologica”
L’aula secondo l’immagine tradizionale è un luogo che contiene approcci rigidi e rigorosi all’istruzione con gerarchie ruoli definiti, incompatibile con le esigenze mentali e comportamentali di alunni e docenti. Un tipo di scuola centrata sull’insegnante e sulla lezione frontale, infatti, necessita di un ambiente definito e stabile, favorevole alla disciplina formale, il “modello standard di spazio: ambiente costituito dall’uso prevalente di aule con banchi e cattedra”. Al contrario, un’educazione che punta a promuovere la partecipazione attiva dell’alunno ponendolo al centro del proprio processo formativo, dovrà costruire soluzioni organizzative flessibili. Spazi, quindi, bene organizzati, funzionali alle esigenze degli alunni e adeguati ai vari bisogni formativi.
A questo proposito appare interessante l’interpretazione della psicologia ambientale in merito alla relazione tra il territorio - un luogo geografico fisso - e lo spazio personale - legato alla persona; una relazione chiarita dal concetto di territorialità. “Nella definizione di territorialità entrano sia i legami affettivi e gli scopi cognitivi dell’individuo, sia i suoi comportamenti per cercare di dominare una parte di territorio. Una funzione importante della territorialità è quella di permettere la privacy, cioè una specie di spazio personale oggettivo, in cui l’individuo si può ritirare, da solo o con un ristretto gruppo di persone, essenzialmente per mantenere un accettabile grado di benessere psicologico ed evitare i conflitti”. La progettazione di spazi personali e spazi per il gruppo può facilitare il rispetto per la dimensione personale e collettiva.
L’aula può, quindi, essere ripensata e riorganizzata secondo le diverse funzioni per la realizzazione di progetti comuni (spazi collettivi) e per l’articolazione dei vari percorsi personali, a coppie e in piccoli gruppi.
Un ambiente in questo modo pensato si pone come una struttura di sfondo per la definizione della relazione tra i soggetti e le mete, una base per la progettazione delle attività didattiche diversificata e personalizzata. <P class=Testopredefinito style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt; TEXT-INDENT: 14.2pt; tab-stops: 36.0pt 72.0pt 108
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