Maroni è razzista?
Giuseppe Aragno - 20-02-2009
Non sono armate le ronde di Maroni. Si portano dietro parole pesanti come pietre, ma non sono armate. Disarmato, disarmante, o forse capace davvero di armare la mano, è del resto anche l'onorevole carroccista Bricolo, cravatta e fazzoletto rigorosamente verdi come la bile, quando s'infiamma per stupri rumeni - quelli del maschio italico non sembrano riguardarlo - e, per difendere le "nostre donne," se la prende con le immigrate: noi gli stranieri non li vogliamo, via di qui. E non fa differenze: donne, vecchi e bambini.
Non sono armate le ronde di Maroni. Sono formate da carabinieri in congedo, da paracadutisti della Folgore in disarmo e da guardie civili nate da una paura incivile, suscitata ad arte per alzare steccati, censire, schedare e concentrare. Non sono armate, ma si portano dietro rigurgiti di medioevo e sono figlie di parole usate come strumento per armare le mani.
Non sono armate le ronde di Maroni, ma ci sono mille modi per creare rapporti di subordinazione sociale e numerose vie per "strutturare" in maniera razzista l'ordine "costituito". Non sono armate, ma costringono la scuola a scegliere tra civiltà e barbarie e non ci sono dubbi: tra Bricolo e Levi, tra Cota e Verri, tra Bossi e Marcuse, la stragrande maggioranza degli insegnanti sceglierà la tolleranza e la disubbidienza. E spiegherà agli studenti chi è che ci governa.
Maroni non lo sa, ma Mussolini, che di violenza e razzismo fu maestro, ne era convinto: "Gli uomini sono fatti così, è più facile indurli a odiare che ad amare". E forse non aveva torto. Noi, però, vecchi sessantottini fastidiosi,come ci vuole l'avvocato Gelmini, conosciamo la storia. Noi siamo tolleranti e non manchiamo perciò di ascoltare le ragioni degli altri. Dopo aver ascoltato Cota, Bricolo e Maroni, non saremo però così ingenui da dimenticare che chi ottiene ciò che non gli spetta è un furfante e un ladro. E lo insegneremo, perché Salvemini ha ragione: "La nostra civiltà andrà in rovina se la scuola verrà meno al compito d'insegnare alle future generazioni che ci sono delle cose che non si fanno".
Don Milani ce l'ha insegnato: "le leggi degli uomini sono da osservare quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole)". Importa poco se Maroni sia razzista. Le sue ronde sono solo il sopruso del forte e tanto basta. Noi ci batteremo perché siano cancellate.

Tags: ronde, Maroni, stranieri, don Milani, giustizia, scuola, xenofobia, razzismo, sessantotto


interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Gemma Gentile    - 22-02-2009
E' vero non sono armate le ronde di Maroni, ma gli squadristi dei gruppi neofascisti e i tanti figli di gente "perbene" che abbiamo visto in questi anni in azione contro i rom, gli immigrati, i giovani di sinistra non hanno forse ucciso, ferito e massacrato? Da ora, grazie a Maroni e a chi ha votato in Parlamento o non ha fatto una degna opposizione, le ronde sono legali. Il "neo-regime" ha provveduto a munirsi di un corpo volontario come Mussolini fece quando istituì la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Anche allora si trattava di "sicurezza". Per ora le ronde non sono armate legalmente, ma solo un bambino può rassicurarsi.
Questo "governo-regime" sta distruggendo lo stato sociale, stravolgendo la magistratura e lo stato di diritto. Passo dopo passo, siamo a prima di Montesquieu che ora appare un rivoluzionario con la sua idea di Stato garantito dalla separazione dei poteri. Ha ragione Geppino: con la distruzione della scuola entreremmo nella barbarie. Non lo possiamo permettere ed abbiamo il diritto di rifiutare le leggi ingiuste.

 da Repubblica    - 22-02-2009
Giustizia: il Vaticano; così il futuro del Paese sarà l’apartheid

di Orazio La Rocca



Monsignor Marchetto, responsabile della Santa sede per i migranti: attenti a non criminalizzarli. Don Vinicio Albanesi, capo delle comunità di accoglienza: stranieri sempre più discriminati.

"Così si va verso l’apartheid". "È l’abdicazione dello Stato di diritto e si criminalizza l’immigrazione". È senza appello la bocciatura del Vaticano e dei rappresentanti delle comunità di accoglienza sul decreto sicurezza. In particolare, alla Chiesa preoccupano i due capisaldi del decreto, le ronde antistupro e il prolungamento dei tempi di permanenza degli irregolari nei centri di identificazione (Cie). Analoghe critiche nei giorni scorsi erano state fatte da ambienti cattolici anche per il disegno di legge che obbliga i medici a denunziare i malati clandestini ora al vaglio del Parlamento. Critiche completamente ignorate dal premier Berlusconi alla ricorrenza dei Patti Lateranensi del 18 febbraio, quando aveva assicurato che "tra governo e Vaticano c’è piena identità di vedute".

Ieri la doccia fredda. Varare le ronde "rappresenta una abdicazione dello Stato di diritto e non è una strada da percorrere perché la tutela della sicurezza spetta sempre alle autorità", lamenta il vescovo Agostino Marchetto, segretario del pontificio consiglio dei Migranti. Per il monsignore, c’è il fondato pericolo che il decreto possa "alimentare un clima di criminalizzazione dei migranti", causando una incontrollabile caccia al clandestino e un clima di intolleranza verso gli stranieri. Per cui il decreto "certamente non trova il consenso della Chiesa". Analoghe riserve anche per il prolungamento della permanenza nei Cie e per l’obbligo dei medici a denunziare i clandestini. "Se gli irregolari si fanno prendere dalla paura - ragiona il vescovo - perderanno la fiducia e, non conoscendo i propri diritti, potrebbero preferire non curarsi, o favorire la creazione di strutture illegali. Criminalizzare le migrazioni irregolari significa non riconoscere il diritto ad emigrare, un diritto - conclude Marchetto - tutelato dalla dichiarazione sui diritti umani e difeso dalla Chiesa".

"Purtroppo con decreti simili stiamo scivolando verso l’apartheid", denunzia don Vinicio Albanesi, presidente del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza (Cnca). "Siamo solo capaci a mostrare i muscoli e ad affrontare il fenomeno migratorio in termini razziali, senza però - accusa ancora Albanesi - disdegnare di sfruttare clandestini e badanti in quei lavori che gli italiani non vogliono fare più, come l’edilizia e l’agricoltura e l’assistenza agli anziani". Anche per il Servizio dei Gesuiti per i rifugiati, "nel paese c’è un clima di intolleranza e xenofobia" provocato anche dalle "dichiarazioni ad effetto di alcuni politici".

21 febbraio 2009