Scintilla - 10-04-2006
Sono tornata a casa da Bologna e mi sono imbattuta
nell'edizione online di scintilla.
Mentre leggevo mi è sembrato di tornare indietro nel tempo, ho ripensato all'altroieri e invece ho scoperto
che in mezzo sono trascorsi quasi tre anni.
Ho ripreso in mano il pensiero delle superiori, del periodo passato all'Arnaldo e mi sono resa conto che non sono ancora per nulla "pacificata" al riguardo, che fremo tutte le volte che leggo di un'Iskra e delle ingiustizie cui viene sottoposta.
Per questo ho deciso di mandarti la "mia scintilla" per rendere un po' giustizia a quella che sono stata fino a poco fa e perchè in un angolo della mia testa rimane un'immagine: tu stai lì nel cortile della scuola e abbiamo sempre diciassette anni. I cinque anni passati all'Arnaldo sono stati i più tormentati della mia breve esistenza. Io ci sono arrivata dalle medie che ero la tipica ragazzina assennata e grande lettrice che andava bene a scuola perchè l'attenzione e un po' di impegno bastavano. Improvvisamente al ginnasio tutto questo non era sufficiente: l'idea dello studio veniva ad associarsi indissolubilmente con quella di sofferenza. Mi chiedevano di impegnarmi a fondo perchè ci stavamo confrontando con la cultura e la cultura esige sforzo e sudore. L'ho fatto. Con buoni risultati ed enorme fatica: ricordo i pomeriggi sui libri e le mattine successive i compiti in classe alla prima ora, le corse per arrivare a scuola perchè certamente le insegnanti non potevano aspettare chi veniva dal paese col treno costantemente in ritardo. Ma tutto sommato non andava male, avevo trovato dei tempi miei, le professoresse erano dotate di una certa umanità, talvolta in classe c'erano momenti di discussione. Il passaggio al liceo, il terzo anno, è stato traumatico: dopo due anni di classico ti sei abituata a studiare tanto. Non ti sei abituata però ad avere di fronte per ore un'insegnante per la quale non esisti se non nella misura in cui riesci a ripetere esattamente le parole che lei ha usato a lezione.
nell'edizione online di scintilla.
Mentre leggevo mi è sembrato di tornare indietro nel tempo, ho ripensato all'altroieri e invece ho scoperto
che in mezzo sono trascorsi quasi tre anni.
Ho ripreso in mano il pensiero delle superiori, del periodo passato all'Arnaldo e mi sono resa conto che non sono ancora per nulla "pacificata" al riguardo, che fremo tutte le volte che leggo di un'Iskra e delle ingiustizie cui viene sottoposta.
Per questo ho deciso di mandarti la "mia scintilla" per rendere un po' giustizia a quella che sono stata fino a poco fa e perchè in un angolo della mia testa rimane un'immagine: tu stai lì nel cortile della scuola e abbiamo sempre diciassette anni. I cinque anni passati all'Arnaldo sono stati i più tormentati della mia breve esistenza. Io ci sono arrivata dalle medie che ero la tipica ragazzina assennata e grande lettrice che andava bene a scuola perchè l'attenzione e un po' di impegno bastavano. Improvvisamente al ginnasio tutto questo non era sufficiente: l'idea dello studio veniva ad associarsi indissolubilmente con quella di sofferenza. Mi chiedevano di impegnarmi a fondo perchè ci stavamo confrontando con la cultura e la cultura esige sforzo e sudore. L'ho fatto. Con buoni risultati ed enorme fatica: ricordo i pomeriggi sui libri e le mattine successive i compiti in classe alla prima ora, le corse per arrivare a scuola perchè certamente le insegnanti non potevano aspettare chi veniva dal paese col treno costantemente in ritardo. Ma tutto sommato non andava male, avevo trovato dei tempi miei, le professoresse erano dotate di una certa umanità, talvolta in classe c'erano momenti di discussione. Il passaggio al liceo, il terzo anno, è stato traumatico: dopo due anni di classico ti sei abituata a studiare tanto. Non ti sei abituata però ad avere di fronte per ore un'insegnante per la quale non esisti se non nella misura in cui riesci a ripetere esattamente le parole che lei ha usato a lezione.